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21/03/24
KRASUE + ANTARES + WAH ‘77
FREAKOUT CLUB, VIA EMILIO ZAGO 7C - BOLOGNA
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( 5252 letture )
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Esiste un fortissimo legame tra i gruppi folk-viking-pagan metal e la storia, la tradizione di un dato popolo, i miti e gli dèi; un legame che di fatto spesso definisce il genere musicale e il paese di appartenenza, pur con delle eccezioni - in particolare in Italia -, a seconda dei temi trattati nei testi, che possono essere epiche battaglie realmente avvenute, mitologia norrena, arcaiche leggende delle Alpi, personaggi storici o seducenti paesaggi rurali dell’Est Europa.
Gli Heidevolk, gruppo attivo dal 2002, arrivano al quarto capitolo della loro interessante discografia con Batavi, un concept album che descrive, attraverso nove capitoli, la storia della tribù germanica dei Batavi: dalla prime vicende avvenute nella natia Germania, all’emigrazione in cerca di una nuova terra dove stabilirsi che li portò nell’attuale Olanda, passando per l’importante alleanza con l’Impero Romano, per arrivare alla conclusiva e inconcludente ribellione del 69 d.C. e successiva nuova sottomissione ai Romani. I testi sono una romantica reinterpretazione basata sugli eventi storici narrati in particolare da Tacito, come anticipato mesi fa dal gruppo stesso in occasione dell’intervista avvenuta nel backstage del Fosch Fest 2011.
Batavi si apre con Een Nieuw Begin, brano dal forte impatto: un inizio spumeggiante tra fieri e possenti riff di chitarra e nordici cori di voci maschili. Qui parte, in maniera secca e diretta, la storia dei Batavi, originari della Germania e costola della popolazione dei Catti. Nella successiva De Toekomst Lonkt i Batavi si allontanano dalla terra d’origine in cerca di un nuovo insediamento, trovato in seguito nel delta del fiume Reno. Musicalmente la canzone si presenta particolarmente ritmata, ricca di cambi di tempo e di stili, passando dal tappeto di doppia cassa iniziale a strofe e ritornelli più vari. La terza traccia, Het Verbond Met Rome, inizia con dei riff lenti e pesanti, arricchiti dalle splendide voci dei due cantanti, in questo caso particolarmente epiche, presto travolte dalla velocità del blast beat del drummer den Vellenknotscher e dalle rapide note del chitarrista Reamon Bomenbreker: ben presto la canzone si trasforma in un favoloso pezzo battagliero, tra cori eroici e accordi granitici. I singer Joris den Boghtdincker e Mark Splintervuyscht – mai tanto affiatati come su questo disco – raccontato i motivi per cui i romani nel 12 a.C. strinsero un’alleanza con i Batavi, invece di sottometterli come accadeva con tutte le altre popolazioni: si trattava di un popolo particolarmente feroce ed abile sul campo di battaglia, così da portare i conquistatori alla decisione di non voler ricevere tasse in soldi, bensì in uomini da inserire nel proprio esercito. La successiva Wapenbroeders è probabilmente la migliore composizione dell’intera discografia degli Heidevolk, a mio parere la canzone perfetta: in quattro minuti esatti racchiude l’essenza del pagan metal, ricca di sfumature e richiami ai precedenti tre dischi senza dimenticare brevi, ma importanti, motivi folk. Momenti di melodia con tanto di violino si alternano perfettamente a improvvisi break dove la sei corde crea un vero e proprio muro invalicabile, così come torna il tanto caro up tempo selvaggio e primitivo come solo in De Strijdlust Is Geboren si poteva ascoltare, prima del bellissimo e insolito finale. Una traccia, questa, che denota il chiaro e costante miglioramento del gruppo in fase di songwriting, capace ormai di racchiudere in un solo brano tante idee di qualità con una naturalezza fin’ora inedita. Il testo si concentra sulla conquista della Britannia nel 43 d.C., quando i Batavi combatterono insieme ai Romani nella battaglia di Medwey. Si inizia a parlare di cospirazione ai danni dei conquistatori in In Het Woud Gezworen, probabilmente il momento meno interessante dell’intero disco, essendo la “classica” canzone veloce degli Heidevolk, introdotta questa volta da una parte iniziale piuttosto maschia. Veleda è un intermezzo acustico buono per spezzare l’ascolto di Batavi, prima della potente parte finale del disco: Velleda è il nome della profetessa che predisse la vittoria contro i Romani. Corre l’anno 69, la rivolta ha inizio: Als De Dood Weer Naar Ons Lacht parte aggressiva, la batteria di Joost den Vellenknotscher martella come non mai ben supportata dal basso di Rowan Roodbaert, la chitarra è minacciosa e oscura pur avendo (in verità, dote di tutto l’album) un dinamismo fino ad oggi sconosciuto alla band, e cosa assai rara, tira fuori un assolo che ben si amalgama con la trama tritaossa della canzone. Sembra di vedere i corpi degli sconfitti sul terreno: teste spaccate e sangue caldo a terra, odore di terrore e morte nell’aria, con i Batavi vincitori consci che la risposta di Roma non si farà attendere a lungo. E infatti arriverà l’anno successivo, con l’invio di ben otto legioni a ristabilire la giuste gerarchie, sconfiggendo i ribelli e facendoli tornare a servire nell’esercito. Einde Der Zege è, appunto, un’altra canzone dal piglio aggressivo, che ben si addice al testo. La linea vocale è particolarmente fiera e orgogliosa delle proprie origini, il violino regala momenti di malinconia dovuti al risultato dei campi di battaglia (furono necessari ai Romani due scontri per sottomettere nuovamente i Batavi). Sul finale del pezzo il ritmo cala, offrendo istanti di gustoso headbenging, è il momento di scendere nuovamente a patti con gli invasori, di combattere al loro fianco nuove e brute battaglie. La conclusiva Vrijgevochten è un mid tempo dal piglio quasi riflessivo, con il finale a sfumare dal forte senso malinconico: è l’alba di una nuova era.
La produzione dell’asso Peter Tägtgren aiuta non poco: i suoni sono puliti e sparati in faccia senza però risultare plasticosi, anzi, tutti gli strumenti suonano particolarmente reali e minacciosi. La sezione ritmica ha un sound robusto e muscoloso, le voci di den Boghtdrincker e Splintervuyscht, il vero segreto del successo degli Heidevolk, sono più evocative che mai. Il risultato finale è un disco che suona crudo quanto l’esordio De Strijdlust Is Geboren, pur avendo una pulizia e una potenza allora inimmaginabili. Mettersi nelle sapienti mani di un artista dello studio di registrazione come Tägtgren (Immortal, Destruction, Dimmu Borgir, Amon Amarth, Kampfar e tantissimi altri) è quasi sempre sinonimo di ottimo risultato, Batavi non fa differenza.
A due anni di distanza dal precedente Uit Oude Grond, e nonostante la grave perdita del chitarrista e fondatore Sebas Bloeddorst, gli Heidevolk compiono un grande, e in parte inaspettato, passo in avanti, sfornando un album che colpisce immediatamente e che migliora ancor di più con l’aumentare degli passaggi, capace di catapultare l’ascoltatore direttamente a duemila anni fa, quando sul delta del Reno prosperava la popolazione dei Batavi, forti e abili combattenti, unici all’interno dell’Impero a non dover pagare il tributum romani.
Batavi è una grande colonna sonora per i meravigliosi racconti della storia antica.
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Lo sto ascoltando in questo momento e mi sembra che il voto 80/85 sia effettivamente il più adatto; non è un capolavoro, ma è davvero un gran disco! |
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sì, ho letto appena pubblica la notizia dalla band. Cmq cercano un cantante con le stesse caratteristiche, speriamo bene... |
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brutta notizia strijers van heidevolk: joris lascia la band... |
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Bell'album, veramente. Finalmente in Batavi gli Heidevolk riescono a trovare una coesione vincente in tutti i brani.L'episodio che più mi esalta è In Het Woud Gezworen. |
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si è vero quest'anno è un vivaio di uscite di dischi in effetti )...se li si segue dagli inizi si capisce che è una band da tenere sotto d'occhio...un bel grazie va anche al loro straordinario produttore.. |
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Disco dell'anno forse no, ma devo constatare che cresce con gli ascolti. All'inizio lo consideravo un disco discreto, mentre ora l'ho decisamente rivalutato. 80/100. |
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be..saro di parte...ma il mio disco dell'anno è batavi...XD i nostri olandesi hanno fatto un salto di qualita davvero sensibile dai tempi di de strijdlust is geboren...joris e mark piu affiatati, joost piu scatenato, kevin, reamon e rowan molto piu presenti nelle canzoni ))) en wij drinken op ons gelderland!\m/ |
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Bellissimo disco, bellissima recensione, come sempre |
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voto lettore 52???????? ma stiamo scherzando...allora tutti facciamo le cose in modo completamente scriteriato qui...O O |
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@theo: ormai funziona così, votano 0 e non scrivono perchè non sanno argomentare. I voti ormai indicano solamente la simpatia/antipatia verso il recensore e il gruppo. |
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Tutti commenti positivi, album bellissimo... voto lettori 47 su 14 voti -.- vabbe voto 70 |
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bene bene bene...mi sa che lo compro! |
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Che pirla che sei ahahah !! Non dite così che mi arriva la finanza a casa eheheehe, scherzo robe da ragazzini ai tempi, invece le sigarette mai fumate !! L unica cosa che mi fumano sono le palle, quando perde l inter e quando la moglie rompe gli zebedei.... |
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Billo non è da fumare ..è da sorseggiare con del ottimo metallo , questo gruppo mi piace non poco . |
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ehm, ho paura nel chiederti cosè il Verdicchio ?? |
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Lo sto ascoltando sorseggiando del ottimo verdicchio veramente bello . |
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ma scs folk vuol dire rievocare tradizioni tanto megli allo cantare in lingua madre...poi ok tanti lo fanno in inglese per fare arrivare la musica a piu gente possibile certo..pero lo spirito folk pagan viking ecc è di attaccamento alle proprie radici.. |
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9
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l'unica cosa che non va per me è il cantato in Olandese, non perchè si suona Folk/Pagan/Viking si deve per forza usare la propria lingua, Quorthon insegna. credo che quello di cantare nella lingua di origine sia più che altro una moda |
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Gli HEIDEVOLK saranno il 19 maggio a Casalromano MN - Gods of Folk - Ingresso gratuito... Vi aspettiamo |
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si si sciolto fabri..li seguo giorno per giorno dopo il fosch fest del 2011 ahah XD il bello sai cos'è? è che ti sanno unire una musica appassionante e coinvolgente, legata ai temi trattati, a musica commuovente..il pathos che creano è impressionante...e in piu sn gente umilissima..ci ho fatto la foto con sebas: matto!XD |
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6
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in effetti dalla recensione ho pensato che fosse morto, comunque bella recensione, mi ha fatto venire la curiosità di ascoltarlo...rimedio subito! |
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e ovviamente ti ringrazio per i complimenti |
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@heidevolk fan: penso si capisca cosa voglio dire con quella frase, d'altra parte la morte del fondatore e compositore del gruppo sarebbe stata trattata diversamente in sede di recensione. Se leggi l'intervista dell'estate scorsa puoi notare come proprio seba abbia spiegato i motivi dello split con gli heidevolk. |
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3
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fantastica recensione, complimenti all redazione cmq..bravi..avete inquadrato bene gli heidevolk brabi |
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we we we LA GRAVISSIMA PERDITA DI SEBASTIAAN...WE CALMA HA SOLO LASCIATO IL GRUPPO PER FONDARNE UN ALTRO CON LA SUA MOROSA, LA BASSISTA DEGLI EQUILIBRIUM (CHE NN SO SE ANCHE LEI HA LASCIATO IL SUO GRUPPO, SPERO NO) ..UNO CHE LEGGE SI FA L'IDEA CHE SIA MORTO XD LOL |
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1
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Disco incredibilmente evocativo e coinvolgente: la passione e il minuzioso inquadramento storico della recensione rendono agli Heidevolk il meritato onore. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Een Nieuw Begin 2. De Toekomst Lonkt 3. Het Verbond Met Rome 4. Wapenbroeders 5. In Het Woud Gezworen 6. Veleda 7. Als De Dood Weer Naar Ons Lacht 8. Einde Der Zege 9. Vrijgevochten
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Line Up
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Joris den Boghtdrincker: voce Mark Splintervuyscht: voce Reamon Bomenbreker: chitarra Rowan Roodbaert: basso Joost den Vellenknotscher: batteria
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