La Francia si sta rivelando ricca di sorprese. Ricorderete sicuramente la bella recensione dei Les Fragments de la Nuit ad opera del mio esimio collega Luca Chieregato: in quel caso si trattava di una musica di stampo classicista più o meno pura, dalle forti tinte drammatiche, ma scevra da influssi diretti in ambito Metal.
Dalla stessa nazione ecco dunque arrivare una diversa interpretazione della nuova musica classica, a cura dei -o per meglio dire del- Pensées Nocturnes. Non ho intenzione di definire questa musica né contemporanea né moderna. A tutti gli effetti siamo di fronte ad una nuova musica classica, ibridata da lunghi inserti Black. Non aspettatevi tuttavia la componente punk, propria (quasi sempre) del Black puro: in questo caso le melodie ricalcano pedissequamente quelle della sezione classica/acustica, intimiste e profuse di tristezza come non mai. La voce addirittura fa il verso agli indimenticati Elend, in virtù di un uso massivo (e forse esagerato) di urla angosciate, in vece del più canonico scream. Quest'ultima scelta stilistica, quella della voce sofferta ed urlata, potrà piacere o meno, ma lasciatemi dire che, nel contesto descritto dalla melodia e dai testi, la trovo deliziosa. Per quanto concerne l'ultimo punto, quello dei testi, bisogna sottolineare che ancora una volta è stata data voce (scusate il gioco di parole) alla cosiddetta grandeur francese, prediligendo la lingua madre rispetto all'anglosassone. Nonostante la cura profusa sul versante Metal, nella musica di Vaerohn, unico compositore del progetto Pensées Nocturnes, ritengo comunque predominante la componente classicista. Si potrebbe paragonare la sua musica ad una trasfigurazione dei temi malinconici cari al grande maestro contemporaneo Danny Elfman, temi resi qui più intimi, meno pomposi, e soprattutto aperti ad influenze Metal. E così timidi violoncelli cantano su arpeggi di pianoforte e chitarra, clarinetti e fagotti sussurrano di antiche ferite dell'animo umano, di contrappunto al violino.
Immagino una Parigi dell'Ottocento, immersa nella foschia della notte, in cui si muovano furtive centinaia di figure, tutte prese dai propri affari. Persone infreddolite che si affrettano per le piazze ed i vicoli, persone così unite a prima vista, accalcate nella folla, ma così disperatamente sole nei loro pensieri. Una visione gotica della musica di Pensées Nocturnes, certo, ma facilmente condivisibile da molti, e pertanto efficace.
Questo album non vi terrà compagnia, ma altresì vi offrirà una tristezza infinita, talvolta un'angoscia dolceamara. Niente di meglio, aggiungo, per vanificare la solitudine che ci ha regalato il nuovo millennio, complici la tecnologia e la globalizzazione: alle volte, per poter risalire, bisogna toccare il fondo dell'animo umano.
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