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1349 - Demonoir
( 5579 letture )
Tornano i 1349. Tornano reduci da un precedente album non proprio brillante, anzi, una vero e proprio passo falso; tornano a dividere ancora una volta - per l'ennesima volta - la critica. Le solite insinuazioni però, sembrano essersi afflosciate; ormai i nostri norvegesi hanno provato in tutti i modi di mostrarsi come un gruppo "vero" e non come il "gruppo di Frost".
Ad un anno di distanza, quindi, dal brutto Revelations of the Black Flame, gli alfieri della peste nera norvegese sono rientrati in studio accompagnati da Tom G. Warrior (che aveva suonato il quattro-corde sul precedente full in quella che avrebbe dovuto essere una cover dei Pink Floyd), che per l'occasione veste i panni del produttore.

Effettivamente una vena CelticFrostiana si può notare, e non solo dalla copertina di questo nuovo Demonoid che strizza l'occhio a Into the Pandemonium per il cangiante e fiammeggiante rubino.
Dopo un'intro atmosferico, i nostri partono subito in quinta con il loro ormai noto black-thrash grezzo e veloce, supportato come al solito dalla sezione ritmica ben prodotta e messa in ben risalto. La voce di Ravn si alterna fra qualche scream "naturale" e qualche altro filtrato; alcuni versetti ci ricordano i bei tempi di Liberation, alcuni altri passaggi ci stupiscono: c'è l'ombra di qualche pianoforte e di qualche synth che entra in fading durante il muro blasfemo del nostro combo di Oslo... e poi si riparte a mille, nel modo in cui il buon Kjetil ci ha sempre fatto sentire quando, in piena salute, si scatena dietro le pelli.
Un altro interludio "d'ambiente" va a separare la traccia appena sentita da When I was Flesh: la ricetta non cambia, siamo sempre su quello stile... anzi, mi sembra di continuare a sentire il brano precedente se non fosse per il fatto che l'infernale rullante e i martellanti pedali stanno coprendo le chitarre; anche Ravn sembra sottotono e pare che la sua lingua biforcuta sia attutita da qualche filtro.
L'ennesimo minuto di separazione fra un brano black metal ed un altro sembra aver preso un minimo di senso: giusto quaranta secondi di pianoforte e un fiato di chitarra pulita ci fanno respirare prima di entrare in Psalm 7:77, unico brano dell'album cantato in norvegese.
Finalmente siamo di fronte ad una canzone che ha un capo e una coda. Ingresso in crescendo, quasi ritualistico per poi sbatterci in faccia il tripudio d'artiglierìa che i 1349 sanno fare bene. Assoli cacofonici e riff thrasheggiante sul finale riescono a far variare il brano, il quale prende una piega alquanto ipnotica, sia per i riff corposi sul finale, sia perchè l'equalizzazione della batteria produce una specie di "effetto ventosa" alle orecchie.
L'ennesimo inspiegabile interludio, che pare trasmettere le onde sonore dei Tunnel di Set, scinde nuovamente il brano appena sentito da quello che dovrà apparire.
I ritmi veloci di Pandemonium War Bells non eccitano il fruitore, anzi, gli fanno compiere dei rintocchi ritmici con il mento in modo pacato ed esaustivo; un attimo di attenzione riemerge solo quando il brano si interrompe in chiusura estrapolando dei lenti riff che porteranno la song verso la propria coda.

Come in Into the Pandemonium, i 1349 tentano di alternare brani black ad atmosferici momenti di riflessione, i quali però riuscivano benissimo alla band svizzera, lasciando invece molte perplessità in questo Demonoir.
Anche The Devil and the Desert, che si apre con un cadenzato e melodico riff, viene sommerso dal devastante drumming (e qui "devastante" è espresso in termini negativi). Riemergerà un paio di volte nel corso della canzone creando una linea di continuo per tutto il brano, il quale - senza scommetterci - riesce a trasmettere anche delle atmosfere interessanti, amplificate da qualche accenno di synth e, soprattutto, da qualche freno da parte di Frost; ciliegina finale sulla torta: il fraseggio di pianoforte in chiusura che, per quanto possa essere un elemento alieno nella musica dei 1349, rende proprio bene.
Anche l'ultima traccia omonima dell'album si sviluppa bene nel suo mid-tempo costellato da lamenti, synth e buoni arpeggi.
Per fortuna che in questo modo si conclude anche l'incomprensibile settenario dei Tunnel of Set, che hanno avuto un duplice effetto in questo album; 1 - far riprendere l'ascoltatore, non tanto dal ritmo frenetico dell'insieme, ma dall'ovattamento uditivo prodotto dalla batteria; 2 - fanno sorgere degli attimi di perplessità e ci si domanda il perchè della loro presenza piuttosto che del loro significato.

Per i più temerari e i per i fan più ardui: questa release è corredata di un'edizione limitata con bonus cd nel quale possiamo trovare 3 cover: l'onesta Rapture (dei Morbid Angel), che sembra rientrare perfettamente nel concept del disco; Strike to the Beast (degli Exodus), che con i suoi ritmi rock'n'roll differisce ben bene dalle altre canzoni (anche voce e chitarre sono state equalizzate in maniera diversa). A concludere c'è l'ennesimo scempio: come il passato vilipendio ai danni dei Pink Floyd, questa volta le vittime dei norvegesi sono i Bauhaus. Nerves è diventata nient'altro che un mèro tentativo di riproporre l'improponibile: il basso funereo (quello originale) è spento, le tastiere naif (degli inglesi) qui non esistono, e la voce freak di Murphy è stata sostituita – ovviamente - con un mediocre growl. Resoconto delle cover: i 1349 prendono un punto per Rapture, non guadagnano niente con quella degli Exodus ma fanno un patetico scivolone con Nerves. Risultato = zero.

CONCLUSIONE

I 1349 sono sempre quelli: se vi piacciono sapete benissimo cosa trovare in questo album; se non vi piacciono, ormai, non mi aspetto neanche di farvi arrivare in fondo alla recensione.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
51.93 su 30 voti [ VOTA]
Orexis
Domenica 19 Aprile 2020, 17.11.50
9
Molti dischi dei 1349 hanno superato la prova del tempo, rivelandosi dei dischi di grande fattura in ambito black norvegese, attitudine compresa, sebbene fossero un po' criticati. Questa è una delle loro migliori uscite, ma hanno saputo mantenere alto il livello fino ad oggi anche con gli ultimi album e singoli. Sono in disaccordo con la recensione.
Drugo
Mercoledì 23 Giugno 2010, 13.09.42
8
E' un disco della madonna nonchè il loro migliore. 65 è un voto basso per me.
Toltec
Sabato 19 Giugno 2010, 20.15.41
7
e cmq uso secondo me in ogni frase, secondo me
Toltec
Sabato 19 Giugno 2010, 20.14.31
6
Questo disco e' il loro capolavoro assoluto secondo me. La loro ricerca del lato ombra dell'animo umano ha raggiunto l'apice secondo me. Chissa' se sapranno fare di meglio
Bloody Karma
Giovedì 17 Giugno 2010, 19.44.49
5
mi han sempre detto molto poco...poi de gustibus...
Uno qualsiasi
Giovedì 17 Giugno 2010, 12.08.32
4
@Moro: figurati, a me del primo album me piaciono solo un paio de canzoni (max tre), il resto fa schifo.
Moro
Giovedì 17 Giugno 2010, 12.02.56
3
io la luce riflessa di Frost, sinceramente ce l'ho vista solo nel primo album. D'altronde era scontata la cosa: i Satyrion si stavano sempre più rallentando e ho visto nei 1349 la valvola di sfogo di Frost. Il bello è che Liberation è un bel disco. Poi è cominciata la parabola discendente..
Uno qualsiasi
Giovedì 17 Giugno 2010, 11.51.15
2
Io resto dell'idea che gli Urgehal so meglio, e che sto gruppo gode di luce riflessa data da Frost.
Blackster
Mercoledì 16 Giugno 2010, 21.54.21
1
A me non dispiace piu' di tanto questo disco... niente di che ma se andiamo a pensare a "Revelation.." questo "Demonoid" è un buon lavoro. ps: bellissima recensione, hai analizzato benissimo l'album, ma come sempre: "De gustibus".
INFORMAZIONI
2010
Indie Recordings
Black
Tracklist
1. Tunnel Of Set I
2. Atomic Chapel
3. Tunnel Of Set II
4. When I Was Flesh
5. Tunnel Of Set III
6. Psalm 7:77 05:42
7. Tunnel Of Set IV
8. Pandemonium War Bells
9. Tunnel Of Set V
10. The Devil Of The Desert
11. Tunnel Of Set VI
12. Demonoir
13. Tunnel Of Set VII

Bonus disc:
1. Rapture (Morbid Angel cover)
2. Strike of the Beast (Exodus cover)
3. Nerves (Bauhaus cover)
Line Up
Ravn - vocals
Archaon - guitars
Seidemann - bass
Frost - drums

Guest Musicians:
Tony Caputo - Grand Piano
Ronnie leTekrö - Guest Solo on "Psalm 7:77"
Thorbjørn Benjaminsen - Stringed Reindeer Horns
 
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