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GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
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Voodoo Highway - Broken Uncle’s Inn
( 3550 letture )
"Best thing to come out of Italy since Super Mario." (Classic Rock Channel)

I Voodoo Highway rappresentano tra le maggiori novità internazionali in ambito classic rock: considerati una rivelazione, ed accostati agli anglo/americani Black Country Communion con buona dose di orgoglio nazionale e coloniale spavalderia, i ferraresi si formano nel 2010 e registrano immediatamente un EP che ottiene larghi consensi ed interesse condiviso. Craig Gruber (bassista statunitense per Elf, Rainbow, Black Sabbath e Gary Moore) li descriverà come gli alfieri di un nuovo movimento heavy metal, candidandoli tra il serio ed il faceto come successori al trono dei Deep Purple. Dopo un anno di intensa attività live, che dona coesione ed affiatamento, i nostri registrano Broken Uncle’s Inn, un originale concentrato di hard rock anni settanta e melodie più commerciali di facile impatto, capace di spodestare con un sol colpo anguilla e salama da sugo e pampapato tra le specialità estensi che tutti noi amiamo ricordare.

L’avvolgente tepore di questa estate duemilaundici sembra fatto apposta per introdurci all’ascolto di Till It Bleeds, interessante mix di ZZ Top, Rainbow e Lynyrd Skynyrd, ma in salsa moderna: organo Hammond a profusione ed una bella sensazione di affiatamento fanno suonare i Voodoo Highway attenti e puntuali, geometrici ma senza paraocchi, di quella professionalità a tutto tondo che vale doppio, quando espressa con tanta convinzione da una band dello stivale. Non ci sarebbe modo migliore di cominciare, tali si rivelano l’energia, il grado di rifinitura ed il piglio internazionale della voce di Federico Di Marco, foriero di buone melodie e supportato da cori che in questo genere di musica andrebbero resi obbligatori con apposito “decretone”, già che se ne fanno tanti. E’ sufficiente la successiva The Fire Will Burn Away per confermare l’attitudine sincera che da Ferrara sogna l’America più colorata ed idealista di quarant’anni fa. La spontaneità di questo hard rock porta gioia, capace com’è di offrire ancor prima di pretendere: quello della band è uno sforzo la cui genuinità si avverte in melodie che suonano coese prima ancora che orecchiabili, sexy e maggiorenni, distribuite con intelligenza a cavallo tra le tonalità piuttosto che spiccatamente commerciali, o dalla voluttà ruffiana. Una complessità accessibile dunque, ossimoro musicale che regala il gusto di capire questo rock, di sentirci intenditori penetrandone le trame, regalando un ascolto coinvolto e divertito, alla ricerca delle citazioni, dei salti temporali e delle soluzioni inaspettate che diventano familiari dopo qualche ascolto.

Window è il primo di tre episodi che, posti a metà dell’album, segnano una ricerca artistica più coraggiosa ed articolata, come se ad un avvio più brillante si volesse far seguire una parte centrale di ricerca, libera dalle contingenze e desiderosa di affondare sensualmente le unghie in un’epoca libera dalle costrizioni radiofoniche e dalle esperienze mordi-e-fuggi del casual gaming. Questa parte del disco tralascia dunque gli approcci di facile presa introducendo costruzioni progressive e complicazioni stratificate, quasi a voler presentare una faccia diversa dalla band. In Running Around è il basso di Filippo Cavallini a dettare gran parte dei movimenti: l’apprezzabile coralità delle voci lascia spazio all’esecuzione strumentale, con le tastiere di Alessandro Duò e la chitarra di Matteo Bizzarri che si dimostrano capaci di una coesione da festival rock, con un intreccio continuo e variegato che sa di fango e sudore, vicinanza di corpi ed un implacabile sole a picco, lassù, a cucinare sguardi e spiare sfioramenti. Broken Uncle’s Inn dà il titolo all’album ed è la traduzione inglese di “La Locanda dello Zio Rotto” soprannome di un amico e compaesano della band, desiderosa di mantenere i piedi per terra (“Non ci spieghiamo, chiaramente, reazioni così positive considerato che siamo un branco di deficienti che ambiscono generalmente solo ad ubriacarsi dopo i concerti”) onorando le proprie radici: la canzone è il climax di questo trittico dallo spessore più marcato, e configura un tributo alle tastiere di Jon Lord originale e meditato, derivativo, ma di quella emulazione giapponese che si fa presupposto più che obiettivo, che non sa di già sentito e come tale non annoia. Tra suggestioni orientali, break energici e parti dal sapore squisitamente cinematografico, i Voodoo Highway riescono a produrre un mix nuovo, privo di cali di tensione, di un’accessibilità che –come detto- premia l’ascolto attento. Intelligente poi riprendere le danze con la ballad Heaven With No Stars, per non dimenticare l’equilibrio che fa di un album un’entità superiore alla mera somma dei brani che lo compongono. Gasoline Woman, più groovy, ci porta in una stazione di rifornimento in mezzo al deserto, tra cactus, avvoltoi e sabbia sollevata dalle poche macchine in transito. La capacità dei cinque ragazzi di Ferrara di incendiare l’atmosfera e portarci con la velocità di Google Earth non tra i camion della statale Romea ma tra le cromature eccessive della Route 66 è sorprendente ed apprezzabile, mantenendo un’ariosità mediterranea nei suoni (autoprodotti) che li porta a distinguersi, ad esempio, dalle temperature infernali di Green Machine dei Kyuss.

In Fact It’s The Worst è la valida canzone di commiato, pimpante e consapevole della propria posizione all’interno della tracklist, capace di affrontare con sensibilità un argomento più serio, incentrato sulle percosse subite da un ragazzo da parte di alcuni rappresentanti delle forze dell’ ordine, a dimostrazione che nel repertorio dei Voodoo Highway c’è spazio per tutto, compresa la capacità di accostare temi di denuncia sociale ad altri più leggeri o burleschi o scanzonatamente blasfemi. Il brano si lascia scivolare via salutando per un’ultima volta tutti gli elementi –dai cori all’hammond, dagli stacchi agli assoli southern- che hanno trovato una diversa ribalta all’interno dei minuti precedenti e conferma orizzonti piuttosto ampi, coraggio e confidenza con atmosfere che culturalmente non ci appartengono, padronanza dei suoni e conoscenza enciclopedica della materia. Non ci sono tracce di quell’inconscio complesso di inferiorità che porta molte nostre band ad imitare con riverenza, impegnandosi per mesi di fronte allo specchio e dimenticando la spontaneità, il mettersi a nudo proprio dell’espressione artistica più genuina. I Voodoo Highway riescono a creare un contatto, un filo diretto con l’ascoltatore, capaci di trasmettere emozioni e suggestioni con l’entusiasmo dell’esordiente e la sicurezza del musicista navigato. Questa musica sa di speranza, di possibilità, di crescita: e leggere il commento di un fan straniero, “VIVA ITALIA!”, sulla pagina Facebook della band, in momenti non facili per il nostro Paese tocca particolarmente il cuore.



VOTO RECENSORE
81
VOTO LETTORI
57.58 su 31 voti [ VOTA]
Raven
Giovedì 8 Dicembre 2011, 19.26.33
9
Visti live ieri sera, ne parlerò a breve.
Exar Kun
Martedì 19 Luglio 2011, 15.59.21
8
Notizia fresca fresca: Vincenzo Zairo è il nuovo batterista. In ogni caso, complimentissimi alla band e in bocca al lupo.
UriahFab
Domenica 17 Luglio 2011, 10.54.17
7
Grandissimi! Una vera e propria rivelazione in ambito Hard Rock, una band che suona come se fosse uscita dal 1972 (Since 1972... ehehehe!), e ciò mi fa molto piacere essendo, personalmente, un feticista degli anni '70! Tutti gli strumenti sono perfettamente coesi tra di loro dimostrando la bravura di tutti i musicisti. Parlando da bassista, tutte le linee di basso in questo disco sono delle vere e proprie Killer Bass! Non mi sono stupito affatto (però sono stato molto felice) quando il mitico Craig Gruber ha candidato i Voodoo Highway come i veri successori dei Deep Purple, d'altronde Craig, suonando nelle band in cui ha suonato, è un buongustaio! Lunga vita ai Voodoo Highway!
Radamanthis
Venerdì 15 Luglio 2011, 10.33.24
6
Vi ho ascoltato sul myspace, bravi! In groppa al riccio (quello alla pelle fa un pò meno bene....)
Pippo Voodoo
Giovedì 14 Luglio 2011, 22.53.28
5
billorock: speriamo che caghi, che a noi piace e fa bene alla pelle dicono...
BILLOROCK fci.
Giovedì 14 Luglio 2011, 19.55.15
4
pippo: leggendo la recensione e le vostre parole, dimostrate di essere umili e con i piedi per terra, qualità non sempre riscontrabili nelle band emergenti !! in bocca al lupo e in culo alla balena !
Skyblade
Giovedì 14 Luglio 2011, 16.26.57
3
Pippo!! Ma quali scalciacani, siete bravissimi!! =D
Pippo Voodoo
Giovedì 14 Luglio 2011, 13.52.18
2
grazie mille ragazzi!!! è un grande onore leggere una recensione del genere per una band di scalciacani come noi! ahahah! rock n' roll!!!
Lizard
Mercoledì 13 Luglio 2011, 23.43.09
1
Grazie della dritta Marchino
INFORMAZIONI
2011
Autoprodotto
Hard Rock
Tracklist
1. Intro (Since 1972)
2. Till It Bleeds
3. The Fire Will Burn Away
4. J.C. Superfuck
5. Window
6. Running Around
7. Broken Uncle's Inn
8. Heaven With No Stars
9. Gasoline Woman
10. In Fact It's The Worst
Line Up
Federico Di Marco (Voce, chitarra ritmica)
Matteo Bizzarri (Chitarra, seconda voce)
Alessandro Duò (Organo, chitarra, seconda voce)
Filippo Cavallini (Basso, seconda voce)
Lorenzo Gollini (Batteria)
 
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