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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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Epica - The Phantom Agony
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( 9982 letture )
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UN PO' DI STORIA L'Olanda è sempre stata una terra avvezza al metal sinfonico, lo dimostrano alcune grandi band che questo paese ha prodotto a partire dalla metà degli anni novanta, una su tutte gli After Forever: la band di Sander Gommans si fece conoscere nel mondo come una delle migliori realtà di quel periodo, evolvendosi da una radice più influenzata da certe sonorità doom a quel symphonic gothic che farà la loro fortuna all'inizio del nuovo millennio. Tutta questa noiosa disquisizione storica serve per introdurre la figura di Mark Jansen: un giovane chitarrista che suona con gli After Forever sin dagli inizi ma che nel 2002 lascia il gruppo (la leggenda vuole che sia stato cacciato da Gommans per gravi divergenze musicali); una volta fuori fonda immediatamente una nuova band chiamata Sahara Dust, con quella che sarà poi la prima formazione degli Epica, fatta eccezione per la voce; il gruppo nel 2002 produce il primo demo Cry for the Moon ma la cantante Helena Michaelse lascia la band subito dopo; a quel punto Mark si accorge che la diciottenne con cui è fidanzato, tale Simone Simons, ha una stupenda voce da mezzosoprano (oltre ad essere una fanciulla piuttosto graziosa) e decide quindi di farla entrare nella formazione del nuovo gruppo, che frattanto ha appena cambiato nome in Epica, in onore dell'omonimo album dei Kamelot.
THE PHANTOM AGONY Recensire un esordio non è mai compito facile, farlo però ad anni di distanza, quando la band in oggetto ha già portato avanti un'onorata carriera ci permette di guardare indietro e individuare i punti fermi che ne determineranno il successo (o il fallimento); guardando agli Epica è chiaro come abbia prevalso la prima opzione vista la fama di cui godono oggi questi ragazzi ormai giunti al quarto album in studio, ma da dove è partita quest'ascesa? The Phantom Agony è un album che riesce a stupire notevolmente l'ascoltatore, nonostante i difetti che illustrerò più avanti, comunque fisiologici in un gruppo giovane che tenta di suonare una musica così complessa; già, perchè complessa è proprio la parola giusta per descrivere la proposta degli Epica: il sound è dominato dall'orchestra abilmente sintetizzata da Coen Janssen e dalla voce da mezzosoprano di Simone (all'epoca non ancora perfetta specie sugli acuti, ma comunque stupefacente considerata l'età) supportata da un coro completo ed esperto e soprattutto (giusto per non abbandonare il clichè de “La Bella e la Bestia”) dai grunts di Mark Jansen, abbastanza acerbi e poco performanti nonostante il tentativo di registrarli con più linee vocali sovrapposte; mi sto dunque unendo ai detrattori del chitarrista olandese? Assolutamente no: chiariamo subito, Mark era, è, e rimarrà anni luce lontano da maestri come Mikael Akerfeld, però, personalmente, non posso che constatare che negli anni che seguiranno la sua voce migliorerà sensibilmente, quindi la bocciatura c'è ma è limitata a questo disco. La ritmica è abbastanza variegata: la batteria tiene bene gli sporadici passaggi in doppia cassa e riesce a creare le giuste atmosfere legandosi in modo appropriato con l'orchestra pur senza virtuosismi (eccezion fatta per qualche apprezzabile tempo dispari), il basso invece rimane molto legato alle chitarre e risulta fondamentale per tirarle su, dato che proprio queste ultime sono le più sacrificate: il volume è sempre molto inferiore a quello dell'orchestra, questo però non rovina particolarmente i pezzi dato che non si tratta di un errore di mixing ma di una precisa scelta tecnica della band. Il disco si apre con Adyta, intro orchestrale maestosa, retta da cori completamente in latino, collegata alla seconda canzone (formula che diventerà un marchio degli Epica negli album a venire), segue quindi senza pause Sensorium, primo vero pezzo: riff insistenti, passaggi solisti del piano e l'orchestra in grande evidenza. Arriviamo dunque a Cry for the Moon, pezzo su cui mi sento di fare un discorso a parte, non solo perché è la perla più brillante di questo disco, ma anche perché è una canzone che ha dietro una storia notevole: il sottotitolo (The Embrace That Smothers - part IV) la identifica come il proseguimento di una saga di canzoni iniziata dagli After Forever che ha come tema il fondamentalismo religioso e le malefatte compiute dall'uomo in nome delle varie divinità; questa in particolare tratta del tema (spesso agli onori delle cronache) dei preti pedofili. La canzone che parte solenne e maestosa accelera lentamente raggiungendo lo spannung nei tratti cantati da Mark, in cui il riff delle chitarre si fa violento e la prima strofa affidata al chitarrista (che trasuda seriamente rabbia) è più eloquente di mille descrizioni:
Don't try to convince me with messages from God You accuse us of sins committed by yourselves It's easy to condemn without looking in the mirror Behind the scenes opens reality
Dopo questa passiamo a Feint, ballad molto melodica in cui tutti gli strumenti esterni all'orchestra rimangono sobri lasciando posto alla dolce voce di Simone; se avete provato invece delusioni in campo amoroso apprezzerete sicuramente la successiva Illusive Consensus, song tra le più aggressive presenti sul disco, il giusto mood per affrontare il discorso dei voli di fantasia creati dall'arco di Cupido troncati poi sul più bello da un/a partner colpito/a solo di striscio dalla freccia del dio (con ogni probabilità temporaneamente sbronzo). Facade of Reality è la prima delle 2 lunghe suite di questo album, fa parte anch'essa della saga The Embrace that Smoothers, questa volta è il terrorismo islamico ad essere preso di mira, in un pezzo molto tirato, in cui sono inserite parti in cui la voce narrante ci ricorda di quel tragico 11 settembre 2001. Segue Run for a Fall, canzone in cui viene per la prima volta usata una chitarra acustica che prosegue lenta fino a metà dove il suono diventa elettrico e accelera improvvisamente, come un rapido declino e il conseguente fallimento che guarda caso sono proprio i temi della canzone; Seif al Din è l'ultima canzone della saga principe degli Epica per questo album, orientaleggiante per voce e orchestrazioni, travolgente per via della ritmica che include degli ottimi passaggi di doppia cassa ad elicottero della batteria di Jeroen Simons. Siamo giunti alla title-track: The Phantom Agony è una lunga suite sull'illusione dell'aldilà, con gli archi dell'orchestra in evidenza, anche se tutta la canzone è un buon mix delle caratteristiche principali dell'album. Chiude la strumentale Triumph or Defeat in cui la voglia di virtuosismo trattenuta durante tutto l'album si sfoga prima con degli ottimi passaggi di pianoforte e soprattutto con dei mini-solos delle chitarre in sweep picking.
Questo disco è stato uno degli esordi che più mi ha colpito tra i molti che ho ascoltato, certo i difetti rimangono, ma resta probabilmente uno dei migliori dischi di questa band e del symphonic gothic in generale, oltre che una grande dimostrazione di talento innato.
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VOTO LETTORI
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83.16 su 150 voti [
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12
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Premetto che non stravedo per gli Epica,certo la Simons ha un gran talento e una gran voce (basta ascoltarla anche nelle varie partecipazioni con altre band) ma nel complesso li ho sempre trovati un po' ridondanti e nel live Retrospect si vede eccome....Pero' devo dire che questo esordio MI PIACE DA MATTI!!!! Cry For The Moon ,Feint e la Title Track sono brani azzeccati. Voto 87. |
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10
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Stupendo esordio di una delle mie band preferite: maestoso, potente, commovente e (nei giusti momenti) cattivo
Certo, quest'album è di una bellezza ancora acerba, ed i difetti ci sono (uno su tutti, la voce di Mark, che io adoro, ma che qui era ancora molto acerba, per quanto godibile). Nonostante tutto, quest'album è una sorta di diamante grezzo, personalmente siamo sull'85 |
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9
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Disco enormemente sopravvalutato, più per ragioni affettive dei più che per altro, immagino. Come esordio è un disco discreto, mostra tutte le potenzialità del gruppo che nei dischi successivi saranno in grado di far evolvere. Le canzoni prese a sé sono buone, qualche capolavoro c'è come Feint e Cry for the Moon, sicuramente. Bene per l'opener Sensorium mentre la title track, una palla allucinante. Purtroppo lungo l'ascolto molto spesso s'incappa in secche di noia e di svariati passaggi a vuoto. La performance dei musicisti è piuttosto elementare, Simone intuba troppo la voce e rimane su un range vocale assai contenuto. Come opera prima è un onesto e compiuto affresco di quello che al momento gli Epica erano e sapevano fare, ovviamente sappiamo tutti che già dal successivo Consign to oblivion inizierà la loro ascesa su una proposta musicale notevolmente più valida e ricca e completa sotto tutti gli aspetti. Buon inizio, ma hanno fatto di meglio. 62/100 |
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8
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Il mio preferito degli epica.Ispiratissimi.voto 80 |
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7
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Grande esordio!!! Il suono è ancora leggermente rozzo, la voce di Simone da migliorare, ma ci sono bellissime atmosfere e passaggi memorabili. Voto 80 |
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5
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Ragazzi, breve info utile, è in corso la Ristampa della rediviva Transmission records in arrivo il 23 Marzo di the phantom agony con 15 bonus ( tra cui un'inedita songs) disponibile in doppio digipack o doppio vinile... chapeau!! |
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4
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Gran bel album , mi piacciono tantissimo questi olandesi , anzi nel genere sono i miei preferiti . |
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3
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Rivelazione voto 80 Simone voto 96 |
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2
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Per quanto zeppa di cliché è comunque una delle release interessanti degli Epica. La mia preferita è Illusive Consensus. |
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1
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Scrivi proprio bene miseria! Mi hai fatto venire voglia di ascoltare il cd! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1.Adyta ( The Neverending Embrace - prelude) 2.Sensorium 3.Cry For The Moon (The Embrace That Smothers - part IV) 4.Feint 5.Illusive Consensus 6.Façade Of Reality (The Embrace That Smothers - part V) 7.Run For A Fall 8.Seif Al Din (The Embrace That Smothers - part VI) 9.The Phantom Agony 1.Impasse of Thoughts 2.Between Hope and Despair 3.Nevermore 10.Triumph or Defeat
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Line Up
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Simone Simons - Vocals Mark Jansen- Guitars/Grunts Ad Sluijter- Guitars Coen Janssen-Keyboards Yves Huts – Bass Jeroen Simons - Drums
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