Francamente sembra che ultimamente i leggendari Darkthrone stiano avendo risultati piuttosto altalenanti: se Ravishing Grimness segnava il ritorno ad ottimi livelli del gruppo norvegese, il successivo Plaguewielder segnava un punto piuttosto basso della loro carriera; l'anno scorso era però uscito l'ottimo Hate Them, e adesso di nuovo sul saliscendi, a causa di una sterzata verso le origini antiche del black metal, ovvero il punk!
Non fraintendetemi, i Darkthrone non sono diventati i novelli Sex Pistols, ma, come loro stessi hanno ammesso in recenti interviste, per questo disco hanno voluto inserire delle influenze punk nel loro classico sound black, per sentirsi un po' più liberi di comporre rispetto ai classici clichè passati; ovviamente i Darkthrone, per merito di una carriera gloriosa, sono liberissimi di suonare quello che sentono dentro di se, che sia il classico black norvegese (quello che hanno pesantemente contribuito a formare), o altro; dovrebbero però capire se effettivamente i loro brani siano poi all'altezza del nome che portano, e sfortunatamente, almeno in alcuni casi, ci sono, almeno a mio parere, delle grosse cadute di tono.
Intendiamoci, il disco non e' certo brutto, i Darkthrone sono sempre quelli che tutti noi adoriamo, e gli elementi che hanno contribuito a renderli immortali ci sono tutti (anzi, la voce di Nocturno Culto sembra ancora più demoniaca del solito!), ma in questo disco il duo norvegese sembra piuttosto indeciso su che direzione prendere, dividendosi tra influenze appunto più punk (Sjakk Matt Jesu Krist, Hate Is The Law), accelerazioni in stile black svedese alla Marduk-Dark Funeral (Information Wants To Be Syndicated) e pezzi più classici (Alle Gegen Alle, Rawness Obsolete), senza contare una intro dark-ambient anonima, decisamente noiosa e troppo lunga (oltre due minuti).
Il problema e' che il songwriting fa cilecca: non c'e' nessuna perla, nessun brano che riesca a comunicare l'essenza nera presente nel cuore e nella mente di Fenriz e Nocturno Culto, anzi, i due norvegesi sembrano quasi svogliati, appesantiti e sforzati, nel suonare questi nove brani.
I Darkthrone ci hanno da sempre abituati ad essere molto rapidi nella composizione e registrazione dei loro album (dieci album in quattordici anni), quindi non li si può certo accusare di aver fatto le cose troppo in fretta, e questo, se vogliamo, è un punto a loro sfavore, perché vuol proprio dire che la band non era completamente ispirata, nel comporre Sardonic Wrath. Nonostante ciò il disco non e' certo insufficiente, e se adorate i Darkthrone, non faticherete ad apprezzare anche questo disco, almeno in parte: forse sono io che mi aspettavo qualche scintilla in più del genio nero che da sempre contraddistingue il duo norvegese, forse mi aspettavo troppo, o forse non ho capito il disco, con le sue influenze che lo rendono leggermente diverso dal solito. Sia come sia, questi non sono, a mio parere, i migliori Darkthrone possibili (che forse non torneranno più).
Apprezzando comunque la loro voglia di suonare esattamente quello che LORO vogliono suonare, e li saluto in attesa di un prossimo album che, ne sono sicuro, risplenderà di luce nera.
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