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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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Haggard - Tales Of Ithiria
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( 5194 letture )
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Ennesimo buon debutto in un 2008 che ci sta regalando sorprese sempre più positive. Sulla scia dei successi della scena folk teutonica e di certe sperimentazioni orchestrali d’oltroceano (l’altro oceano, però) i nostri esordienti danno alla luce un’opera che seppure acerba e non certo fresca, dato l’evidente “scopiazzamento” dei grandi maestri del genere, potrà consentirvi di passare una mezz’ora abbondante di "medioeval metal". Certo, qualche brano appare sconclusionato per l’eccessiva ed inutile lungaggine, taluni arrangiamenti (principalmente quelli costruiti nelle porzioni più heavy) sono scarni o addirittura zoppicanti a livello armonico, il drummer non è dei migliori in circolazione e perfino gli interventi della sezione elettrica (solo le chitarre, di fatto) sono spesso poco articolati e piuttosto decontestualizzati rispetto alla baraonda classicheggiante che invece prevale; se vogliamo poi toccare altri temi molto cari ai metallari doc basti citare il growling noiosamente effettato e l’incapacità, ricorrente in tutto Tales Of Ithiria, di manifestare un costante crescendo concettuale; l’opera è difatti viziata dall’essere in continuazione intervallata da interludi, stacchetti e parti narrate che non permettono all’ascoltatore di “ingranare” con il tempo; questo non è un problema di sovrabbondanza ritmica, ovvero di architettura dispari, o ancora di esasperata ricercatezza esecutiva. Il problema riguarda proprio il songwriting nella sua conformazione base, incentrato a dare spazio ai vari strumenti classici attraverso la forma fugata, invece che ad enfatizzare l’impatto globale con un’esecuzione sempre orchestrale o addirittura contrappuntistica. A rigor di logica la scelta è comunque molto coerente anche se, a mio parere, in totale contrasto con l’esigenza di dinamismo implicita nel metal estremo che comunque interviene assieme alla possente sezione acustica; a tal proposito rammento infatti che la coralità polistrumentale (o polifonica) riconduce al periodo rinascimentale (soprattutto tardo), più che alle sonorità basso-medioevali che i nostri intenderebbero invece perseguire. È altresì vero che l’utilizzo del trio vocale soprano, mezzosoprano e tenore sposta il piglio proprio verso un’interpretazione rinascimentale dei motivi inclusi in Tales Of Ithiria. Se così fosse, pur impreziosita da una regole storicamente “nobili,” la sintassi della forma-canzone sarebbe però completamente scentrata e dunque inopportuna: la mia impressione è quella di una scelta consapevole, ma davvero inefficace. Forze sprecate! Venendo alle somme con parole più semplici: apprezzerete la raffinatezza dei botta e risposta tra archi ed archi, tra archi e fiati, tra fiati ed ottoni, ma solo raramente vi verrà voglia di sbattere la chioma a destra e manca ed alzare le corna al cielo con gli occhi ribaltati all’indietro! Anche quando la doppia cassa rulla di brutto ed il growling sgorga, profondo, dalla cassa toracica del “voluminoso” vocalist. Capita la seccatura?
Spulciati i mali va comunque fatta chiarezza sui (tanti) pregi di questa novità da considerarsi in ogni caso discreta. La costruzione melodica è per lo più favorevole e piacevole, così come molte vocalizzazioni tradizionali (soprattutto quelle dei soprani) sono davvero “goduriose” nella loro solennità; manca forse il piglio di un buon tenore, ma si può soprassedere. L’abilità dei musici è indiscussa, così come la resa di strumenti reali neanche può essere paragonata alle orchestrazioni digitali tanto di moda oggigiorno. Gli altri meriti di questa insolente filarmonica metal li scoverete nell’ascolto, che sono certo gradirete sin dall’inizio, vista la facilità con cui è possibile assimilare un genere dedito a riproporre le musicalità “menestrelliane” dei tempi che furono. Assolutamente perdonabile il rifacimento “sornione” di una nota cover dei Mecano (Figlio Della Luna) il cui unico fine è quello di portare a decenza un minutaggio altrimenti inadeguato ad un full-lenght completo. Un buon inizio questo Tales Of Ithiria, prova abbondantemente sufficiente che potrà comunque essere migliorata aggiustando i peccati di gioventù di cui vi ho appena fatto nota. Un 70 più che meritato.
Peccato che Tales Of Ithiria sia il nuovo album degli Haggard. A questo punto come continuare… Innanzitutto dicendo che la pubblicazione di questo album mi è parsa un’interminabile odissea motivata dalla band con scuse di una tale banalità da lasciar intendere impedimenti ben più grandi: prima i ritardi furono accreditati alla definizione delle lyrics da parte di Nasseri sapete… un concept è molto lungo da portare a compimento, poi vennero annoverati alla difficoltà di concretizzare una produzione all’altezza di quello che da tutti sarebbe stato indicato come l’evento folk metal dell’anno sapete… mixare e bilanciare alla perfezione una trentina di linee, tra strumenti e voci, non è un’impresa semplice e rapida, infine si parlò di problemi personali di Asis che non ho voluto approfondire (mal di pancia?); tutto questo dopo che l’iniziale release-date ed il relativo tour promozionale (poi quasi interamente disdetto) erano già stati pianificati ed annunciati in pompa magna. Insomma, secondo più secondo meno, Tales Of Ithiria è slittato ingiustificatamente di 15 mesi, periodo in cui le aspettative e la voglia di ri-assaporare la centrata mistione tra metal e musica classica si sono iperbolicamente impennate in tutti i fans sparsi nel pianeta. Ora però il quarto full-lenght ha viso la luce (Progressive lo considero un EP, peraltro malriuscito) e pertanto dovremmo finalmente gioire.
Invece no (o non completamente), dato che un rapido bilancio è presto fatto: la nuova uscita, seppure genericamente valida, non è da considerarsi all’altezza delle precedenti prove, né per qualità esecutiva, né per ispirazione dei singoli leitmotiv, nonostante qualche acuto lo si possa facilmente isolare nei ritornelli di Upon Fallen Autumn Leafs e di La Terra Santa, senza dubbio le migliori tracce del CD; pure il motivo guida di Tales Of Ithiria non sarebbe di per se da buttare, se non fosse inabissato in un continuo ed inspiegabile tira e molla “inizio-non inizio” che non fa altro che innervosire e facilitare lo “sliding”. Il resto odora di già sentito tanto da indurmi a considerare l’intero album un continuo auto citazionismo, un tributo a se stessi, sempre uguale e poco vario sia al suo interno, sia rispetto ai 3 illustri precursori: perché possiate ora figurarvi l’ascolto, qualora non abbiate già tra le mani una copia originale tutta per voi, è bene paragonare l’idea di fondo di Tales Of Ithiria a quella di Awaking The Century ed And Thou Shalt Trust... The Seer, entrambi dotati del medesimo umore (mille)due-trecentesco, più che a quella del penultimo Eppur Si Muove, al contrario più corale e dalle intonazioni proto-barocche; unico pezzo a beneficiare di tale registro risulta essere The Hidden Sign, che difatti mi ricorda in modo esagerato un famoso brano dei Rondò Veneziano che vi lascio il compito di scovare.
Come vi dicevo pocanzi, fingendo di essere alle prese con degli ignoti “debuttanti allo sbaraglio”, Tales Of Ithiria non convince neanche nel suo lato metallico: il drumming è spesso incerto e confuso (sensazione recentemente confermata durante il live show di Milano) ed il lavoro alle asce di Asis e Claudio rinuncia ai passaggi più tecnici ed agli interventi in single notes che invece avevano impreziosito brani come The Observer e la title-track Eppur Si Muove non più tardi di 4 anni fa. Quella che in definitiva credevo essere un’evoluzione naturale della band e soprattutto del suo membro cardine, da sempre attratto da divagazioni di matrice tech/prog, è stata invece brutalmente smentita con la scrittura di partiture per chitarra che vanno di poco oltre ad una normalissima funzione ritmica. Il basso elettrico non lascia poi alcuna traccia rilevante di se (tanto che dal vivo manco si sono portati il povero Andreas Nad) ed il growling, di cui sono sempre stato grande estimatore nonostante su di esso piovessero critiche da ogni dove, mi ha profondamente deluso a causa della grande monotonia che un utilizzo ancor più spinto dell’harmonizer consegue. È però corretto segnalare che a fronte di questo ulteriore appiattimento della propria voce distorta, Asis ha leggermente ridimensionato il suo apporto “cronometrico” in materia, probabilmente convinto anche dalla grande capacità ed efficacia delle due brave (e belle) cantanti liriche e dal nuovo ruolo di aiuto-tenore che ha inaspettatamente caricato sulle proprie (larghe) spalle. Questa scelta limita sicuramente i danni che un utilizzo concentrato del growling avrebbe provocato, tuttavia abbassa un po’ il grado di estremizzazione della proposta che ovviamente, di mio, avrei invece gradito modificata nell’altro senso. Ma questa è solo una questione di gusto personale senza effetti sul giudizio finale che vado ora a ri-sintetizzare.
Dedicare 42 minuti al nuovo lavoro degli Haggard (32 al netto delle parti dedicate alla narrazione e della discutibile cover di Hijo De La Luna) è un’attività non solo legittima, ma doverosa che dunque prescrivo tanto ai nuovi quanto ai vecchi fans. Vale ovviamente quanto scritto a metà articolo, con la fastidiosa aggravante di dover considerare il 70 di Tales Of Ithiria quale punto più basso nella carriera dell’orchestra Nasseri & Co., invece che poterlo interpretare come ottimo punto di partenza per futuri, grandi sviluppi. I casi sono due: o la band saprà far tesoro di questo passo falso per rivendicare la propria leadership in ambito medioeval folk metal, oppure lo stesso voto numerico, in questa sede beneficiato di clemenza, sarà destinato ad inabissarsi verso quote che solo dieci giorni fa non avrei mai immaginato. Ma se i tempi della prossima release saranno quelli impiegati per consegnarci Tales Of Ithiria…
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1
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non sono d'accordo...per me 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Origin 2. Tales Of Ithiria 3. From Deep Within 4. Upon Fallen Autumn Leafs 5. In Des Königs Hallen 6. La Terra Santa 7. Vor Dem Sturme 8. The Sleeping Child 9. Hijo De La Luna 10. On These Endless Fields 11. The Hidden Sign
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Line Up
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Asis Nasseri – voce, chitarra Luz Marsen – batteria Claudio Quarta – chitarra Andreas Nad – basso Michael Stapf – violino Ally Storch-Hukride – violino Judith Marschall – violino Paricia Krug – violoncello Johannes Schleiermacher – violoncello Steffi Hertz – viola Ivica Kramheller – contrabbasso Hans Wolf – pianoforte, organo e clavicembalo Anna Batke – flauto Mark Pendry – clarinetto Andreas Fuchs – corno Florian Bartl – oboe Fiffi Fuhrmann – tenore, flauto Su Ehlers – soprano Veronika Kramheller – soprano Michael Schumm – timpani, percussioni
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