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KARMA
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)

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ALAIN JOHANNES + THE DEVILS + ANANDA MIDA feat. CONNY OCHS
RAINDOGS HOUSE, P.ZZA REBAGLIATI 1 - SAVONA

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TRAUMA hc
HEADBANGERS PUB, VIA TITO LIVIO 33A - MILANO

Whiplash - Ticket to Mayhem
( 4998 letture )
A volte basta una scintilla, un disco per entrare nella leggenda, un pugno di canzoni per salire allo status di cult-band, così come Power and Pain aveva permesso ai Whiplash di imprimere a fuoco il proprio logo rosso squillante nei cuori di tutti gli appassionati del thrash più orgasmico. Ma il trio di Passaic, che nel 1985 aveva sfornato una sequenza di micce esplosive (trainate dalla splendida Power Thrashing Death) non si accontenta di vivere di rendita e, due anni dopo, torna sul proscenio internazionale con Ticket to Mayhem, il disco che conferma tutta la bontà di questa realtà, sviluppandone ed evolvendone le potenzialità. Da un lato, infatti, gli scatenati thrasher italoamericani ribadiscono la veracità del loro thrash frenetico e travolgente, ma dall’altro lo accrescono inserendo cospicui elementi dal tiro ancor più aggressivo ed efferato, che all’epoca -ma ancora ai giorni nostri- suonavano decisamente come punti d’incontro col death metal. Anche se negli anni successivi questa band tenderà a standardizzarsi su un modello pre-costituito di thrash alla californiana -ma anche qui é meglio non generalizzare, perché le sperimentazioni non mancheranno di certo- in Ticket to Mayhem il frenetico terzetto dimostra come abbia saputo maturare ed evolversi, non rimanendo ancorato ad una formula vincente ma seguendo le naturali evoluzioni tecniche che innegabilmente avvengono nel corso della vita di un musicista. Un altro lavoro convincente, dunque, per i Whiplash, anche se un paio di pezzi poco incisivi e meno feroci tendono a spezzettare la scorrevolezza dell’opera e l’integrità di un giudizio che, in ogni caso, rimane ampiamente positivo. È ancora la Roadrunner Records a produrre questi ragazzi, attivi dal 1984 e palesemente ispirati ai primissimi Metallica, che ora confezionano trentasette minuti e mezzo di musica dinamica e tagliente: una conferma graditissima, che ribadisce la spettacolare fertilità degli anni ottanta, in ogni settore.

Un assolo furioso, sonorità pesantissime e toni apocalittici del tutto intimidatori aprono il disco attraverso le note di Walk the Plank, che incalza l’intro lasciando sbalordito chi si era bagnato col thrash energico ed eccitante di Power and Pain, manifesto classico e tipicamente californiano del genere: ora i Whiplash sembrano diventati più brutali, maturi, ed il vocalism furibondo di Tony Portaro sta a dimostrarlo, così lontano dai chorus elettrizzanti tradizionalmente caratterizzanti del disco precedente. Riff e atmosfere sono tesissime, esasperate da pericolose accelerazioni improvvise e assoli fiammanti: la stessa Walk the Plank, che rimarrà impressa come traccia migliore del lotto, presenta diversi cambi di tempo, riff nevrotici ed una partitura più complessa rispetto al canonico canovaccio seguito dalla band americana, che dunque sembra optare per una svolta death-oriented in alcune composizioni; quando pestano sull’acceleratore -e lo fanno spesso, nel corso delle otto canzoni qui proposte- i tre del New Jersey sanno decisamente fare male, garantendo sane dosi di headbanging. La melodia e la musicalità affiorano ancora, a sprazzi, per esempio negli arpeggi della malinconica Last Nail in the Coffin, che però è solo un pezzo lento e senza squilli, il meno incisivo della tracklist assieme a Eternal Eyes (che non a caso è sottotitolata Last Nail in the Coffin, Part 2): due brani che si discostano non solo dal thrash consuetamente proposto dall’act in questione, ma anche dall’evoluzione stilistica del disco qui esaminato, finendo per essere un tentativo poco riuscito di sperimentazione e stratificazione. Si torna a pestare con veemenza attraverso il riffato monolitico e la robustissima sezione ritmica di Drowning in Torment, che esalta l’abilità di Tony Cangelosi col doppio pedale, pur non assestandosi ai livelli della traccia d’apertura; The Burning of Atlanta presenta il collaudato stile adrenalinico del terzetto a stelle e strisce, inconfondibile nel riffery velocissimo ed ipereccitato, oltre che nelle linee vocali incalzanti e folleggianti, elementi cardine di un thrash speculare a quello di tradizione californiana, infarcito di ormoni pulsanti e serrate rapidissime. A compattare il tutto, spicca un drumworking ancora spietato ed un guitar-solo prolungato e lancinante: il degno trait d’union con il precedente full length, un esercizio di classic-thrash che, per quanto semplice e scevro di virtuosismi, dimostra come i Whiplash siano degli autentici maestri del genere.

Similari a questo pezzo sono Respect the Dead e Spiral of Violence, caratterizzate però da un approccio più moderno per quanto concerne il lavoro di Cangelosi ai tamburi, tellurico e glaciale nel sound; l’ultima delle due canzoni appena citate è anche arricchita da alcune melodie e armonizzazioni del tutto inedite per questo moniker, che ancora una volta fa sfoggio di un valido, vario ed urticante parco-riff. Snake Pit è una mazzata thrash imbevuta di citazioni death, del tutto scevra di melodia, claustrofobica e dotata di un assolo inquietante: buona parte dei pezzi in scaletta, dunque, si rivela essere radicata nel thrash, ma aperta anche a contaminazioni più pesanti, che al tempo erano veramente rivoluzionarie per il sound tipico dei Whiplash. La band sembra prendere spunto dal death per quanto concerne la sezione solista intransigente, per alcuni riff particolarmente estremi sciorinati dalle sei corde e per il vocalism più spinto, anche se va detto che la sorpresa e lo stupore iniziale, dovuti ad una composizione dinamitarda e ridondante come Walk the Plank, tendono a calare leggermente nel corso del platter: pur restando efficaci e ben congegnate, le tracce presenti non mantengono le premesse succulente destate da un avvio tanto clamoroso. Il punto è che i Whiplash partono a razzo, più di quanto il loro seguace più fervido avesse mai potuto mai immaginare, ma alla fine confezionano “solo” un ottimo disco, nel quale le pluricitate influenze death restano comunque un contorno e non diventano invece elemento portante del sound, lasciando echeggiare l’illusione perpetuata da Walk the Plank in tutti coloro che sognavano un futuro ancor più brutale per il three-pieces statunitense.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
77 su 43 voti [ VOTA]
Mos Maiorum
Martedì 6 Febbraio 2024, 12.02.45
14
forse non ticket to mayhem, ma PAP, boh forse prime venti no ma spacca di brutto
Legalisedrugsandmurder
Martedì 6 Febbraio 2024, 10.15.18
13
Per me non stanno forse neanche tra i primi venti del genere, ma è mio gusto personale
Philby
Martedì 6 Febbraio 2024, 9.52.42
12
Grande album per una Grande Band forse mai troppo considerata.. a differenza del recensore \"Last Nail un the Coffin\" e\'una delle mie favorite dell\'album...
Fabio
Sabato 2 Ottobre 2021, 13.06.33
11
Grande disco di puro Thrash metal, qualcuno sa se la band ha preso il nome dalla canzone dei Metallica?
Shadowplay72
Domenica 26 Novembre 2017, 1.23.57
10
Uno dei migliori cd di thrash metal di sempre!
Negative Approach
Giovedì 5 Gennaio 2017, 17.16.29
9
Sempre attuale e sempre bello riascoltarlo. Uno dei 10 dischi entrati nella leggenda del thrash, parere personale. LEGGENDA. ..
Doom
Giovedì 5 Gennaio 2017, 16.03.57
8
Quest'album e' una fucina di riff allucinati che anche io per primo avevo colpevolmente dimenticato. Che spettacolo ragazzi...rimesso su oggi. Una scarica adrenalinica come pochi...Snake pit, una goduria. Applausi per il trio italoamericano piu furioso del NewJersey. D'accordo con Rino 8 pure per me.
jonny
Sabato 23 Luglio 2016, 21.06.35
7
Qesto non e' un semplice album, e' una contundende scheggia impazzita che ti si conficca da subito a primo impatto fin dentro le ossa, riff al napalm, assoli che ti fanno a fette, sezioni ritmiche fulminanti, brani aggressivi e travolgenti, e pur sempre viventi di vita propria, si muovono come le sistole e le diastole del nostro cuore, facendo pulsare l'album e pompando pura energia aggressiva creatrice, ognuno dei brani contribuisce di suo con le sue incisive sfumature, non ti lasciano respirare un solo attimo, grande band, magnifico album, unautentico lingotto do oro puro, metallo prezioso, come solo ai vecchi tempi sapevano lavorare.
rik bay area thrash
Sabato 23 Luglio 2016, 20.45.05
6
Ragazzi, se guardate il database di metallized troverete moltissimi album validi (imho) con pochissimi commenti. i soliti tre quattro gruppi che monopolizzano l'attenzione di tutti e poi dischi bellissimi, come questo, imho, quasi del tutto inosservati. Pensate quanti utilizzatori di heavy metal si perdono album che sono gioiellini .... peggio per loro ...
d.r.i.
Sabato 23 Luglio 2016, 20.31.08
5
Giusto Lambru, avevo perso la recensione. Disco unico per una band il cui suono è sempre attuale
LAMBRUSCORE
Sabato 23 Luglio 2016, 20.14.35
4
Siete pazzi a non commentare questo capolavoro, per me ogni pezzo è distinguibile , ha una propria storia, mentre tantissimi gruppi fanno dischi tutti uguali...
LAMBRUSCORE
Martedì 3 Giugno 2014, 21.50.12
3
Pochi commenti per questo grande disco, peccato, certo che anch'io a scrivere 2 anni dopo la rece...mi basta dire che l'avevo comprato forse nel 1989, edizione price killers, ce l'ho ancora e ci sono affezionato da matti...
Andria
Giovedì 23 Agosto 2012, 12.02.29
2
Sì è vero, quante pogate sul muro ascoltando Atlanta is burning down...
The Nightcomer
Lunedì 9 Luglio 2012, 23.39.28
1
Per me il miglior album dei Whiplash! Anche questo è un bel ricordo dell'epoca...
INFORMAZIONI
1987
Roadrunner Records
Thrash
Tracklist
1. Perpetual Warfare
2. Walk the Plank
3. Last Nail in the Coffin
4. Drowning in Torment
5. The Burning of Atlanta
6. Eternal Eyes (Last Nail in the Coffin, Part 2)
7. Snake Pit
8. Spiral of Violence
9. Respect the Dead
10. Perpetual Warfare (Outro)
Line Up
Tony Portaro (Voce, Chitarra)
Tony Bono (Basso)
Tony Cangelosi (Batteria)
 
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