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Skalmold - Baldur
( 5169 letture )
Gli Skálmöld mi hanno incuriosito sin da appena “scoperti”: la foto promozionale che si trova nel web porta a pensare a una band di heavy metal o qualcosa di moderno molto lontano dai miei gusti musicali (tutte quelle cose che finiscono per “core”), distanti quindi dall’immagine ormai classica delle giovani bands folk/viking di presentarsi con spadoni, elmi, corni pieni di birra e altri clichč che tutti noi tanto amiamo, ma che sinceramente spesso sanno un po’ troppo di buffonata. Foto che quindi contrasta con l’album Baldur, cinquanta minuti colmi di tradizione viking e richiami al folk della loro terra natia, l’Islanda. Il tempo di un demo contenente solamente due pezzi che ecco la Tutl, etichetta faroese dall’occhio lungo, giŕ label degli Heljareyga, side project del leader dei Tyr Heri Joensen, li mette sotto contratto.

I tre minuti di Heima, opener del disco, fanno venire i brividi alla schiena: quel che sembra essere una ninna nanna (con tanto di bambini piangenti e cigolio del pavimento in legno) si trasforma in un imponente coro maschile, elegante e maestoso. La seguente Árás puň esser vista come la canzone manifesto degli Skálmöld in quanto contiene, nei sei minuti di durata, tutte le caratteristiche – e le qualitŕ – che mi hanno portato a recensire il cd in questione: all’ottimo ritmo incalzante si contrappone un possente coro che ben si alterna al growl del singer Björgvin Sigurđsson, in un susseguirsi vincente di riff chitarristici e assoli di pregevole fattura. La successiva Sorg č introdotta da suoni acustici prima di esplodere in un pachidermico mid-tempo che vede nei cori l’elemento principale. Una bella botta di adrenalina arriva da Upprisa: ritmo feroce e vocals aggressive per quella che č la canzone maggiormente influenzata dalla scena nord europea anni ’90. Molto intenso lo stacco a metŕ canzone in cui la tastiera liturgica ricorda i migliori Windir (quelli di Arntor e 1184, per intenderci) e la marcetta di rullante, con l’aggiunta di voci a metŕ tra il cantato e il recitato, evocano immagini di rinascita dopo (l’apparente) morte invernale. Un gioiellino – il break – dalla durata di circa due minuti da ascoltare e assorbire per poi lasciarsi trasportare dalle emozioni. För č probabilmente il brano piů debole di Baldur, interessante solamente nel chorus catchy e nello stacco “ignorante” – e molto metalcore – a circa metŕ del timing. Un’allegra melodia folk avvia gli oltre otto minuti di Kvađning, inizialmente un mid-tempo quasi da festa pagana nonostante il growl del furioso cantante. Da segnalare la bella parte verso tre quarti di canzone con l’intreccio di chitarre alla Iron Maiden versione extreme metal. A Hefnd non basta il buon tiro che la caratterizza per farla risaltare rispetto alle altre sorelle di Baldur, persa tra intrecci simil In Flames - di tanti (troppi?) dischi fa - e riff decisamente trascurabili. Una melodia che ricorda i gloriosi Windir introduce Dauđi, uno dei brani meglio riusciti del disco. La strofa trasuda epicitŕ e “cresce” dopo il lungo assolo di chitarra, aumentando d’intensitŕ a ogni ripetizione fino al termine del brano, dove la melodia windiriana torna come a chiudere il cerchio aperto pochi minuti prima. L’ultima composizione di Baldur č Vallhöl, canzone che ricorda da vicino i Tyr per via delle melodie nordiche utilizzate e l’utilizzo dei cori. I riff semplici sono un ottimo supporto alle linee vocali, mentre gli assoli di chitarra conducono nuovamente al coro iniziale, ora sorretto dalla sezione ritmica e dalle tre chitarre della line-up: un esaltante finale di canzone e album.

Note positive ce ne sono quindi piů di una: al songwriting maturo e personale, nonostante la band si sia formata appena nel 2009, si aggiunge la produzione curata da Flex Árnason che risulta di buon livello. Dal punto di vista tecnico la sezione ritmica svolge un lavoro semplice e massiccio donando ai brani compattezza; di gusto le linee vocali e il growl di Sigurđsson, mentre sono davvero eccellenti gli assoli delle chitarre: Baldur Ragnarsson e ţráinn Árni Baldvinsson sciorinano note su note dal sapore classicheggiante con buona tecnica e soprattutto non risultando in alcun brano “di troppo”. Bravi Skálmöld nel non aver paura di intraprendere fin dal primo disco una via personale e, come per gli assoli di chitarra, esplorando territori poco conosciuti nel mondo del viking metal. Da tenere d’occhio!



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
70.51 su 47 voti [ VOTA]
fabriziomagno
Sabato 2 Febbraio 2013, 23.09.22
4
piů lo ascolto e piů mi piace...!!!
mastro
Giovedě 19 Aprile 2012, 19.33.59
3
il metallo come dovrebbe essere,secondo la mia modestissima opinione. "peccato" per i testi in islandese,che non sono ancora riuscito a trovare in una traduzione valida. per il resto,visti dal vivo all'heidenfest,e spero di reincontrarli in futuroono di quei gruppi che ti mandano in aria un locale
Mattia
Mercoledě 23 Febbraio 2011, 22.39.44
2
bellissimo cd, ed i testi in islandese rendono ancora piů interessante il tutto.
Blackster
Mercoledě 23 Febbraio 2011, 21.48.33
1
Ottimo disco, l'unica cosa che dispiace č appunto la lingua dei testi ma dal punto di vista musicale sono piů che maturi.
INFORMAZIONI
2010
Tutl
Viking
Tracklist
1. Heima
2. Árás
3. Sorg
4. Upprisa
5. För
6. Draumur
7. Kvađning
8. Hefnd
9. Dauđi
10. Valhöll
Line Up
Björgvin Sigurđsson: voce, chitarra
Baldur Ragnarsson: chitarra
Ţráinn Árni Baldvinsson: chitarra
Snćbjörn Ragnarsson: basso
Gunnar Ben: tastiera
Jón Geir Jóhannsson: batteria
 
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