Negli ultimi anni, la Scandinavia si sta dimostrando uno dei lidi più fertili della scena heavy "old school", grazie ai numerosi gruppi che (alcuni con grande personalità, altri più anonimi) non ammainano mai la bandiera dei "difensori della fede". I Confess, quintetto svedese, sono uno di questi corsari della flotta "true" e il loro esordio, Lights Out, è uno schiaffo, forse impotente, a molti compaesani della scena metal.
L'impasto sonoro creato sulle due chitarre, propense ad un riffing serrato e scoppiettante, sulla sezione ritmica essenziale di basso e batteria e sulle buone linee vocali, vicine alla ricerca melodica simil-radiofonica del punk revival, rende Lights Out un esordio piacevole e d'impatto. Le canzoni, infatti, si tengono quasi tutte sotto il terzo minuto di durata, aspetto che conferisce un aspetto immediato, a volte un po' semplicistico, alle nove canzoni, caratterizzate tutte da un buon tiro e da una discreta ricerca compositiva e melodica.
Gli scarsi venticinque minuti di Lights Out spaziano tra varie influenze, dal punk americano (su tutti i Misfits), all'hard rock ed heavy classico, al punk revival, allo sleaze, ma senza scadere in banali scopiazzi o pericolosi deja-vu, anche se non si può certo parlare d'innovazione o di grande personalizzazione della proposta musicale, nonostante ci sia comunque un apporto originale di creatività ed idee. A valorizzare il tutto, la perizia dei musicisti, in particolare della chitarra solista, che non consente sbavature (anche se al giorno d'oggi in studio non si "sbava" quasi mai!), e il mixing bilanciato che, negli stilemi classici del punk, mette in risalto le chitarre e la voce.
Il punk rock/metal classico di Hateful and Painful, Quiet Statement o Uproar si distingue dalle atmosfere più heavy della title track o di Awake, nonostante ci sia in tutto il platter una sincera omogeneità compositiva, che rende Lights Out un disco piacevole ed onesto, con buone idee. Trademark, questo, squisitamente svedese.
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