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Star One - Victims of the Modern Age
( 3667 letture )
Arjen Lucassen si è dimostrato nel corso degli anni un personaggio certamente poliedrico e versatile: il musicista olandese, infatti, oltre agli Ayreon, il monicker che gli ha conferito maggior fama e successo, si è cimentato in diversi altri progetti, da ultimo con i Guilt Machine. Prima di ritornare alla sua band principale, Lucassen ha pensato bene di riprendere il discorso con gli Star One, un monicker che sembrava ormai essere stato messo definitivamente da parte, dopo uno studio album del 2002 ed un live dell'anno successivo. Questo progetto, come già sembrava alludere il titolo del disco d'esordio, Space Metal, si proponeva di riprendere un genere affascinante come lo space rock, indurendo però decisamente i suoni, in modo da ottenere un genere differente, appunto lo "space metal". Un'intuizione dunque molto interessante, che mirava a consolidare questo connubio tra metal e space rock: un'idea i cui prodromi partivano da lontano e interessanti sviluppi c'erano già stati ad esempio con i Darkstar, un progetto a cui Dan Rock si dedicò per qualche tempo dopo lo scioglimento degli Psychotic Waltz. Lucassen aveva già avuto modo comunque di approfondire queste sonorità proprio con gli Ayreon, specialmente con i due album Universal Migrator (The Dream Sequencer e Flight of the Migrator), due dischi "gemelli" usciti in contemporanea nel 2000, che univano ad atmosfere "spaziali" una struttura di chiaro stampo progressive metal (in effetti più il secondo del primo, tendenzialmente più melodico). Tornando con gli Star One, Lucassen propende anzitutto per indurire ulteriormente i suoni rispetto all'album di debutto, amplificando dunque il lato metal nel sound della band. Da questa scelta, deriva all'atto pratico un ulteriore esperimento: nell'album in parola, infatti, Lucassen ha altresì ritenuto opportuno diversificare e raffinare le sonorità con strumenti come hammond, mellotron, mini-moog o tastiere dal sapore lisergico, che si sono venuti a trovare di fatto fianco a fianco con riffs di chitarra massicci ed aggressivi. Tale accostamento non è sempre del tutto convincente, tanto che, quello che doveva risultare come uno dei punti di forza dell'album, finisce per essere invece il suo tallone d'Achille: non a caso, i brani meglio riusciti sembrano essere proprio quelli maggiormente incentrati sulle tastiere (ad esempio 24 Hours e Cassandra Complex), dove i riffs di chitarra sono meno aggressivi e viene dato maggiore spazio alle atmosfere ed alla melodia.

La line up non è molto dissimile da quella dei precedenti dischi: Lucassen si occupa delle tastiere e delle chitarre, ad eccezione degli assoli che vengono eseguiti, rispettivamente, da Joost van den Broek e da Gary Wehrkamp degli Shadow Gallery. Ottima la sezione ritmica, dove ritroviamo Ed Warby alla batteria e Peter Vink (già presente nel live del 2003) al basso, ma si può dire che l'autentico valore aggiunto del disco sia rappresentato dai cantanti coinvolti, che vengono tutti confermati (ad eccezione del solo Robert Seterboek): Russell Allen (Symphony X), Damian Wilson (Threshold), Dan Swano (Nightingale, Bloodbath, Edge of Sanity e molti altri) e Floor Jansen (ReVamp, ex After Forever), infatti, si rendono tutti interpreti di performance eccellenti, riuscendo a conferire, ciascuno con il proprio stile, delle prove particolarmente intense ed espressive.

L'album si apre con una breve intro strumentale, Down the Rabbit Hole, alla quale segue subito un brano aggressivo come Digital Rain. Le altre tracce si mantengono perlopiù su analoghe coordinate stilistiche: abbiamo già avuto modo sopra di precisare quali siano le caratteristiche principali del sound di questo lavoro. Ci soffermiamo perciò brevemente solo sulle già citate 24 Hours e Cassandra Complex: la prima, è una traccia molto varia ed articolata, nella quale gli Star One riescono ad esprimere al meglio tutte loro caratteristiche e i cantanti si rendono autori di interpretazioni da brividi; la seconda, è una canzone briosa e vivace, che predilige delle atmosfere più solari rispetto agli altri brani dell'album e che, oltre ad essere dotata di un bel refrain, lascia intravedere alcuni passaggi carichi di groove di panteriana memoria. Merita una menzione speciale pure It all ends here, un brano dalla struttura progressiva della durata di quasi dieci minuti: un pezzo maestoso, intenso e coinvolgente, che trova il suo culmine in un emozionante assolo carico di feeling, con tappeti di tastiere dal sapore pink-floydiano. La versione in nostro possesso si chiude con questo brano, ma è doveroso segnalare come esista anche un'edizione comprendente un bonus disc con quattro ulteriori inediti, una cover degli Emerson Lake & Palmer ed una traccia video riguardante il making of del disco. Tra gli altri ospiti presenti nel bonus disc si segnala in modo particolare la partecipazione dell'ex Black Sabbath Tony Martin.

Valeva dunque la pena che Lucassen riprendesse questo progetto e, in termini d'incisività e di impatto, sarebbe anzi preferibile che non facesse trascorrere così tanto tempo tra un lavoro e l'altro. Un disco che comunque piacerà sicuramente ai fans del musicista olandese e che, più in generale, non dovrebbe dispiacere a chi ama il metal prog.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
61.02 su 40 voti [ VOTA]
Claudio
Lunedì 2 Marzo 2020, 22.13.39
10
Discone!!!! Lucassen e’ sempre una garanzia
Metal Shock
Lunedì 17 Ottobre 2016, 13.41.08
9
Questo album e` la continuazione del primo magnifico Star One, un capolavoro (aahhhh la recensione, e due, eheh) da 100 tondo per me. Invero un po` mi deluse, perche` inferiore all`altro disco, ma fare meglio od uguale era difficile. Forse si tratta di un lavoro piu` metal dell`altro, ma ovviamente le parti cantate, con questi mostri al microfono, sono in punto forte del lavoro. Io comunque gli darei 80, e procuratevi il debutto Star One!!!!
daniele
Domenica 23 Gennaio 2011, 0.30.04
8
Il mio idolo è tornato,sono contento. Per me il voto è basso,ma non faccio testo,visto che adoro tutto quello che suona. Voto 99,perchè è il massimo che si può dare.
Zarathustra
Giovedì 11 Novembre 2010, 12.17.43
7
Giusta la frase finale, "non dovrebbe dispiacere", e poco più aggiungo. Resto dell'idea che il periodo dei capolavori sia finito per Lucassen, che resta comunque un ottimo scrittore prog metal.
Broken Dream
Lunedì 8 Novembre 2010, 23.15.27
6
Ottimo, uno dei migliori prog metal album dell'anno.
ixo
Domenica 7 Novembre 2010, 11.00.24
5
bello, bello, bello
ayreon
Sabato 6 Novembre 2010, 19.39.06
4
un genio di cui si parla sempre poco.dal magnifico "Final experiment" praticamente non ha mai sbagliato un colpo,invidio chi se lo è visto nel tour di Star one,io lo conobbi al concerto degli Stream of passion,finito il set fu subito disponibile a foto e autografi.
mollusk
Sabato 6 Novembre 2010, 18.27.34
3
bello, bello, bello
Paolo
Sabato 6 Novembre 2010, 15.44.35
2
Bello,bello,bello
ayreon
Sabato 6 Novembre 2010, 15.22.52
1
ma come,in pochi anni ha fatto iil doppio "01011...",il side project Guilt machine,ha avuto anche problemi familiari,che vogliamo di più da uno come lui ? Sentitevi solo come riesce a far dare il meglio di se da gente come Allen(magnifico in questo disco) ,Wilson, Gildenlow,Swano.Io gli avrei già fatto un monumento a sir Arjen
INFORMAZIONI
2010
Inside Out
Prog Metal
Tracklist
1. Down The Rabbit Hole
2. Digital Rain
3. Earth That Was
4. Victim Of The Modern Age
5. Human See, Human Do
6. 24 Hours
7. Cassandra Complex
8. It's Alive, She's Alive, We're Alive
9. It All Ends Here
Line Up
Arjen Anthony Lucassen (guitars, hammond, mellotron, minimoog, solina strings)
Ed Warby (drums)
Peter Vink (bass)
Joost van den Broek (keyboard solos)
Gary Wehrkamp (guitar solos)
Russell Allen (vocals)
Damian Wilson (vocals)
Dan Swanö (vocals)
Floor Jansen (vocals)


Link e Contatti:
Star One @MySpace
 
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