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Tenhi - Saivo
( 5446 letture )
La superficie increspata di un lago d’inverno. La silente opacità della nebbia d’intorno. La grigia oscurità del segreto fondale. Bruma, quiete e arcana immutabilità. Questo il varco d’accesso a Saivo, regno in cui, secondo le antiche credenze del popolo Sami (meglio noto con l’improprio appellativo di Lapponi), hanno dimora le anime dei trapassati. È qui che i defunti continuano le ordinarie faccende della loro vita quotidiana, è qui che gli spiriti nuovamente s’incontrano con le perdute famiglie dei loro antenati di un tempo. Come premesso dalla stessa Prophecy, dunque, Saivo si connota come “un’immagine speculare del mondo reale”, un luogo, il cui vetusto ingresso è ben celato dall’ambigua profondità di taluni, inerti paesaggi lacustri che costellano la ghiacciata Finlandia.

Ma veniamo all’opus in questione. All’indomani delle fortunate invocazioni alla Madre Terra, musa ispiratrice del precedente Maaäet (2006), tornano, a lungo attesi, i finnici Tenhi che, ancora una volta in veste di sciamani della tradizione Sami, ci guidano, attraverso questo nuovo Saivo, tra i più segreti meandri del mondo ultraterreno dei morti, ammaliandoci con il loro avvolgente mix di neofolk, prog ed ethereal. Cinque anni di silenzio che, intervallati dalla ristampa di Airut: Aamujen (2004), lavoro nato in seno al side-project Harmaa, dalla tripla compilation Folk Aesthetic (2007) e, dulcis in fundo, dall’inaspettata dipartita del chitarrista Illka Salminen, fondatore della band insieme al vero e proprio mastermind Tyko Saarikko, hanno perfezionato l’arcana formula dei nostri in una sacrale immersione in acque cupe e senza tempo: musica per un’altra dimensione quindi, sospinta, per dirla ancora con la label, da una mistica “corrente sotterranea di pensiero”.

Orsù, null’altro che corpi nudi, spogli – finalmente – di qualsivoglia affanno, ci accingiamo a percorrere il liquido sentiero dell’Oltretomba: la via che le ascetiche note dei Tenhi hanno solennemente tracciato per noi. E saranno le rarefatte atmosfere di Saivon Kimallus a lasciare che la mente si dischiuda al filo di una nuova percezione: un maestoso intreccio di piano ed armonium su cui ben s’impianta l’austera profondità delle linee vocali di Tyko Saarikko, rigorosamente in lingua madre. E come non smarrire il cuore nelle tintinnanti armonie pianistiche che, simili a sfuggenti cascate dell’anima, catturano lo spirito in un indefinito vortice di scintillìi danzanti? Seguono le cadenzate simmetrie di Pojan Kiiski, luminoso contraltare alla dominante assenza di ritmo della precedente opener: qui ad imporsi sono la pura essenza delle chitarre acustiche, l’imponente gravità delle trame corali e il carezzevole abbraccio delle aperture degli archi. A chiudere il caldo e lento tocco delle dita che scivolano sinuose sul corpo della sei corde: una calma e lunga discesa verso la fascinosa incognita dell’abisso. Non così la successiva Uloin, laddove malinconici paesaggi agresti, scanditi, a tratti, dal raro riverberarsi di un timpano, sembrerebbero rivivere nei più distanti echi di un flauto boschivo. Uno struggente incrocio di vagheggianti arpeggi anima, poi, la sognante Pienet Purot, le cui ritmiche evanescenti si rivelano affidate al delicato, quasi impercettibile lavoro effettuato sui piatti. Una sola, pregnante parola traduce, invece, il mesto splendore di Sateen Soutu e della successiva, immensa Haaksi: violoncello, questo incommensurabile. Di struttura molto più semplice, al contrario, il seguente Surunuotta, brano dal piglio antico e medievaleggiante, in cui la dolcezza delle corde pizzicate ben si alterna tanto all’intima sublimità dei silenzi quanto alla ieratica levità dei sussurri. Riempie l’aria la soave polifonia di voci che, in Savie, breve, ma densa ballata, graziosamente si adagia su un nostalgico tappeto di palpitanti chitarre. Ancora violoncello e fingerpicking per la ritmata, a suon di contrabbasso, Vuoksi, diversamente dalla sommessa Paluu Joelle, tutta impiantata sull’impenetrabile fruscio di acque fosche. Un composto tripudio di cori apre gli impalpabili paesaggi che sostanziano lo spirito della penultima Sees. Tristezza e bellezza chiudono, infine, il platter: è la volta dell’infinita Siniset Runot, dieci minuti di musica ed etereo brusìo, la creazione di una sovrannaturale atmosfera che, tra mistero ed introspezione, ipnotizza e coinvolge al tempo stesso; notevoli, in particolare, i commoventi interventi affidati al piano.

La produzione, limpida e perfetta, valorizza il calore e la purezza dei suoni, tanto singolarmente quanto nell’equilibrio delle armonie. Nonostante il minimalismo sonoro di fondo, ricercatezza e ispirazione non mancano, anzi: l’intero album ne trasuda. Un viaggio in mondi interiori – trascendenza e immanenza – che, se per alcuni potrebbe correre il rischio di apparire oltremodo pesante, per altri parrebbe piuttosto destinato ad aprire un strada, un varco, “una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne”.

Spirava un’aria di tempesta il giorno che, per la prima volta, tra incensi e candele di rito, le note di questo Saivo hanno risuonato, magnifiche, nella mia mente. Da quel momento, il superbo respiro dei Tenhi non mi ha più abbandonata. Ecco, dunque, un disco per cui vale la pena recensire.



VOTO RECENSORE
90
VOTO LETTORI
72.15 su 44 voti [ VOTA]
Spirit Of The Forest
Giovedì 11 Gennaio 2024, 22.43.09
18
Band che tramuta l\'emozione in musica immergendo le sensazioni in silenti riflessioni sonore quali solo la maestosa malinconia della natura riesce a descrivere.Per perdersi altrove. 90
LS
Lunedì 10 Dicembre 2012, 20.23.44
17
Mi associo alla tua adorazione. Però é anche vero che sia in Where At Night The Woods Grouse Plays, che nel monumentale Weiland, gli Empyrium si avvalgono di soli strumenti acustici, il ché li allontana dal movimento neo-folk in senso stretto. Detto questo, condivido in ogni caso il tuo averli citati come riferimento, in quanto imprescindibili per chiunque voglia avvicinarsi alle sonorità folk in generale. Senza Kveldssanger degli Ulver non ci sarebbe mai stato Where At Night... E senza Weiland, il fine ultimo del genere stesso sarebbe rimasto incompiuto.
Persephone
Martedì 21 Agosto 2012, 11.55.43
16
Giustissimo, Death in June imprescindibili. Gli Empyrium, al di là della grandezza, li segnalo fondamentalmente per una questione di adorazione personale.
enry
Martedì 21 Agosto 2012, 11.46.01
15
Se mi è permesso un nome su tutti: Death in June. I padri del neo-folk, che di fatto nasce con il masterpiece Brown Book. Dopo Sol Invictus e i Current 93 di fine anni '80 inizio '90. La triade neo-folk per eccellenza, dati storici alla mano. Gli Empyrium sono dei grandi ma arrivano più di 10 anni dopo.
Persephone
Martedì 21 Agosto 2012, 10.56.39
14
@Theo: il Neofolk è una forma di sperimentazione musicale che trae la sua linfa vitale dalle sonorità della tradizione folk reinterpretandole alla luce di esperienze di ambito post-industrial. Si serve, infatti, tanto di strumenti acustici tradizionali quanto di suoni creati tramite l'uso di sintetizzatori e/o campionatori. Due nomi di riferimento su tutti: Empyrium e Sol Invictus. Spero di esserti stata utile, grazie per l'interesse!
Theo
Lunedì 20 Agosto 2012, 12.59.59
13
Volevo chiedere un chiarimento se possibile a chiunque sapesse rispondermi non conoscendo il gruppo in questione: cosa si intende per Neo-Folk? a cosa può essere paragonato? Spero di essere stato chiaro nella mia richiesta... Un saluto e ottima recensione!
master444
Venerdì 6 Gennaio 2012, 16.57.51
12
Capolavoro
fabio II
Mercoledì 4 Gennaio 2012, 16.49.03
11
Complimenti ad Alice, recensione molto bella e sentita. Sull'album in questione non posso esprimere nulla perchè non ho nemmeno mai sentito nominare la band. Comunque, segnato nella solita lista kilometrica degli acquisti
fabriziomagno
Mercoledì 4 Gennaio 2012, 16.16.03
10
semplicemente la più bella recensione che abbia mai letto...
Persephone
Sabato 31 Dicembre 2011, 18.06.24
9
Une delle migliori uscite di questo 2011, onorata di averla recensita, ma onorata soprattutto della vostra fiducia...
LS
Sabato 31 Dicembre 2011, 13.14.42
8
Bellissima recensione per un disco assolutamente sublime. Li seguo fin dagli esordi e non c'é un singolo brano nella loro discografia che non trasudi passione, calore etereo ed onirico. L'unica band che incarna alla perfezione il concetto di musica straniante, che và al di là della semplice melodia e si avvicina molto ad un concetto astratto di dipinto sonoro (e visivo, infatti consiglio vivamente l'acquisto della versione Artbook di questo Saivo, impreziosito dai favolosi ed evocativi dipinti ad opera dello stesso Tyko Saarikko, presenti anche nelle altre versioni ma qui presentati in un booklet esteso a 60 pagine in formato 28x28, un'autentica opera d'arte...). 6 anni di attesa, con un'altra gemma come Folk Aesthetic nel mezzo, pienamente ripagati. ps: molto apprezzata anche la fugace citazione "Tolkieniana"
Bloody Karma
Giovedì 29 Dicembre 2011, 14.13.21
7
li ho seguiti molto ad inizio carriera ed erano favolosi, ora li ho persi un po di vista, ma non ho dubbi sulla qualità della release in questione
Nyarlathotep
Giovedì 29 Dicembre 2011, 10.55.16
6
Mi fido di Persephone, tramite la sua recensione ho scoperto quel capolavoro di "Fjelltronen"! Mi procurerò anche questo.
Sbiriguda
Mercoledì 28 Dicembre 2011, 10.12.28
5
Recensione e disco ottimi, ho solo un appunto: d'inverno in Finlandia di laghi increspati ce ne sono ben pochi, essendo praticamente tutti ghiacciati! XD
Mickey
Martedì 27 Dicembre 2011, 19.25.56
4
Pensoche mi comprerò questo e Maaaet,veramente un gran gruppo.
Ulvolc
Martedì 27 Dicembre 2011, 17.25.10
3
Ottima recensione per un ottimo disco. Anche se non l'ho ancora compreso pienamente. Ad ogni lavoro diventano sempre più inaccessibili e lontani. Arte pura.
enry
Martedì 27 Dicembre 2011, 17.03.18
2
In ordine, ormai se ne parla a Gennaio. Grande band comunque, tutti belli, 'Kauan' in modo particolare.
Nikolas
Martedì 27 Dicembre 2011, 16.56.13
1
band strepitosa che non delude mai, questo disco non l'ho ancora sentito ma sarà mio a brevissimo!
INFORMAZIONI
2011
Prophecy Productions
NeoFolk
Tracklist
01. Saivon Kimallus
02. Pojan Kiiski
03. Uloin
04. Pienet Purot
05. Sateen Soutu
06. Haaksi
07. Surunuotta
08. Savoie
09. Vuoksi
10. Paluu Joelle
11. Sees
12. Siniset Runot
Line Up
Tyko Saarikko – Lead vocals, guitar, harmonium
Ilmari Issakainen – Guitar, bass, drums, piano, vocals
Tuukka Tolvanen – Vocals
Paula Lehtomäki – Viola
Jaakko Hilppö – Vocals
Janina Lehto – Flute
Heikki Hannikainen – Contrabass
Jussi Lehtinen – Vocals
Elisa Ollikainen – Cello
 
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