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TRAFFIC CLUB, VIA PRENESTINA 738 - ROMA

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SLAUGHTER CLUB, VIA A.TAGLIABUE 4 - PADERNO DUGNANO (MI)

The 11th Hour - Burden Of Grief
( 3138 letture )
I Gorefest hanno scoperto il porno su internet, quindi si sciolgono. Ok, non è tutta la verità perché conosciamo il porno già da molto tempo…

Questo il comunicato che ai primi di giugno fu diffuso alla stampa dalla band olandese: una sorta di “liberi tutti” che rispecchia il modo spensierato e goliardico di calcare la scena da parte di De Koeijer e compagni. Cosa effettivamente abbiano continuato a fare Jan-Chris, Boudewijn e Frank non è dato a sapersi, mentre è ben più facile trovare tra le cronache metalliche il nome del virtuoso drummer Ed Warby, già sugli scudi grazie all’immenso progetto Hail Of Bullets di cui è parte integrante assieme ad altri famosi tulipani. D’altro canto Eddy (così lo chiameremo amichevolmente d’ora in avanti), poliedrico strumentista nonché prolifico musichiere, non ha mai nascosto la sua propensione per la 6 corde, strumento con il quale ha composto le più belle death-songs degli anni ’90, né tantomeno la voglia di cimentarsi in qualcosa di realmente tutto suo.
Questo “qualcosa” prende oggi il nome di The 11th Hour.

Il progetto -praticamente one man- è basato sulla convinzione che gli ingredienti per costruire un buon doom/death siano fondamentalmente 4.
1-Ritmica possente dal lato strumentale sviluppata su intervalli di progressione percussivi medio bassi. L’intento è chiaro: Warby riempie di vigore la base d’accompagno attraverso i ringhi bitonali della 6 corde distorta, in una prospettiva tipicamente death style -rallentata- che si manifesta in un riffing indolente e ragionato (a volte fin bradipico) su cui far lavorare l’impianto melodico fornito (principalmente, ma non solo) dalla single notes. Tale schema è disatteso solo sporadicamente, per lo più in corrispondenza dei momenti aperti di cui i vari brani sono provvisti (parti centrali di Origins Of Mourning e Longing For Oblivion, ad esempio), in cui la ritmica è totalmente soppressa per non interferire con gli interventi pianistici e l’accompagnamento è fornito direttamente dalla mano sinistra di Eddy, impegnata sulle ottave basse della tastiera. L’avvio di In The Silent Grave, a valle della sua introduzione, è un brillante esempio di come egli abbia ragionato nel songwriting, mentre la sua parte finale, nonché la quinta Atonement, mostrano il risultato ottenuto privilegiando le keyboards alla solista. Origins Of Mourning, invece, mischia sapientemente entrambe le filosofie.
2-Cantato principale cavernoso ma non “abbaiato”, scientemente esaltato dall’accostamento ad un vocalism secondario al contrario nitido ed orecchiabile. Nella realizzazione di tale proposito Eddy rinuncia, con grande intelligenza, al totale patrocinio del progetto: sapendo di non poter competere con professionisti affermati e conscio dell’importanza che la struttura vocale costituisce in un amalgama doom/death, egli si affida all’amico/collega Roger “Rogga” Johansson (Edge Of Sanity, Ribspreader, Demiurg) per la realizzazione delle porzioni distorte, limitando il suo contributo ai soli interventi puliti. Il confronto è ingeneroso ma comprensibile! Rogga monopolizza l’intero platter con il suo registro pieno e profondissimo, massacrando a colpi di “fiato” il timbro nasale del povero Eddy. Il growling è corrotto, incalzante e perfettamente incastonato nelle ricche melodie di questo Burden Of Grief che invece soffre (e fa soffrire) durante le bizzarre derive del clean-vocalism, pure imprigionato in abbinamenti armonici troppo accademici ed inconsueti; l’espediente, che ad un primo momento fa suonare dissonante l’ensemble con la sezione strumentale, è un duro colpo all’ascoltabilità media del prodotto. In realtà il valore intrinseco della proposta dovrebbe incrementare anche grazie alla nobiltà di questi insoliti ragionamenti che però, per essere pienamente metabolizzati, necessitano di moltissimi passaggi sul lettore: eclatanti e di difficilissima (di)gestione auditiva, le mudulazioni in Atonement e Longing For Oblivion. I momenti migliori, senza nulla togliere alla performance personale di Johansson, sono comunque quelli in cui entrambi gli interpreti partecipano alla versificazione delle liriche, scambiandosi un metaforico testimone nell’annosa controversia umana tra la sconsolata disperazione (Eddy) e la forza d’animo (Rogga). Curati ed intelligenti anche i testi, peraltro non privi di una certa retorica.
3-Atmosfere morbose e malinconiche. I 6 brani esprimono un disagio vissuto in maniera sofferente: attori in questa realistica sceneggiatura antropica, oltre alle lamentose ugole della coppia, sono le pronunciate incisioni melodiche e, soprattutto, i loro incessanti avvicendamenti. Tuttavia, così come il vocalism è a tratti esageratamente anomalo, alla stessa stregua alcune successioni tonali della chitarra e del pianoforte risultano sconsideratamente cervellotiche; un pizzico di sana “nevrosi” creativa avrebbe giovato in termini di genuinità.
4-Arrangiamenti avvolgenti e produzione mirata a corrispondere quella dose di calore necessaria ad “avvinghiare” l’ascoltatore nelle trame strumentali. Come da (infelice) copione il basso prescinde dal suo caratteristico “girare” adagiandosi, con precisione certosina, sulle varie elaborazioni chitarristiche; inconcepibile l’effettistica ad esso applicata: in un contesto così sontuoso, non mi spiego l’inutile restituzione punk-style in luogo di un sound potente ma compresso. Inutile ridire, per l’ennesima volta, che nei one-man-project è sempre “lui” a farne le spese (per l’occasione il drumming è evidentemente ben ideato), cosa che dimostra un’assurda ed ingiustificabile superficialità in materia. D’altro canto sono le keyboards a spiegare le maggiori incombenze armoniche, fungendo da collante tra la sezione ritmica e quella melodica: il suo spartito partorisce sovrapposizioni ottimamente bilanciate che, assieme alla programmazione quasi funeral, conferisce un senso di solennità davvero conturbante.

Questo è quanto a livello tecnico-stilistico.
Tutto facile da dirsi nonché da farsi (per dei professionisti, s’intende), ragion per cui tale sommatoria di stilemi governa Burden Of Grief così come le tante release “rallentate” dell’ultimo lustro tra cui isolerei, quale effettivo termine di paragone, l’ultimo nato in casa Draconian & Co, ovvero quel Dead Word Speak che Johan Ericson ha firmato col suo marchio personale Doom:Vs.
Dal medesimo concetto di partenza (un doom dalle forti tinte drammatiche) Warby forgia i 6 brani di Burden Of Grief, riuscendo però nell’intento solo a scariche alterne. La critica -capiamoci- si fonda sull’ispirazione compositiva più che sull’interpretazione esecutiva e sulle scelte stilistiche di cui vi ho fatto nota e che di per se meriterebbero una votazione ben superiore alla sufficienza.
Spiace dirlo, ma a livello emotivo proprio non ci siamo.

A testimonianza del lavoro di songwriting rientrano le positive (ma non eccelse) One Last Smoke, In The Silent Grave e Weep For Me, tutte caratterizzate da una successione di riff tanto apprezzabile (teoricamente), quanto insolita (realmente) e dunque ostica. Meno accattivanti Atonement (che sconta qualche spigolatura di troppo) e Longing For Oblivion, brano che però chiude con un rallentamento degno degli immensi Pantheist (miglior momento dell’album assieme al finale di One Last Smoke).
Scovare zone stucchevoli in questo Burden Of Grief non è dunque affare da specialisti.
Ottenere, al contrario, soddisfazione incondizionata -anche dopo ripetuti ascolti- si…

Mai come ora mi sento combattuto!
Tecnica o sentimento? Capacità o risultato? Mezzo o fine?
Che fare dei The 11th Hour?
Promuovere o bocciare?

E se non scegliessi?

Giasse ha scoperto il porno su internet e quindi si astiene dal giudizio. Ok non è tutta la verità perché conosco il porno già da molto tempo…



VOTO RECENSORE
s.v.
VOTO LETTORI
23.18 su 22 voti [ VOTA]
Nikolas
Martedì 10 Novembre 2009, 19.11.04
7
Non si capisce o qualcuno non capisce? Non generalizziamo va
wuzi
Martedì 10 Novembre 2009, 18.56.03
6
che schifo di recensione non si capisce un cazzo... ma proprio tutti qui state???? ma datevi all'indie
taipan
Giovedì 29 Ottobre 2009, 14.12.36
5
che congrega di porcelloni.Ora i lettori persi arriveranno anche a quattro!
FURIO
Mercoledì 28 Ottobre 2009, 22.59.49
4
Io ho conosciuto Metallized mentre girovagavo tra un sito porno e l'altro... in ogni caso questa recensione m'intriga parecchio! Devo proprio ascoltarlo quest'album.
Raven
Mercoledì 28 Ottobre 2009, 11.32.37
3
Ragazzi, piano con la diffusione della notizia dell'esistenza del porno su internet, se la voce si sparge potremmo perdere due, forse anche tre lettori....
Giasse
Martedì 27 Ottobre 2009, 22.42.26
2
Effettivamente il pathos nel doom è (quasi) tutto. Questo disco è una piccola delusione, tuttavia è davvero ben suonato!
taipan
Martedì 27 Ottobre 2009, 22.36.07
1
il porno su internet?Non potevate dirmelo prima? Taipan ha scoperto il porno su internet e quindi si astiene dal comprare il cd.
INFORMAZIONI
2009
Napalm Records
Doom
Tracklist
1. One Last Smoke
2. In The Silent Grave
3. Origins Of Mourning
4. Weep For Me
5. Atonement
6. Longing For Oblivion
Line Up
Ed Warby – all instruments & clean vocals
Roger “Rogga” Johansson – growl
 
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