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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Stratosphere - Fire Flight
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( 2706 letture )
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Gli Stratosphere sono un quintetto sagace e abile a mixare symphonic progressive e melodic rock con una formula che vi lascerà senza parole! Questo ci dice, in sintesi, il claim coniato dalla loro casa discografica, tanto fiera ed orgogliosa di averli in roster. Accipicchia o "azzarola", a scelta. Vale anche tric e trac e bumbe a man. Quindi, da un lancio pubblicitario di questo tipo, cosa è lecito attendersi? Beh, almeno pezzi ottimi magari al limite del favoloso. Insomma, lasciare "speechless" gli ascoltatori, come da comunicato stampa della Escape Music, dovrebbe essere sinonimo di efficace prodotto condito da immani pezzi, invece, vi assicuro, non è così. E dico purtroppo, perché i numeri questi cinque scandinavi di Svezia li hanno eccome, viceversa riescono nell’intento di lasciarmi muto per la totale mancanza d’invenzione e l’impossibilità di scrivere qualcosa di originale che non sia pesantemente già udito. Troppi clichè, troppe atmosfere ipersfruttate, scansioni di note stereotipate che solo un ominide proveniente dal centro della terra, e parlo di abitante del metallo liquido che pullula sotto la crosta terrestre, potrebbe definirli autentici e geniali. Parecchio Malmsteen, una sferzata corposa di Stratovarius, un pizzico di Europe e Pretty Maids e il gioco è fatto. Siano pezzi veloci, rallentati, lenti o attacchi al calor bianco, ecco lì lo spettro del vichingo che ama le Ferrari e Paganini rispuntare fuori; il monicker della band, per completezza del discorso, è preso da una track degli Stratovarius stessi (album Episode del ‘96, traccia otto). Insomma si tratta solo di pura casualità? A mio parere no, e vi spiego anche il perché. Pur accessoriati di un cantante bravo, bravissimo, come Goran Edman (Malmsteen, guarda caso, John Norum e Brazen Abbot tra i tanti) e il virtuoso Jeppe Lund alle keyboards, con il resto del combo non da meno, la noia che aleggia su questo Fire Flight non viene mai scalfita da partiture con una parvenza di fresca eccitazione musicale. Jeppe Lund, grande fan del symphonic rock ha pensato bene di unire le forze con Edman, e tutto ciò va benissimo, ma produrre musica clone a chi giova? Insomma, cui prodest? Da fonte ufficiale apprendiamo che sotto una sezione ritmica che pesta duro si affaccia il guitar-man Jonas Larsen, il quale si rifà ampiamente a canoni sperimentati da Richie Blackmore e soprattutto da Yngwie Malmsteen (arieccolo). Ma allora a che gioco giochiamo?
Mixato e masterizzato da Martin Kronlund ai JM Recording Studio di Goteborg, questo Fire Flight ha, sì, un buon sound, ma si capisce subito dove andrà a parare dopo i primi cinque secondi di play. Russian Summer appare come un outtake del lungocrinito Yngwie e la voce di Edman ci confermerebbe tutto ciò (a proposito, proprio il suddetto singer pare essere il preferito dello stesso chitarrista che usa tasti scalloped sulla sua Stratocaster. Parola d’onore, lo giuro sull’Ikea!). Goran Edman è un cantante molto dotato, ma. Insomma tanti ma si affollano tra i solchi, troppi. The Battle Within e Rendezvous sono al limite della scopiazzatura professionista, con sfuriate chitarristiche e quant’altro, le tastiere vengono usate in tutto e per tutto come accade nell’intera discografia di un certo Yngwie J. e di certi finnici a nome (indovinate?) Stratovarius. Il flavour è lampante, non si scappa nemmeno di un decino. L’unica parvenza di originalità affiora nel pezzo sette, China Girl, il cui inizio travasa hard rock su di una struttura anomala e piacevole, un miracolo la voce di Edman che non ara sentieri già battuti: gorgheggi tirati ma con un’espressività fuori dai canoni, peccato che subito dopo il retrogusto malmsteeniano tracimi e anneghi tutto ciò che di buono era stato edificato. La title track che pone termine al lavoro è un colpo al cuore: una chitarra, che inizialmente strappa brandelli di pathos apparendo meno comune, inevitabilmente con il trascorrere dei secondi cade quasi nella querela per plagio; la distorsione sabbiosa però è eccellente. Se questo lavoro deve essere: The way for a new Scandinavian Band, come da note dell’etichetta, in tutta sincerità, stiamo messi davvero male. Capiamoci, io non cerco l’originalità a tutti costi, ma chiedersi che senso ha un progetto del genere è doveroso. Qui siamo davvero alla contraffazione, non di borsette o jeans, ma di qualcosa che dovrebbe scaturire dall’ingegno e dal talento: la musica. E tutto ciò, a parer mio, è inaccettabile. Con tante band ottime che la Svezia ha sfornato negli ultimi anni, non fatemi ripetere i nomi perché già li conoscete, questi Stratosphere meritano molto poco. In un album, l’arte e l’inventiva sono basilari altrimenti si va al cinema, allo stadio, in una pinacoteca, si legge un libro o ci si vede un dvd. In fondo, dopo tante ispirazioni acchiappate sotto il cielo illuminato (si fa per dire) dal sole di mezzanotte da altri ensemble, in questo album non c’è molto per cui gioire. Ben registrato, ben prodotto, certo, ma lo stile musicale presente è caldamente adatto e consigliato, in esclusiva, ai fans in crisi d’astinenza da Stratovarius e Yngwie; per gli altri ci sono tante altre belle cose. E se proprio volete fare un atto di coraggio, rintracciate gli originali, quelli veri. Le copie delle copie io non le ho mai rette.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Russian Summer 02. The Battle Within 03. Enemy Of My Soul 04. Street Of Moscow 05. Rendezvous 06. Shining Star 07. China Girl 08. Princess Of The Night 09. VIP 10. Fire Flight
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Line Up
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Goran Edman - Vocals Jonas Larsen - Guitar Jeppe Lund - Keyboards Anders Borre Mathieson - Bass Guitar Jim McCarty - Drums
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RECENSIONI |
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