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Vinnie Moore - Time Odyssey
( 5161 letture )
UNA BREVE INTRODUZIONE
E’ il 1988 quando Vinnie Moore pubblica Time Odyssey; all’epoca il fenomeno del neoclassicismo, in ambito shred, non soffriva ancora delle conseguenze dell’abuso discografico a cui invece abbiamo assistito negli ultimi anni: c’era molto da costruire ed essere notati per un approccio musicale che non era ancora conosciuto ai più era difficile, soprattutto nei rapporti con le etichette discografiche che, ovviamente, devono pensare a vendere dischi e non solo alle buone intenzioni dei musicisti. Nel 1988 Vinnie Moore conferma dunque la sua appartenenza al genere; a seguito di Mind’s Eye viene sperimentato un lieve cambio stilistico: le distorsioni si fanno meno invasive, i fraseggi virtuosi lasciano maggior spazio alla melodia e la chitarra mostra ciò che veramente può far distinguere il chitarrista dagli altri nomi noti del genere, ossia il tocco personale e la qualità degli arrangiamenti.

SOMMARIA ANALISI TRIPARTITA
Time Odyssey è un album di grande livello, sia per contenuti che per stile. In ambito armonico, sebbene si ruoti quasi sempre su tonalità minori, è possibile affermare che sia offerta una certa eterogeneità: ciascuno dei dieci brani, tutti interamente strumentali, ha una sua precisa identità e non si casca mai nel citazionismo o nel plagio, salvo negli ovvi casi di While My Guitar Gently Sweeps -originariamente composta per i Beatles da tale Gorge Harrison- e di April Sky, meraviglioso riarrangiamento rock della celebre Aria sulla quarta corda di Bacchiana memoria. Il primo elemento di successo di questo insieme di composizioni è il modo in cui sono state suonate: il tocco di Vinnie Moore è vivo e fa sentire la propria vitalità in ogni singola nota, dai tenui vibrati agli inaspettati pre-bending, dall’uso dei semi-armonici alla calibrata scelta dei tasti negli slide.

Time Odyssey è certamente un album studiato fin nei suoi minimi dettagli, ed è giusto che sia così perché un artista che pretende di essere neoclassicista non può permettersi il lusso di lasciare nulla al caso; in particolar modo non può permettersi di considerare chiusa la fase di songwriting finché tutto è totalmente completo: è proprio in questo senso che le numerosissime armonie sovraincise di chitarra si sentono ma quasi non si notano, quindi ascoltando brani come As Time Slips By è naturale pensare che “questa canzone non potrebbe suonare in un’altra maniera”. Sempre parlando di songwriting mi sento di fare un’ulteriore osservazione: alcuni degli assoli contenuti in questo disco sono quasi sicuramente frutto di improvvisazione, ma anche in questi casi la mano del compositore/arrangiatore è stata precisa nel collegare tra loro tutti i vari passaggi –lavoro che si rende necessario quando ci si trova di fronte a cambi di tonalità, di atmosfera, di tempo; credo che questo genere di fantasia correttiva sia il secondo elemento di successo di questo secondo full-lenght.

Il terzo elemento è invece costituito da quell’April Sky che si trova in fondo alla tracklist, che è uno di quei classici brani che da soli potrebbero giustificare l’acquisto del cd. Signore e Signori, stiamo parlando di uno degli adattamenti classici meglio riusciti in tutta la storia del rock, una di quelle re-interpretazioni che, ne sono convinto, sarebbe piaciuta anche all’autore dell’originale, una di quelle canzoni che ascolteresti dieci, venti, cento volte di fila per quanto ti piace! A farla da padrone qui non ci sono complicati arpeggi in sestine, non c’è l’uso del tapping ad otto dita, non c’è l’imitazione di versi animali tramite l’uso della barra del wang: qui c’è “solo” musica, la perfetta armonia tra le note eseguite da voci che hanno timbri diversi, l’illuminante incastro di melodie ed accordi per cui l’Aria sulla quarta corda è tanto conosciuta. La composizione originale è rispettata nei suoi cardini stilistici di base, ma il suo contenuto è esplicitato in versione rock: è per questi motivi che April Sky è stato ed è tuttora un grande momento per il neo-classicismo.

CONCLUSIONI
Time Odyssey è un acquisto obbligato per tutti coloro che amano lo shred, ma mi sento di consigliarlo anche a chi semplicemente ama la buona musica, quella immortale e senza tempo. Ad essercene di album così, oggi che siamo nel 2009, grideremmo tutti al miracolo… e poi ricordiamoci anche un’altra cosa: finora abbiamo giustamente parlato di Vinnie Moore, ma in questo disco esordisce un nome noto ed attualmente molto apprezzato del circuito metal, ossia Jordan Rudess. Questa non ve l’immaginavate neanche da lontano, vero?



VOTO RECENSORE
88
VOTO LETTORI
81.87 su 73 voti [ VOTA]
jaw
Martedì 27 Febbraio 2018, 10.54.18
4
Disco ottimo, con musicisti di grande rilievo, oltre a Rudess, Franco suono' nei Good Rats, ottimo batterista di scuola n.yorkese e qualche albums dei GR sarebbe da riscoprire. Comunque all epoca in cui sbocciarono tutti questi virtuosi della chitarra, fu un peccato che venne ignorato il R.Montrose in linea con le proposte di allora, ma rimanendo meno barocco, se vi capita date un ascolto a speed of sound che e' dello stesso anno di questo , c e' una mach 1 a cui si dovrebbe inchinare anche Satriani
roby
Sabato 24 Marzo 2012, 14.35.43
3
bella recensione. a quando Meltdown?
hm is the law
Mercoledì 5 Agosto 2009, 22.43.04
2
Un buon disco (letta la rece me lo sono andato a risentire) ma tra i guitar hero preferisco sempre Satriani
born_too_late
Mercoledì 5 Agosto 2009, 14.44.57
1
Un grande chitarrista che ho avuto il piacere di vedere dal vivo poche settimane fa. Certo, il metal neaoclassico dopo un po' non lo reggo, ma live la resa è stata molto più hard rock
INFORMAZIONI
1988
Polygram Records
Shred/Neo-Classic
Tracklist
1 Morning Star
2 Prelude/Into The Future
3 Beyond The Door
4 Message In A Dream
5 As Time Slips By
6 Race With Destiny
7 While My Guitar Gently Weeps
8 The Tempest
9 Pieces Of A Picture
10 April Sky
Line Up
Vinnie Moore – Chitarra
Jordan Rudess – Tastiera
Joe Franco – Batteria
Michael Bean – Basso
 
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