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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Ulver - Themes From William Blake’s The Marriage Of Heaven and Hell
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( 9427 letture )
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SAGGIO SULL'ERMETISMO Che gli Ulver avessero mostrato la loro mutabilità nella prima "trilogia pagana", questo lo avevamo già visto. Quello che però stavano attuando durante il 1998 non era ancora molto chiaro a tutti. Il definitivo accantonamento del black metal (definito da Garm “un genere con il quale aveva già manifestato tutti i suoi istinti più adolescenziali”) con il definitivo ingresso nel mondo delle avanguardie sonore, non era altro che uno scandalo per i fan più puristi, un raggio di sole per quelli più open-minded ed un terno al lotto per chi seguiva da sempre questi generi "alternativi" ed era incappato nel debutto di questi ex-metallari (potenzialmente giudicabile pretenzioso e confusionario). Themes From William Blake's The Marriage Of Heaven and Hell non è solo il primo tassello degli Ulver verso una carriera sperimentale coi fiocchi, ma è anche uno dei rari casi di cambio repentino di genere musicale nel metal estremo di quegli anni (un precedente collegato è ovviamente La Masquerade Infernale degli Arcturus che registra, non a caso, la presenza di Garm). Ulteriore spinta verso la novità è data da Tore Ylwizaker, neo-membro della band ed autore di quasi tutte le architetture sonore elettroniche dell'album (e di quelli a venire).
DIPARTITA DALL'INFERNO La titanica impresa degli Ulver è quella di musicare il poema di William Blake Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno; è la trasposizione auditiva di un'esperienza mistica, simbolica ed ermetica per descrivere la suadente dualità del Paradiso e dell'Inferno, fatta ormai da loop, overdub, synth, chitarre distorte e drum-machine; il tutto sapientemente dosato e smistàto in questo Stige sonoro. Le influenze per comporre l'album appaiono per la prima volta estranee al mondo metal. Non si guarda più ai padri dell'heavy o del thrash modificandone i connotati, ma ci si riferisce agli avi della sperimentazione mondiale: Brian Eno, Robert Fripp, i Japan... Massive Attack, Tricky e Aphex Twin sono i nuovi modelli di ispirazione, Howie B e Nellee Hooper i nuovi guru dei sintetizzatori analogici. D'altronde, prendendo da Giuseppe Ungaretti, il tema centrale di Blake è quello della libertà dell'uomo dalle leggi. E gli Ulver hanno perfettamente mutato la loro licantropìa verso questa direzione, liberandosi dalle catene del black metal e dai codici della scontata e dovuta attendibilità.
ASCESA VERSO IL PARADISO La traccia d'apertura The Argument [Plate 2] è il pugno in faccia a tutti quelli che si aspettano un Nattens Madrigal parte 2, o –quantomeno- un ritorno a sonorità simili a quelle di Bergtatt. Invece il (post)metal dalle caratteristiche industriali di quel periodo lascia spazio sia alle chitarre distorte, sia al noise, mentre i cori di Garm si liberano in tutto il loro spettro, in un prisma di oscuro progressive-rock. La calma oscurità di Plate 3 è declamata dall'angelica voce di Stine Grytøyr (protagonista femminile di tutto il disco), accompagnata da cacofoniche e candenzate chitarre che si affacciano alla tradizione darkwave dei Dead Can Dance. La gamma vocale di Garm non si limita solo al cantato, anzi, le prove di strofe parlate sono molteplici, come in Voice Of The Devil, traccia in cui la recitazione poetica incontra la drum'n'bass, i deliri noise-rock e le rumoristiche industrial. L'unica estrapolazione dal passato della musica degli Ulver coincide con Plates 5-6, dove la chitarra classica emette gli stessi fraseggi folk di Kveldssanger, su un sottofondo dominato dalle stravaganze sonore dei cantanti. Con A Memorable Fancy [Plates 6-7] e con Proverbs Of Hell [Plates 7-10] ci troviamo pienamente immersi nella qualità più alta dell'album: prima l'industrial tribale alla Nine Inch Nails, corredato da voci filtrate, drum-machine e assoli di chitarra campionati; poi le parti più atmosferiche, che collegano una song all'altra: queste vengono direttamente dal trip-hop di Blue Lines e di Maxinquaye. Proverbs Of Hell spolvera addirittura l'hip-hop ed il breakbeat, martellato continuamente dalle ritmiche drum'n'bass e dai crescendo vocali semplicemente entusiasmanti. In mezzo alle caotiche scìe elettro-infernali, c'è sempre spazio per i cantici più celestiali: Plate 11 sfrutta l'eterea ugola di Stine per ri-aggrapparsi agli esempi dub e downtempo dei Thievery Corporation, dando così vita ad un astratto elettro-dub, un po' jazzato e un po' elettronico. Passati gli attimi finali di delirio math e industrial dell'Intro che precede a Memorable Fancy [Plates 12-13], le atmosfere più dark del trip-hop tornano ad avvolgere l’ascoltatore, mentre Garm presta la sua voce robotica al profeta Ezechiele in un lungo gioco di breakbeat e poi di puro elettro-noise (Plate 14). Verranno poi riproposte nella björkiana (leggasi Army Of Me) Plates 16-17.
È così che il primo disco di questo concept si conclude: in modo perfettamente organico (perfino nella sua eterodossia) e variegato. Con il secondo, le atmosfere si fanno decisamente più pesanti, sia nel senso del suono, sia nel senso dell'assimilazione. La voglia di estremizzare i toni si traduce con la voglia di citare Tool e Nine Inch Nails nell'esempio elettro-metal di A Memorable Fancy [Plates 17-20]: le chitarre si fanno durissime, così come la parte industrial, intanto che Garm recita il suo sermone sempre in modo incantevole e coinvolgente. Un solo Intro dal malinconico sapore anni '80 si interpone fra questo lungo brano ed il successivo Plates 21-22 (capolavoro della seconda parte): ancora una volta la matrice trip-hop viene distorta ed amplificata, facendo perdere quella sensazione di torpore a favore di un disagevole ed epidermico freddo. Mentre le virtuose chitarre elettriche vengono sommerse dai campionamenti jungle e dalle sovrapposizioni vocali (A Memorable Fancy [Plates 22-24]), altrettante chitarre acustiche sembrano avere la meglio su una più soft-base elettronica nel successivo Intro. La traccia conclusiva, A Song Of Liberty (che non fa parte del Matrimonio del Cielo e dell'Inferno ma dei Canti dell'Innocenza e dell'Esperienza), è una sorta di testamento sonoro che racchiude riff post-black, violente ritmiche drum'n'bass e synth futuristici che si lasciano trasportare dall'eloquenza delle parole di Ihsahn, Samoth e Fenriz (ospiti d'onore in questo brano).
IL MATRIMONIO SI È CELEBRATO In definitiva, questo è un album molto complesso e molto lungo (100 minuti che, togliendo la coda dell’ultima canzone -fatta di solo silenzio-, diventano 80), che va gustato come fosse la colonna sonora del poema di Blake. Gli Ulver si sono rivelati degli ambiziosi ma perfetti compositori; e sebbene, Themes, possa anche rimanere in secondo piano -unicamente se comparato e contestualizzato ai capolavori elettronici, suoi contemporanei- riascoltandolo dopo 10 anni dal suo concepimento, riesce ancora a far emergere esempi di un'attuale e invidiabile creatività. Anche i momenti di "nulla", i momenti d'ambiente che picchettano il concept ogni tanto, riescono a far ripianare i piatti della bilancia, che –altrimenti- si piegherebbero verso un troppo affrettato esito.
Personalmente, ritengo che Themes From William Blake's The Marriage Of Heaven and Hell sia il capolavoro degli Ulver “nuova-era”. I lupi non si sono fatti scrupoli nel cimentarsi in un complesso (e forse eccessivo) esperimento sonoro, ma d'altro canto La via dell'eccesso conduce al palazzo della saggezza… e anche se non immediatamente, questa saggezza è stata riconosciuta in modo univoco in tutto il mondo. Parafrasando Thomas Eliot su Blake (La poesia di Blake ha la sgradevolezza della grande poesia) io vi dico: la musica degli Ulver ha la sgradevolezza della Grande Musica.
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VOTO LETTORI
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85.54 su 101 voti [
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9
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discone . Un album importante per le sperimentazioni sonore del triennio 1997-1999 . Cisono i podromi di albums come Host dei Paradise Lost. |
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8
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Uno dei loro capolavori |
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7
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Una dark opera intellettuale dai risultati stupefacenti. 85 |
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6
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La poesia scritta di Blake trasformata in poesia musicale...92 |
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Disco molto difficile e che ho tralasciato finora.A tratti può essere ritenuto prolisso ma sto comumque cercando di apprezzarlo. |
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4
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Il mio preferito insieme a Bergtatt, A Song of Liberty è un capolavoro nel capolavoro. 90 anche per me. |
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3
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Ottima recensione per un disco che amo alla follia |
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2
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@Moro: come sempre una recensione approfondita e molto interessante, complimenti@Nikolas: hai proprio ragione, io rimasi sconvolto ed ancora oggi è in assoluto uno dei miei album preferiti. |
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1
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Non posso che concordare, uno dei dischi che piu' amo degli Ulver, con la sola The Voice Of The Devil che per me vale piu' di mille parole. Un disco che effettivamente deve aver scoinvolto non poco chi lo ascoltò appena uscito... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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Disc 1 1. The Argument [Plate 2] 2. Plate 3 3. Plate 3 - Following 4. The Voice Of The Devil [Plate 4] 5. Plates 5-6 6. A Memorable Fancy [Plates 6-7] 7. Proverbs Of Hell [Plates 7-10] 8. Plate 11 9. Intro 10. A Memorable Fancy [Plates 12-13] 11. Plate 14 12. A Memorable Fancy [Plate 15] 13. Plates 16-17
Disc 2 1. A Memorable Fancy [Plates 17-20] 2. Intro 3. Plates 21-22 4. A Memorable Fancy [Plates 22-24] 5. Intro 6. A Song Of Liberty [Plates 25-27]
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Line Up
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Trickster G. - vocals Tore Ylwizaker - Programming & keyboards Håvard Jørgensen - Guitars E. Lancelot - Drums Hugh Steven James Mingay - Bass Knut Magne Valle - Cables, wires, & sounds Stine Grytøyr - Vocals Falch - Vinyl Scratching
Ihsahn - Guest vocals on "A Song Of Liberty" Samoth - Guest vocals on "A Song Of Liberty" Fenriz - Guest vocals on "A Song Of Liberty"
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