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19/03/21
MAYHEM + MORTIIS + GUESTS TBA (POSTICIPATO!)
ORION - CIAMPINO (ROMA)
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( 1642 letture )
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Il titolo dell’album si addice molto bene al blocco di idee che mi sta assalendo: parecchio difficile inquadrare e spulciare un lavoro del genere. Di carne al fuoco ce n’è davvero un vagone, ma veniamo al dunque.
Attivi dal 2003 e dopo qualche anno affrontato da trio, i francesi Innerty trovano il completamento della loro formazione con OYC e danno alle stampe questo Tabula rasa. Il risultato è un minestrone ad alto tasso di digeribilità e un miscuglio di generi non sempre vincente.
Le loro influenze dichiarate sono: Meshuggah, Isis, Neurosis e The dillinger escape plan. Ci sono più o meno tutte, in effetti, ma durante l’ascolto è spesso spontaneo chiedersi dove il gruppo voglia andare a parare. Si iniziano le danze con una breve intro jazzata e chitarre pulite che lasciano ben sperare; Sphenoid, la prima traccia del lotto, è una chiara dichiarazione di intenti. Il tappeto ritmico è Meshuggah oriented con la differenza di una linea vocale prettamente death metal. La forma canzone non esiste e nei suoi oltre otto minuti si susseguono intermezzi jazzati veramente interessanti e sfuriate soffocanti; convincente il finale psichedelico. Monism needs a Ro scorre abbastanza anonima e senza momenti degni di nota; devastante invece l’inizio di (Enter the) Void che sembra uscire da una b-side sperduta di Chaosphere. Ciò che rovina la traccia è ciò che nei gruppi odierni sono arrivato a temere: le clean vocals, qui davvero fuori luogo. Neanche il tempo di finire la frase e ho la sensazione che il gruppo mi abbia ascoltato rincominciando a pestare di brutto; niente di nuovo, comunque. O meglio: niente che non abbiate già sentito fare da una certa band svedese. La quinta traccia del platter, Kubark, è imbarazzante. L’ospite è un certo Igorrr, un artista francese break core (lapidatemi pure, non so di cosa sto parlando) che riduce il pezzo a una tamarrata peraltro fatta davvero male e fastidiosa. Velo pietoso. Nella seconda parte del disco la qualità s’innalza leggermente forte della titletrack: una minisuite in tre movimenti che risulta ispirata e coinvolgente. Il resto è noia e senza sussulti che impediscano lo sbadigliare compulsivo.
TIRANDO LE SOMME La band è al suo primo full lenght: si sbatte e si sente. Il problema è che nel mescolare i generi la linea che separa il genio dalla sua antitesi è sottilissima. Spesso si incappa in sensazioni di copia/incolla o in soluzioni banali per uscire da situazioni spinose composte. In un disco del genere, progressive metal quindi, se i momenti migliori risultano essere quelli non metal (il 40%) significa che qualcosa è da rivedere. Mentre mi perdo in queste digressioni il pavimento inizia a tremare, il cielo ad oscurarsi: i primi segnali che il colosso sta per arrivare e poi sarà davvero tabula rasa.
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Tabula rasa... un titoli più banale no?  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Albiotic Landscapes 2. Sphenoid 3. Monism Needs A Ro 4. (Enter The) Void 5. Kubark (feat. Igorr) 6. The Divine Phenomenology Of Cold Fire 7. Tabula Rasa - Part 1: Cave 8. Tabula Rasa - Part 2: Noesis 9. Tabula Rasa - Part 3: Solipsism Of A Dying Man 10. Qualophobia 11. Innate Anamnesis
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Line Up
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OYC - Bass/Backing Vocals Axel - Vocals/Guitar Matt - Drums Peyss - Guitar
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RECENSIONI |
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