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24/04/24
KARMA
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)
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Immortal - Diabolical Fullmoon Mysticism
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Vi sono almeno due modi di guardare il mondo. Uno è quello di stampo conservatore: cerca annaspando di perpetuare le regole vetuste, di tenere congelato lo sviluppo; è tipico di una forma mentis poco attenta al talento assoluto e attaccata al formalismo, alla burocrazia. Un altro è frutto delle menti feconde, di individui baciati dalla Musa della poesia. Potranno essi non avere ancora compiuto il loro accidentato percorso di maturazione, potranno non aderire completamente alle regole, ma vedono, scrutano il futuro e, spesso, il loro sguardo si rivela profetico.
Norvegia, 1992, anno in cui un imberbe Burzum debutta sul mercato, ecco un trio profilarsi sulla linea d’orizzonte, armato di tutto punto; un nero corvo sulla spalla borchiata di uno di loro: tributate i dovuti onori agli Immortal!
Ad ogni modo vent'anni fa i norvegesi non erano il gruppo che noi tutti appassionati conosciamo: erano semplici ventenni che, complice qualche amicizia inserita nell’ambiente del nascente movimento black metal, diedero alle stampe un discreto EP più un demo d’esordio, in cui alla chitarra figurava Jon Tunsberg, di recente ricomparso sulla scena con gli As I Shine dopo un periodo di detenzione (arse una chiesa insieme al Conte ed ai suoi compagni dell’Inner Circle). Tuttavia, per Olve Eikemo e Harald Naevdal, coadiuvati dal fido batterista Armagedda, giunse il momento di misurarsi con la lunga distanza, con lo scopo di testare le proprie capacità, già lodate dalla stampa di settore. Così, il 1 luglio 1992 vide la luce del sole estivo Diabolical Fullmoon Mysticism, il primogenito di una lunga, fortunata carriera. Un disco potente, ricco, che evidenziava uno spessore artistico non indifferente ed un’attitudine, se è concesso definirla in tal modo, maggiormente matura rispetto alle uscite coeve. La presenza di cantati semi-puliti (A Perfect Vision Of The Rising Northland), chitarre in pulito, liriche affusolate e profonde marcarono ancor di più la linea di confine fra gli Immortal ed il resto della scena. Non a caso, i due membri di lunga data non ebbero mai a che fare con gli eventi nefasti che presero luogo nella Oslo dell’epoca. Inoltre, il video girato per un’emittente televisiva interessata al movimento riguardante la prima, maestosa, traccia The Call Of The Wintermoon - un prodotto alquanto amatoriale se confrontato con lavori successivi, ma bisogna essere consapevoli che il tempo loro concesso fu esiguo (circa un pomeriggio) - permise all’album di restare ben impresso nella memoria degli ascoltatori.
Tratteggiando le caratteristiche principali del platter balza all’occhio quanto i nostri giovanotti abbiano ben chiaro l’obiettivo finale, benché i mezzi tecnici non supportino adeguatamente l’idea che muove la concatenazione degli eventi musicali. Con ciò non intendo certo affermare che il duo di Bergen fosse in chiara difficoltà nel maneggiare gli strumenti, è però altresì vero che lo stesso palesasse una comprensione delle proprie potenzialità piuttosto frammentaria, frutto della relativa inesperienza, della mancanza di mestiere a dispetto della predominanza del cosiddetto “lato umano” dell’artista (un po' come quella sensazione che si ha all'ascolto di una partitura di batteria registrata dal primo Vikernes). Si parla comunque di piccole, veniali imprecisioni, non di errori marchiani. Scendendo in profondità si incontrano canzoni che potrebbero fungere da esempio se qualcuno, appena ritornato da un soggiorno ventennale in Amazzonia o nel deserto degli Aborigeni, e voglioso di mettersi in pari con le tendenze del mondo evolutosi in sua assenza, chiedesse impaziente cosa sia questo black metal di cui ha sentito parlare di sfuggita. Cold Wind Of Funeral Dust o Cryptic Winterstoorms, aperta da un veloce arpeggio pulito che, visto retrospettivamente, richiama un altro penetrante intro che rende indimenticabile e immortale Cursed Realms Of The Winterdemons, potrebbero rispondere alle sue domande, garantendogli una piena e distinta comprensione degli stilemi tipici del genere, interpretati peraltro con una spiccata personalità (dote che non difetterà mai ai nostri, anche nei capitoli meno intrisi di fervore creativo).
Ho già citato la traccia finale, A Perfect Vision Of The Rising Northland, nove minuti di escursione in una giornata che volge al tramonto, circondati dalle montagne appena imbiancate, in cui la sublime bellezza dell’incoronazione del dio dei ghiacci ruba il respiro agli spettatori:
Winter of the ages so dark so cold that flames turn to the bluest frost Mountains of ice rises above a dead and frozen ground The ravens returns to the hills And the Millenium black bells of eternal frost Chaim through the Northern lightning
Tale paesaggio è magistralmente evocato dai versi che aprono le danze degli strumenti elettrici, in seguito ad una riflessiva sequenza di tre accordi aperti, do maggiore, mi minore, la minore, esaustivi nella loro istintiva semplicità; un episodio, che nel suo dipanarsi, getta le basi per i momenti di pura epicità presenti in At The Heart Of Winter. È senza dubbio materiale grezzo ma dal potenziale difficilmente calcolabile: basta prestare attenzione all’uso solo accennato dei synth, che fanno capolino nella seconda metà della traccia, all’assolo spiccatamente melodico, nonostante sia filtrato da una distorsione non indifferente, alle diverse linee strumentali che si intrecciano non mostrando tentennamenti. Una perfezione ed un equilibrio nel descrivere la stagione più fredda dell’anno che troverà eguali solo nella produzione successiva del combo scandinavo.
L’unico lato negativo è, come oramai un fruitore di questo affascinante genere dovrebbe intuire, la produzione, esageratamente ovattata e distante. Non si scade, punto a favore, nella plasticità e nell’artificiosità indotta dalla volontà scriteriata di tentare un miglioramento della resa sonora all’ultimo istante. Il missaggio comunque penalizza notevolmente il ruolo della batteria, i cui giri non sono sempre apprezzabili, e le frequenze massicce del basso, sotterrate dalle onnipresenti sei corde che, in controtendenza, risultano chiare, anche nelle difficili parti pulite. Discorso a parte per la voce: Abbath è dotato di un’espressività seconda a pochi nel panorama estremo, tanto da non aver estrema necessità di effetti atti ad incupire od inacidire il suo naturale timbro scream. Nonostante ciò, durante l’ascolto l’ugola del nostro non appare mai ben definita, ben contornata, benché questo particolare possa essere imputato all’inesperienza dietro al microfono del giovane scandinavo, probabilmente non totalmente avvezzo all’utilizzo violento ed esasperato del suo notevole talento canoro. È un peccato, ribadisco, che le linee del quattro corde - suonate dallo stesso cantante - non siano adeguatamente valorizzate, in quanto, nel corso futuro della band, si riveleranno essenziali quale contrappunto del monologo della ruggente chitarra di Demonaz (fino a quando la tendinite non decise di porre anzitempo termine alla sua avventura da musicista attivo).
Diabolical Fullmoon Mysticism è acerbo, indefinito, spontaneo, ma sorpassate queste prime impressioni rivela quanto i nostri, fin dai primordi, avessero già ben definita una personale accezione di estremismo musicale: in questa sede il celebre Ravendark non ha ancora fatto la sua teatrale comparsa, ma la maturità relativa che sottende ogni nota suonata dal trio, come accennato all’inizio della recensione, fa già presagire grandi cose riguardo all’avvenire del gruppo. Un talento non passato sotto silenzio nemmeno all’epoca. Un talento che appartiene solo alla seconda categoria degli osservatori della realtà: i visionari.
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Uno degli album black piu’ iconici di sempre ,che hanno dato inizio a un filone lungo e pieno di successi! L’influenza di Quarton e’ predominante in questa fantastica band, soprattutto nei primi 3 album,da blizzard beast in poi ha creato uno stile unico e inimitabile......
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Uno dei caposaldi di quella seconda ondata black che vedeva tante bands epocali sfornare i primi albums delle proprie discografie. Rispetto alle coeve uscite di Darkthrone, Marduk, Burzum, come pure Impaled Nazarene, questo primo album degli Immortal a mio avviso mette in campo un evidente lato epico (solo accennato o del tutto assente nelle suddette bands) che ne marchia l’atmosfera generale e lo rende affascinante ancora oggi. In quel periodo di 2/3 anni è l’album che forse di più mi sembra creare un ponte con le ultime cose black dei Bathory, ma magari è solo una mia impressione. Negli album immediatamente successivi questo lato epico degli Immortal verrà ricoperto quasi in toto da quello più violento e distruttivo del loro stile ma, come sappiamo, tornerà protagonista decisivo nel grandissimo At The Heart of Winter. Concordo col voto della recensione, perché alla fin fine non è il loro miglior album. Comunque rimane una pietra miliare. Semplicemente doveroso conoscerla. |
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Mi fanno pensare a dei Celtic Frost più "atmosferici"... Caposaldo del black norvegese, pur se prodotto e registrato con pochissimi mezzi.
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Disco recentemente acquistato, fantastico, fatico a trovare il migliore tra i primi 3 album degli immortal. Unica nota stonata il booklet, che riporta solo le lyrics e per giunta con un sacco di errori. Che sia colpa di demonaz o della osmose, fatto sta che hanno addirittura inventato un termine "chaime" ripetuto più di una volta nei testi. Comunque, voto:90. |
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17
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Una gemma oscura del black intrisa di malvagitá. È questo che ho pensato appena finito di ascoltare questo album. Le canzoni sono articolate e intense ti fanno sentire il freddo di quella terra ghiacciata. Questo album é battuto solo da battles in the north e at the heart of winter. Che esordio! |
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Ottimo disco, almeno un 80 se lo merita tutto, anche se il meglio arriverà col disco successivo, a mio parere. |
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E' un grandissimo album, ma A Perfect Vision Of The Rising Northland è la migliore in assoluto |
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Bellissimo un grande disco black.Grande il video di The Call Of The Wintermoon |
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Bellissimo ma inferiore a Pure Holocaust e Battles in the North...Un ottmo inizio, che diede il LA alla nascita di capolavori senza tempo. |
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Disco perfetto nel suo grezzume e nella sua feralità, c'è poco da aggiungere. L'unica nota dolente è che dischi con questo tipo di sound non si sentono più da quasi due decadi... |
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@il vichingo: quel video è talmente pacchiano e ridicolo, da essere appunto mitico...ehehe |
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Ovviamente qui parliamo di storia ragazzi!!!! Grezzo e ottimo debutto per una delle band regine del movimento scandinavo di quei fantastici anni '90!! UNA PERLA NERA seconda a mio modo di vedere solo all'inarrivabile "Pure Holocaust"....Da avere per ogni true black fans che si rispetti!! |
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@Bloody Karma: penso che il video di Call of the Wintermoon sia una delle cose più ridicole che abbia mai visto |
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ahahah si si |
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preferisco di più Pure Holocaust e la sua tormenta di neve che si porta dietro ad ogni ascolto, ma è chiaro questo disco è scolpito nella storia del black metal...da oscar anche il mitico video, ora non mi ricordo il pezzo, credo fosse the call of wintermoon, girato tra le rovine di un vecchio monastero... |
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E sono fiero di far parte di quella categoria altrimenti non avrei mai ascoltato le perle targate Immortal |
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Ha già detto tuttto Enry. |
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Disco che fa parte della Storia del Black Metal, il mio preferito insieme a Pure Holocaust. Il resto, pur di ottimo livello (parlo dei dischi anni '90, l'ultimo mi è piaciuto davvero poco), per me resta un gradino sotto. |
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Alzo mani non commento questa perla nera! |
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Finalmente Metallized ha rispolverato questa pietra miliare del Black. Da qui nasce una leggenda, una macchina da guerra nominata Immortal. Il sound è molto acerbo e la produzione è piuttosto confusa, fattori che potrebbero spiazzare un ascoltatore che non ha molta dimestichezza col genere, ma con gli ascolti ci si abitua . Canzoni come The call of the wintermoon e Unholy forces of evil sono dei veri e propri inni. Certo i capolavori di questa band sono ben altri, ovvero At the heart of Winter e Battles in the North, ma con questo disco hanno posato la prima pietra, e che pietra ragazzi! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. The Call Of The Wintermoon 3. Unholy Forces Of Evil 4. Cryptic Winterstorms 5. Cold Wind Of Funeral Dust 6. Blacker Than Darkness 7. A Perfect Vision Of The Rising Northland
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Line Up
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Abbath Doom Occulta (Voce, Basso) Demonaz Doom Occulta (Chitarra) Armagedda (Batteria)
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RECENSIONI |
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