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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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Cult of Erinyes - A Place to Call My Unknown
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( 1991 letture )
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Megera, Aletto e Tisifone, le Erinni della mitologia greca, creature sanguinarie che tessono tra le loro mani rimorso, sacrificio, vendetta, divinità infernali capaci di emettere urla agghiaccianti e spaventose, come quello che apre A Place to Call My Unknown, il primo full-lenght dei Cult of Erinyes.
Si fa sempre più interessante e meritevole d’attenzione il panorama delle band che emergono dalla scena black belga. Trio formato nel 2009 a Bruxelles, i Cult of Erinyes, pochi mesi dopo la pubblicazione dell’EP Golgotha, irrompono sul mercato con questa nuova release, firmata Les Acteurs de L’Ombre Productions. Un lavoro molto ispirato, intenso e pregno d’atmosfere sinistre con il quale si stanno facendo notevolmente apprezzare dal pubblico. Ritualistic black metal è la definizione, assolutamente calzante, amata dalla band stessa. Navigando tra passaggi atmosferici, riff veloci e dirompenti, rallentamenti profondamente doom e parti di grande maestosità i lunghi brani si sviluppano in una progressione mistica, per poi ritrarsi fino ad uno stato primordiale, in un continuo mutamento che non è cambiamento di forma, ma è come l’avanzare e il ritirarsi di una marea. Un flusso sonoro omogeneo, onda scura che sale, ci avvolge e ci spinge verso le profondità di ricordi lontani. L’eco dei primi Shining, memorie mai sopite di Mayhem, forse anche di Neurosis, affiorano nella mente, materia nera amalgamata con personalità e capacità.
Call no Truce, il brano di apertura, mostra immediatamente tutte le capacità della band. Chitarre che creano oscillazioni sonore che attraversano passaggi di batteria martellante e altri più atmosferici. Mastema alla voce, maligno officiante di questo oscuro rituale, trascina il brano in momenti più lenti, e quello che era un growling diviene una voce pulita e malinconica, le chitarre un lamento doloroso, fino a implodere in un finale travolgente. Graffi e polvere, fruscio di fondo tipico del vinile, accompagnano il passaggio al secondo brano, Insignificant, alternanza di parti molto veloci dettate dal ritmo di un doppio pedale incalzante e lunghe parti molto atmosferiche e suggestive, evocative e mistiche. In altri brani, come A Thousand Moment, una melodia di chitarra eterea si apre uno spazio sopra una batteria dirompente con un effetto davvero suggestivo. Velvet Oppression, traccia particolarmente riuscita, capace di creare un’atmosfera davvero tormentata, avvinghia e stringe in una morsa con la delicatezza e la morbidezza del velluto.
La registrazione è volutamente ovattata, nessuno strumento emerge al di sopra degli altri, ma tutti sembrano nascondersi dietro un velo impalpabile, conferendo così un senso di claustrofobico annichilimento, anche se una produzione più limpida, ma forse impersonale, avrebbe dato maggior risalto alle parti che si elevano con più maestosità.
A Place to Call My Unknown è un album da ascoltare per lasciarsi avvolgere storditi dalla desolata bellezza di paesaggi freddi e solitari, strade che corrono verso il nulla, infidi crepacci, natura selvaggia e incontrastata come quella rappresentata nelle immagini all’interno del booklet. Evocativo, solenne, capace di richiamare dagli inferi le creature più spaventose e malgavie, i Cult of Erinyes realizzano un album non facile da assimilare e che richiede ripetuti ascolti nella giusta atmosfera. Non arriva diretto come un pugno allo stomaco, ma cresce lentamente. Si impossesserà della vostra volontà e lo lascerete fluire nelle vostre vene.
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Fossero tutti così i dischi black di oggi! 80 |
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Lieto di essere utile in qualche modo |
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Questa band è davvero sostanziosa. La parte ritmica è ottimamente congegnata, il drumming poderoso e sferzante, ma capace di lasciare sempre il giusto spazio ad una sezione chitarristica che si esprime con grande stile soprattutto quando il tempo rallenta. Mi sono avvicinato al black relativamente da poco, eppure sto trovando in questo una sorta di seconda dimensione musicale che sento più propria ed affine a me, in particolar modo per ciò che concerne il mood, " glaciale ". Spendo anche due parole per Undercover i cui commenti sono sempre pregni di cultura musicale, e credo che che noi giovincelli, avremmo molto da imparare. |
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Gli Jacula sono ottimi (sono anche recensiti, vatti a vedere gli articoli), comunque a me piacciono molto anche i lavori da solista, non da meno l'ultimo Per Viam... |
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Di nulla Dave, se ti piace il rock esoterico Jacula è da conoscere assolutamente, a mio avviso sarebbe da conoscere a priori dato che è un arista seminale per quanto riguarda proprio quel tipo di sound che con i Coven e i Black Sabbath raggiungerà poi lo splendore che conosciamo e di nomi va beh ce ne sarebbero tanti da fare. |
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grazie delle dritte Undercover. ...confesso di non aver mai sentito i lavori di Antonio Bartoccetti, però conosco bene la musica di suo figlio Rexanthony, a 14 anni sfoggiavo il singolo di Polaris Dream nel mio lettore cd portatile a scuola... |
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Ottima recensione, ma avrei aggiunto diversi punti in più,diciamo pure un 83-84 |
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Beh, immagino stiate parlando del buon Antonius... Professore delle medie? Ma dai... |
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Eh eh.. mi sa proprio di si! Cmq non lo sento da un po' di anni.. potrei raccontare qualche aneddoto ma andrei troppo OT.. |
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Ma pazzesco... un professore decisamente sopra le righe? Beh, è stata un'esperienza stravagante, non l'hai più rivisto da allora? Mi sa che era destino che una certa musica entrasse nella tua vita |
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@Undercover non ci crederai ma...è stato il mio professore di storia e geografia alle medie! Nessuna parentela ma vivevamo a 3 km di distanza! Eh eh..il lato oscuro dell'entroterra marchigiano! |
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gli Alastis.... il peggior gruppo che abbia mai visto dal vivo. Degli incapaci! Il bassista suonava su una corda...dubito che possano aver influenzato qualcuno, visto che erano derivativi e pompati solo perchè parenti di.... |
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@Vesper-Jana la mia non voleva esser una critica dura eh, solo che ho riascoltato più volte il lavoro che ho da tempo e il collegamento è stato quasi immediato. Purtroppo sì, si son lasciati dimenticare, su questo hai pienamente ragione. Posso essere indiscreto? Porti un cognome altisonante (se non immaginate a chi possa far rifarimento, un mea culpa fatelo a priori) per chi come me ascolta e ama il rock direi leggendario, non è che caso caso sei parente del maestro? |
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@Undercover - Eh.. Mi busso il petto per non aver citato gli Alastis! Ricordo di averli apprezzati nei primi anni '90, poi si sono lasciati dimenticare.. |
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@Dave Insane guarda secondo me quello è e rimarrà qualitativamente il miglior album prodotto dagli elvetici, gli altri due successivi e unici che conosco, oltre non sono andato, non sono allo stesso livello ma neanche da buttare. Il fatto che c'abbia suonato il fratello di Masmisain dei Samael non ha caso porta anche influenze di quello stile (primordiale) nel sound anche se "... And Death Smiled" possiede influssi doomeggianti e qualche lieve (sottolineato un paio di volte) influsso progressivo, il terzo invece me potresti anche skipparlo ma alla fine è questione di gusti quindi per si e per no una passata dagliela. |
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Piaciuto molto anche a me! |
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gli Alastis cazzo! sono anni che non li sentivo nominare! mi hai ricordato che non riascolto the just law da una vita. sai dirmi se anche gli album successivi vale la pena di ascoltarli? |
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Disco realmente pazzesco, fenomenale, ... gli Shining a mio avviso e fortunatamente non ci sono, l'influenza dominante e palese non è stata colta, sono gli svizzeri Alastis ma comprendo che siano praticamente sconosciuti ai più e se ci sono echi direi che gli Enslaved vi rientrano. Per il resto concordo con la rece anche se il voto sale fino a 85. |
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INFORMAZIONI |
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Les Acteurs de L’Ombre Productions
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Tracklist
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1. Call No Truce 2. Insignificant 3. Island 4. A Thousand Torments 5. Permafrost 6. Velvet Oppression 7. Black Eyelids 8. Thou Art Not 9. Last Light Fading
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Line Up
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Corvus - Guitar, Bass, Keys, Sample Baal - Drums Mastema - Vocals
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RECENSIONI |
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