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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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Robert Plant - Band of Joy
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( 5782 letture )
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Robert Plant non ha più voce, Robert Plant è bollito, è scoppiato, farebbe meglio a ritirarsi. Quante volte abbiamo sentito questi discorsi sul cantante che pagine veramente storiche scrisse con i beneamati Led Zeppelin per poi gradualmente ritagliarsi una carriera solista sempre più orientata verso la riscoperta della musica orientale e comunque piuttosto lontana da quella dei Led Zep? Personalmente ho avuto modo di vederlo live a Taormina non più tardi di tre anni fa, ed anche se la set list proposta evitava accuratamente le canzoni più ostiche degli Zeppelin -su tutte spiccava l'assenza dell'immortale Stairway To Heaven- non mi è sembrato così male in arnese. Indubbiamente la voce non è più quella di un tempo, è anzi assolutamente appiattita ed incapace di trovare certi acuti che resero famoso il biondo singer tra la fine degli anni 60 e la prima metà degli anni 70 (più che opportuna la sua scelta di non accettare di riformare il gruppo), ma l'esperienza e la capacità di gestire quel poco che di questa voce rimane rendono ancora Plant capace di risultare almeno dignitoso.
Robert, dopo il grande successo in coppia con Alison Krauss, torna adesso con Band Of Joy -il nome del gruppo che lo lanciò assieme a John Bonham- un disco solista che è un ritorno ed un omaggio alle origini di molta della musica moderna (rock compreso), che tanto posto trovò in molti episodi della storia dei Led Zeppelin, ossia il folk. Il modo scelto per omaggiare certi modelli è tuttavia piuttosto singolare. Plant si è recato a New Orleans, dove ha trovato il modo di unire la propria ugola alla chitarra di Buddy Miller, un nome molto noto tra gli appassionati di country di ricerca, e ad un gruppo di turnisti esperti appartenenti alla medesima area musicale, puntando ad una selezione di brani significativi, ma oggi sconosciuti ai più, della tradizione folk, r'n'b e gospel che riportano alle radici pre-rock della musica popolare di estrazione americana elaborando ciò che è accaduto in questi settori tra gli anni 50 e gli anni 90. Chitarre sature, ma nel modo in cui possono esserlo in questi settori, ampli valvolari, mandolino, banjo, voci sussurrate, misurate, approccio già più che evidente in Angel Dance (Los Lobos), sempre contenuta e misurata, e scelta per il traino dell'album. Il tutto a dare una impressione finale piuttosto strana, sospesa, quasi liquida, distaccata ed oscura, che trova la sua espressione più riuscita in due pezzi dei Low, ossia Silver Rider, che lo stesso autore ha definito pezzo in grado di ricordare certi gruppi che nella prima metà degli anni 90 incidevano sotto 4AD (ed a questo proposito possiamo citare i This Mortal Coil) ma anche la psichedelia dei 13th Floor Elevators. Un'atmosfera ulteriormente amplificata da Monkey, dove il lavoro di Miller e la sua influenza pesante sul risultato finale vengono fuori prepotentemente.
Poi in ordine di apparizione House Of Cards di Richard Thompson, resa quasi goticheggiante; Central two-o-nine riporta alla mente tempi lontani; più canonicamente folk You Can't Buy My Love (di Barbara Lynn), con il basso molto in evidenza, e Falling In Love Again (Kelly Bros), questa riarrangiata in chiave semi-gospel; quindi The Only Sound That Matters dei Milton Mapes introduce una certa vena soul. Si prosegue con Harm's Swift Way, poco conosciuta canzone di Van Zandt, la nota straziante dell'album. Tuttavia le vere chicche sono la conclusiva Even This Shall Pass Away, trasposizione musicale di The King's Ray, poesia del 19° secolo di Thedore Tildon, e prima ancora Satan, Your Kingdome Must Come Down, un gospel risalente anch'esso al 19° secolo al pari di Cindy, I'll Merry You One Day. Come dicevo però è soprattutto Satan, Your Kingdome Must Come Down a stupire, sia per la resa acustica, per la scelta ricercata, e, perché no, anche per il testo lontanissimo da certe cose e certi retroscena dei tempi dei Led Zeppelin.
Un disco di cover che cover più non sono, tanto sono rese paludose ed a tratti ossianiche, che centra il bersaglio grosso, (ri)consegnandoci un Robert Plant credibile, lontano dagli Zeppelin e parimenti vicino concettualmente a Led Zeppelin IV, con un disco in bianco e nero, cinematografico, che procede per fotogrammi e che non contiene praticamente nulla che riporti direttamente all'hard rock e tantomeno al metal, ma che trovo molto più riuscito di certe uscite appartenenti ai due settori appena citati. In definitiva non ci voleva poi molto a fare un bel disco: una grande classe, voglia di ricercare le radici in mainera personale, e coscienza dei propri limiti attuali. Un plauso a Plant per aver rispettato questi parametri, non tutti hanno l'umiltà di farlo.
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10
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Per me una carriera solistica non deve per niente seguire la scia intrapresa con il gruppo di partenza, deve rispecchiare i tuoi personali gusti musicali, qualunque essi siano (non come Serji che non ha fatto altro che riproporre i System). Disco ben fatto e interessante, 85 meritato! |
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9
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Grandissimo disco che spazia tra il folk, il country e l'alternative addirittura (Monkey). Plant è vero, non urla come una volta, ma la sua voce rimane comunque molto emozionante e trascinante. Consigliato 85 |
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8
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E' semplicemente favoloso... |
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7
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Intendevo degli album precedenti a qeusto |
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6
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Me lo procurerò sono molto curioso! |
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5
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Ho preso il disco con la Krauss...è davvero un bel lavoro, gestito bene e di bella musica...Plant è sempre uno dei più grandi interpreti musicali che la scena possa offrire...certo, ha cambiato, per ovvie necessità, la direzione compositiva ed interpretativa dato ciò che la sua residua voce può offrire. Meglio così che fare i pagliacci per il sacro dio denaro, come Ozzy, per dire... |
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4
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Dipende...ne farai di nuovi a breve? |
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3
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Verranno recensiti altri album di Robert Plant ? |
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2
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Meglio che continuare a fare quello che faceva con i Led Zeppelin.I Led sono morti con Bonham, Plant ha fatto bene ha intraprendere strade alternative.Senza diventare l'imitatore di se stesso. |
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1
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decotto... il disco con la Krauss per quanto bello, ha evidenziato quanto resta delle sue potenzialità . Intonazione, bella e particolare voce ma irrimediabilmente persa nelle sue corde migliori. Continui pure con il country... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Angel Dance 2. House of Cards 3. Central Two-o-Nine 4. Silver Rider 5. You can’t buy my Love 6. Falling in Love Again 7. The Only Sound that Matters 8. Monkey 9. Cindy, I’ll Marry You One Day 10. Harm’s Swift Way 11. Satan Your Kingdom Must Come Down 12. Even This Shall Pass Away
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Line Up
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Robert Plant - Vocals Buddy Miller - Guitar Patty Griffin - Vocals Darrell Scott - Guitar, Mandolino, Banjo, Pedal SteelByron House - Bass Marco Giovino - Drums
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