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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Umbah - Trilobeth (Reissue)
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( 3240 letture )
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Eclettismo, intelligenza, audacia, ed estro infinito. Basterebbero queste parole per definire la proposta musicale targata Umbah, che poi altro non è che una studiata e affascinante one man band inglese, la quale, sotto la guida del geniale Cal Scott (già Necrosanct e Microcosm), sfodera questo re release di Trilobeth, opera del 2007, dopo una parentesi produttiva di ben diciassette anni. Per i neofiti, riassumo brevemente: il progetto Umbah nasce nel 1990 a Brighton, in terra d’Albione, ed ha al suo attivo ben tredici lavori, tra cui cito, secondo il mio personalissimo gusto, Solaris (1997), 7 Days of Horror (2000), e Alien Beauty (2005). Nonostante i cambi di formazione, il monicker rimane lo stesso, sfornando (e bisogna dirlo!) con una impressionante produttività un full lenght dietro l’altro, affinando il proprio sound in una direzione che non è certo facile e possibile dimensionare come experimental death metal. Gli Umbah amano definire il loro genere cyber grind: uno stranissimo ma riuscitissimo mix tra industrial, avantgarde e grind è infatti quello che suonano, riuscendo a creare mirabili ponti e collegamenti tra bands come Nine Inch Nails, KMFDM, Laibach, Marilyn Manson, Katatonia e che rappresentano il loro bagaglio d’ispirazione. Certo è che (lo dico subito) volendo essere precisi, ci sono talmente tante stratificazioni e influenze che sarebbe una grande sfida citarle tutte: Fatboy Slim, addirittura gli Underworld, ma anche echi della new wave britannica, racchiusa in alcuni passaggi alla Julian Cope.
Detto questo, Trilobeth potrebbe apparire un album indigesto: ebbene, non lo è affatto. Perché, quando si è capaci di scrivere buoni pezzi, brani che funzionano, quando si ha veramente qualcosa da dire come ce l’hanno gli Umbah, penso sinceramente che non ci siano barriere musicali, e le definizioni, le etichette, gli inquadramenti, lasciano il tempo che trovano. Prendete ad esempio un brano come Torn again: è una song elettronica stratosferica, easy listening, quasi di cellulosa e molto, molto riecheggiante, per l’appunto, Fatboy Slim oppure Moby; stesso discorso per Subconscience Function, capace di rimanere in testa per ore, con un arrangiamento lineare ma davvero contagioso. L’altra faccia della medaglia, l’altra parte di Giano bifronte, è caratterizzata da brani molto più crudi, veloci e violenti, come Sheep of sad fate, Beehive (squisitamente Trentreznorniano!), mentre To a somber place e la title track sono indubbiamente orientate verso un sound ancorato al death metal, anche se proprio Trilobeth, a ben vedere, rappresenta una sorta di delirio, ossimoricamente cristallino nella sua intenzione. Ribadisco il fatto che, nonostante i salti di genere e l’apparente mancanza di coerenza tra un brano e l’altro, un filo conduttore tuttavia c’è. Al di là della già citata bravura compositiva, gli Umbah puntano infatti anche sulle lyrics, ad opera di Sokaris, Suleiman e Shamanek: paranoia, ribellione al conformismo, inquietudine, a metà tra James Ballard e Pigreco-Il teorema del delirio o Eraserhaed di Lynch. Un album da avere.
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2
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Devo dire che al primo approccio gli Umbah non mi avevano fatto impazzire. Riproverò, forse non ero pronto. |
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1
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Non li conosco, ma Katatonia,NIN,Laibach e Underworld sono bands che mi piacciono parecchio...ci farò un pensierino. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. A Happy Story 02. The Fall Of Modern Thought 03. Beryllium Crisis 04. A Little Uneasy 05. Sheep Of Sad Fate 06. Beehive 07. Mesoria A Larkara 08. A Zen Horizon 09. Trilobeth 10. To A Somber Place 11. Subconscience Function 12. Torn Again
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