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Madness Of Sorrow - Signs
( 1981 letture )
Che suono fa il dolore?
Non parlo di quello fisico, ma di quello della mente, dell'anima, quella particolare infelicità che ti lacera dentro e ti fa a pezzi lentamente in una lunga e costante agonia.
La domanda è senza risposta, o meglio, le risposte sono tante quanti sono i nostri modi di esprimerlo e proiettarlo al di fuori di noi stessi; e non sarò certo io a farvi notare che la musica è e sarà sempre un metodo piuttosto efficace in questi casi.

E così mi trovo a scrivere di questo “doloroso” parto dell'ingegno di Muriel Saracino, suo e soltanto suo, perché dietro ai Madness of Sorrow, e in particolare dietro questo debutto c'è soltanto lui (anche se è doveroso segnalare la collaborazione con qualche “consiglio per gli arrangiamenti” di Simon Garth e Ross Lukather, rispettivamente ex chitarrista dei Death SS ed ex batterista dei medesimi e dei Labyrinth) .
Un peso non da poco e sopratutto un lavoro affatto semplice, perché pensare, comporre, registrare e mixare un disco di dieci tracce da soli è un'impresa davvero complicata.
Come però spesso capita – purtroppo - l'abnegazione, l'amore per quello che si fa, la passione per un'arte tanto bella quanto volubile come la musica non bastano a scrivere un capolavoro e Signs in questo non fa eccezione.
Quello che mi sono ritrovato ad ascoltare è un'opera da cui traspare una certa personalità ma che ancora non riesce del tutto a sciogliersi dalle pesanti catene degli stilemi di un genere che diventa ogni giorno più inflazionato e in cui trovare la via per l'assoluta originalità è ormai un'impresa ardua, anche solo a livello di tematiche trattate.
Ma basta fare i vaghi e sezioniamo il lato tecnico di Signs per meglio coglierne punti di forza e difetti.
La prima cosa che balza all'orecchio già con i primi ascolti è il gran lavoro di Muriel alla chitarra: sia per il riffing in power chords convincente e molto deciso (almeno se rapportato alla media del genere), che riesce a dare una certa vivacità ritmica ai pezzi e che forse difetta leggermente solo per un eccesso di presenza che rende il suono un po' troppo “zanzaroso”, sia per gli ottimi fraseggi solistici, non particolarmente rapidi o tecnici ma indovinatissimi dal punto di vista melodico e soprattutto ben contestualizzati.
La sezione ritmica è discreta: la batteria pecca forse un po' in cattiveria (a parte qualche sporadica accelerazione di doppio pedale) ma accompagna a dovere non risultando mai monotona o eccessivamente ripetitiva; il basso invece è abbastanza presente - seppur molto sfumato ed etereo per via del taglio delle medie e in minor misura delle alte - con linee quasi sempre aderenti a quelle della chitarra ritmica salvo per alcuni timidi passaggi un po' più articolati, molto semplici ma adatti allo scopo.
Altro punto notevole è il lavoro delle tastiere, non tanto per l'effetto finale che sarebbe potuto sicuramente essere migliore a livello di complessità ed efficacia degli arrangiamenti, quanto per lo studio fatto sui suoni sintetizzati che risultano molto particolari (da momenti più industrial ad altri meramente atmosferici sempre usando dei leads) ed adatti ai brani per cui sono stati concepiti.
Purtroppo con la voce arriviamo alle dolenti note: non ho quasi per nulla apprezzato la prova di Muriel dietro al microfono, l'ho trovata sforzata, piatta e peggiorata dagli effetti che sono stati probabilmente usati per sopperire a queste mancanze.
Insomma, una vera Caporetto.
Poteva essere evitata?
Decisamente sì, anche in virtù dei risultati ottenuti con Welcome to the Apocalypse (la prima traccia del disco), brano che mi ha ricordato moltissimo i lavori dei Type 0 Negative per atmosfere e sopratutto per la voce: Muriel ha un cantato basso che non sarà quello del compianto Peter Steele, ma che non è poi così male. Perché non usarlo maggiormente?
Perché sforzarsi protraendosi verso tonalità al limite della propria estensione quando c'è la possibilità di rimanere presso lidi più confortevoli?
Non ho la risposta ma di sicuro è stata una scelta che a mio modo di vedere ha peggiorato la resa complessiva dei brani.
Entrando più nel merito di questi ultimi: ho già citato la buona opener Welcome to the Apocalypse (personalmente la mia preferita), ma vi segnalo anche la successiva Six Sex Sin, con un bellissimo giro di basso, un gran riffing e delle scelte simil-elettroniche dei synth che la rendono estremamente interessante. Miss Suicide che in realtà mi è più rimasta per l'ottima accelerazione a metà del pezzo con tanto di buon assolo con il contributo del pedalino wah wah. E per concludere Ocean of Pain, che si apre con il più bel solismo di chitarra del disco, come dicevo poco fa: non tecnico, non esasperato ma davvero di buon gusto; il tutto come preludio ad un pezzo dotato di un certo tiro e che sono sicuro vi rimarrà in mente.
Queste dunque le songs migliori, le altre navigano al di sopra della sufficienza, eccezion fatta per Soldier of God o Clowns of the Earth, davvero monotone e poco ispirate.

Insomma, come riassumere un tale lavoro?
Tante buone idee – miste a cali di ispirazione - che avrebbero potuto essere sviluppate meglio a livello di arrangiamenti e scelte tecniche: al di là del già citato problema della voce avrei forse maggiormente curato i suoni di chitarra e tagliato o riconsiderato i pezzi più monotoni (mentre a livello di produzione c'è davvero poco da dire, forse solo un po' di volume in più alla batteria non avrebbe guastato).
In fin dei conti Signs è un sincero debutto di un giovane musicista italiano che ha sicuramente tempo per limare i molti dettagli che non hanno permesso a questo platter di decollare e per produrre qualcosa di più ragionato ed originale.
Un disco da ascoltare in prospettiva.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
21.17 su 17 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2011
W1tch R3cords
Horror Metal
Tracklist
1. Welcome to the Apocalypse
2. Six Sex Sin
3. Miss Suicide
4. Signs
5. Clowns of the Earth
6. Soldier of God
7. Radio Death
8. Ocean of Pain
9. The Armageddon Song
10. Autopsy of a Romance
Line Up
Muriel Saracino - All instruments & Vocals
 
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