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25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
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( 3047 letture )
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Quarto album da studio per i gallesi Skindred, creatura di Benji Webbe, ex leader dei Dub War, Union Black si presenta confermando tutte le caratteristiche tipiche della band, ovverosia una musica che spazia tra nu metal, reggae, dub, fino ad arrivare al punk/hardcore. La band stessa definisce la propria musica Ragga-Metal -una proposta che stupisce, quindi, per l’estrema lontananza teorica esistente tra questi generi. Ovviamente, si tratta di un non-genere di difficile assimilazione, non tanto per la complessità della proposta che, superato l’iniziale smarrimento, in realtà rivela piuttosto chiaramente le varie fonti d’ispirazione e finanche un'eccessiva linearità compositiva. A rendere indigesta la proposta del gruppo è piuttosto la grande eterogeneità che, unita ad una qualità di songwriting piuttosto oscillante, finisce per stordire e far perdere interesse all’ascolto, allontanando l’attenzione più di quanto la musica coinvolga melodicamente e ritmicamente.
Il disco si apre con una Union Black, storpiatura dell’inno inglese God Save The Queen, che lascia quasi subito il passo al riff stordente di Warning, brano d’impatto e vera opener del disco, piuttosto palesemente influenzata da quanto proposto dai Soulfly. La band di Max Cavalera appare senza dubbio la principale fonte di ispirazione del gruppo gallese finché si resta nei territori nu metal, il che da un lato consente di incanalare su binari ormai consueti e conosciuti l’ascolto del disco, dall’altro lato rivela una certa carenza di ispirazione e novità nel songwriting. In questo senso, la band finisce per lasciare al solo leader Benji Webbe il compito di costituire quel qualcosa in più che consenta l’immediata identificazione e la personalizzazione della proposta. In effetti, si può dire che l’estro di Webbe e le sue notevoli qualità canore costituiscono l’elemento di maggior pregio del disco, confermandone la grande versatilità sia sui toni clean, particolarmente acuti e piacevoli (vagamente rimembranti quelli di Mike Patton su The Real Thing), ma anche sul growl piuttosto scuro e strozzato a cui il singer non rinuncia nei brani più duri. La commistione di generi permea tutte le canzoni del disco ed è tutt’altro che raro trovare loop industriali mischiati a riff pesantissimi di chiara matrice nu/groove, intervallati da refrain o linee melodiche tipiche del cantato reggae. Passaggi peraltro ottimamente gestiti anche dalla sezione ritmica, chiaramente debitrice nei confronti di maestri del tribalismo rock come Stephen Perkins (Jane’s Addiction e Porno For Pyros) ed Igor Cavalera. Altro tratto tipico ripreso da nu metal sono i ritornelli melodici a voce pulita, che fanno tanto Korn, con contorno di campionamenti e ritmiche industriali di chitarra. Tutto molto prevedibile in realtà e, in conclusione, piuttosto scontato. Di solito in questi casi, infatti, ci si attende se non altro una qualità di songwriting di livello superiore. Purtroppo per gli Skindred questa attesa resta fin troppo spesso delusa da canzoni che non riescono a lasciare il marchio e finiscono nel dimenticatoio appena terminate. I brani risultano, infatti, fin troppo involuti e privi di spunti realmente interessanti tanto che, dopo le buone Cut Dem e Living A Lie, il primo vero sussulto arriva solo con Guntalk, vero e proprio reggae con tutti i crismi, che poi evolve in un finale condotto dai loop e suoni midi. Verrebbe quasi voglia di consigliare al gruppo di insistere su questo terreno e lasciar perdere le tentazioni metal. Opinione peraltro subito confermata dalla successiva Own You, potentemente influenzata dai Korn e fin troppo scolastica nella sua alternanza di parti quasi rappate e riffoni che conducono all’inevitabile ritornello.
Essenzialmente, quello che manca ad Union Black sono composizioni all’altezza dell’ambizione della band: il disco è prevedibile e piuttosto deludente, indipendentemente dalla più che buona preparazione tecnica e dalle qualità indubbie del buon Webbe. Si attende inutilmente che tanto calderone di stili conduca a qualcosa di entusiasmante o anche solo inaspettato. Purtroppo, alla lunga l’anonimato riprende il controllo del platter, privandoci di ogni curiosità di ripetere l’ascolto se non per quei pochi episodi -principalmente concentrati nella seconda parte di disco- in cui un ritornello azzeccato fa capolino in mezzo alla mediocrità. Ma è comunque poca cosa rispetto al potenziale della band e della proposta stessa. Un’occasione persa. In questi casi si usava dire che il ragazzo è bravo, ma non si applica e si rimandava il tutto agli esami di riparazione di settembre. Attualmente si può solo consigliare l’ascolto ai curiosi.
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16
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se piacciono band che mischiano tutto e fanno capolino a band new metal crossover inglesi , come one minute silence , senser e altre poi eletroniche come asian dub fondation o piu idustrial noise come pichshifter , godflesh , fudge tunnel , sempre mischiando tuttto molto bene ecco il risultato, senza andare a scomodare band americane che hanno la loro influenza , ma fino ad un certo punto , sono band inglesi , dopotutto , incluso gli skindread, un consiglio al recensore , cerca di localizzare la musica a volte le influenze primarie sono quelle piu vicine , molto vario è il panorama inglese se si guarda bene , anche se non ha spopolato come quello americano in campo heavy negli anni 90/2000 |
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15
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Prendere tre o quattro generi diversi e mescolarli non vuol dire mica essere innovativi, e questi qui infatti non lo sono per niente. A tratti accattivante ma fondamentalmente banale e prevedibile. Mi trovo d'accordo con la recensione. |
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14
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io avevo "babylon" e la proposta della band la trovavo accattivante e, come ha detto qualcuno, simpatica. nulla di seriamente epocale, sia chiaro... la cosa migliore a mio avviso rimane la voce del buon benji webbe, con i suoi contorsionismi vocali che a tratti fanno anche sorridere... alla fine della fiera, se si hanno tutti i fondamentali e come dice bene il recensore, un gruppo di cui consigliarne l'ascolto ai curiosi. |
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io l'ho trovato piacevole. niente di eccezionale per carità, ma simpatico. come voto non saprei, un 69 forse. |
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12
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Bellissima conclusione Beh... secondo me il difetto oggettivo c'è: due banalità assieme non fanno innovazione e, in mancanza di innovazione, ci si attende un songwriting di livello superiore, che invece non c'è. Tanto che, salvi pochi episodi, il disco scorre via senza lasciare traccia. Almeno, per me! Grazie del piacevole scambio |
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11
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Ma anche con premesse diverse, credo che fondamentalmente sia tutta una questione d'impostazione iniziale alla critica, perché di difetti oggettivi (tipo, che ne so, la produzione di St. Anger piuttosto che l'inconcludenza di See You On The Other Side, per restare nel genere) in questo disco io continuo a non sentirne. Poi la recensione è ben argomentata, sufficientemente descrittiva e anche il voto lascia aperto il giudizio, quindi alla fine di cosa stiamo parlando? XD |
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10
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Mmmhhh... In realtà ho come l'impressione che ci stiamo perdendo dietro il concetto di eterogeneità: essenzialmente stiamo dicendo la stessa cosa ma con due conclusioni diverse, credo |
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9
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Rispetto il tuo punto di vista, ma secondo me la band ha mantenuto fin troppo il controllo sulla varietà della proposta, al punto che certe derivazioni stilistiche sono piuttosto evidenti, com'è stato sottolineato anche nella recensione. A costo di risultare forzatamente schizoidi, credo che il loro potenziale gli Skindred possano sfruttarlo al meglio diventando ancora più sperimentali e slegati da ogni schema precostituito. Un po' com'erano i Dub War del capolavoro 'Pain', per esempio. |
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8
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Sbiriguda, sostanzialmente concordo con la tua disamina. Dissento solo perché non è l'eterogeneità il problema, ma quando questa non è ricondotta dall'artista sotto controllo. Comunque, senza voler spaccare troppo il capello, vorrei sottolineare che se questo fosse stato un debutto, fermi restando recensione e giudizio, avrei dato un voto diverso e più alto, ma al quarto album era lecito attendersi qualcosa di più. Poi, per fortuna, non esistono assiomi universali ed il fatto che a te il disco risulti fresco e dinamico, è splendido perché il potenziale, come ho scritto, ci sarebbe!! |
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7
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Sbiriguda, sostanzialmente concordo con la tua disamina. Dissento solo perché non è l'eterogeneità il problema, ma quando questa non è ricondotta dall'artista sotto controllo. Comunque, senza voler spaccare troppo il capello, vorrei sottolineare che se questo fosse stato un debutto, fermi restando recensione e giudizio, avrei dato un voto diverso e più alto, ma al quarto album era lecito attendersi qualcosa di più. Poi, per fortuna, non esistono assiomi universali ed il fatto che a te il disco risulti fresco e dinamico, è splendido perché il potenziale, come ho scritto, ci sarebbe!! |
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6
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Anche secondo me i pareri sono discordanti perché diverso è l'approccio iniziale all'analisi dell'album. Personalmente da un disco crossover ho imparato ad aspettarmi degli stacchi stilistici netti da un brano all'altro o addirittura nella stessa canzone, ma ripeto, questa mia consapevolezza personale non implica necessariamente una prevedibilità nella proposta della band, né tanto meno un'eclatante confusione nel songwriting, che invece trovo fresco e dinamico pur non uscendo mai dalle coordinate del genere. Tra l'altro, se partiamo dal presupposto che quello stesso genere ormai non lo suona quasi più nessuno, trovo che una certa "inclassificabilità" di fondo sia tutto fuorché sgradevole. |
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5
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Io non sono discorde dal tuo parere, ma li vedo più come easy listening...e già questo ti da l'idea della scala di giudizio che posso aver usato |
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Ben lieto di ospitare pareri discordanti dal mio! Ho espresso in lungo e in largo il mio giudizio: ho trovato il disco confuso e confusionario, per nulla innovativo, ma questo non sarebbe un difetto se compensato da un songwriting di alto livello che, invece, manca. Molto al di sotto del loro potenziale. |
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3
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Io da scialbo "fruitore" del raggea ho trovato questo disco una ventata d'aria fresca! |
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2
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Disco fantastico, potrebbe tranquillamente rappresentare un manuale per gli arrangiamenti perfetti nel metal moderno... e se questo significa essere prevedibili, ben venga la prevedibilità. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Union Black 2. Warning 3. Cut Dem 4. Doom Riff 5. Living a Lie 6. Guntalk 7. Own You 8. Make Your Mark 9. Get It Now 10. Bad Man Ah Bad Man 11. Death To All Spies 12. Game Over
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Line Up
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Benji Webbe (Voce) Dan Pugsley (Basso, Jungle/Grime/Electronica) Mikey Demus (Chitarra) Arya Goggin (Batteria)
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RECENSIONI |
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