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Marshall Law - Marshall Law
( 1651 letture )
Reazione spontanea del sottoscritto a leggere per la prima volta il nome della band odierna, Marshall Law: “E adesso che diavolo c’entra Tekken con l’heavy metal!?”
Successivamente, compiendo un po’ di indagini e raccogliendo preziose informazioni dalla preziosissima rete, scopro che i nostri hanno assai poco a spartire con il cuoco kung fuka del celeberrimo videogame: si tratta difatti di una band inglese attiva a partire dalla seconda metà degli anni ’80, tuttora attiva anche se al prezzo di uno split nel 1992 e di vari cambi di line-up. Questi ragazzi affondano le loro radici nella città di Birmingham, che ha dato i natali anche a colossi quali Black Sabbath e Judas Priest ed è proprio a questi ultimi che si ispirano maggiormente, proponendo uno stile di heavy metal a tratti vicino allo speed.

Il loro esordio, come nella miglior tradizione, avviene con un album omonimo, che i ragazzi britannici (allora quintetto, oggi semplice terzetto) rilasciano nel 1989, dunque in piena era thrash. L’apertura di questo lavoro è affidata all’intro Armageddon, un minuto di riff di chitarra in perfetto stile anni ’80, sia nella melodia che nella produzione: la prima vera traccia è dunque Under The Hammer, un titolo metal che più metal non si può, ne converrete? Del resto anche la traccia, al pari della sua introduzione, è un classico brano heavy/speed dei ruggenti eighties. I nostalgici di quell’epoca avvertiranno sicuramente una lacrimuccia scendere sulle proprie guance nell’ascoltare la voce squillante di Andy Pyke e le chitarre taglienti ma melodiche di Dave Martin ed Andy Southwell. Egual cosa si può dire al proposito di Rock The Nation: le chitarre tessono un tappeto di riff semplici e diretti, veloci ma non eccessivamente, la sezione ritmica le sostiene a dovere ed il cantante può sfoderare tutte le sue notevoli capacità; volendo fare un appunto, il ritornello corale non è il massimo dell’originalità, ma il brano in sé decisamente non presenta altre caratteristiche negative, ammesso chiaramente che per un ascoltatore meno puntiglioso del sottoscritto il ritornello corale costituisca un problema. Il ricordo di Tekken ritorna quasi necessariamente sulla title-track dell’album e, di conseguenza, traccia eponima della band, a tracciare una sorta di trinità profana al pari della leggendaria Black Sabbath: la batteria senza fronzoli e potente di Mick Donovan ci accoglie all’inizio, affiancata solo in un secondo momento dal basso di Malcolm Gould ed in un terzo dalle due sei-corde; sarà che le tracce precedenti erano davvero ben riuscite, questa ci sembra nel complesso meno brillante, anche se non si può certamente dire che sia brutta. Meglio pertanto passare subito alla successiva, anthemica Hearts And Thunder, che si divide fra momenti di puro speed metal old school e passaggi più ragionati, pur non rinunciando mai, in questa alternanza, alla velocità del ritmo complessivo e ad un tasso tecnico più elevato: a riprova di ciò, l’assolo è il migliore fra quelli ascoltati finora. Le due canzoni a seguire mantengono intatto lo stile heavy/speed del gruppo, cui ormai ci siamo abituati e, pur essendo buone, non aggiungono nulla di rilevante a quanto già detto finora, caratteristica che ci consente di non dedicar loro troppo tempo e di concentrarci invece sull’interessante Feel It: quest’ultima, difatti, più lenta della media delle canzoni dell’album, riprende alcune caratteristiche di Hearts And Thunder, fra cui un ritornello estremamente melodico ed orecchiabile, quasi glam. Magari qualcuno non lo gradirà per questo motivo, ma se non altro è una piccola aggiunta degna di nota. Anche le tre tracce successive sono meno scatenate delle precedenti e, per questo motivo, presentano a mio giudizio un difetto ed un pregio: il difetto è che, a tratti, risultano prive di mordente, mentre il pregio è rappresentato dalla loro innegabile metodicità ed orecchiabilità. La migliore, fra le tre, è senza alcun dubbio la conclusiva When Will It End, che val bene un ascolto, per parafrasare in chiave musicale Enrico IV di Borbone.

In sostanza, l’esordio sul mercato dei Marshall Law è un buon disco: contiene genuino entusiasmo giovanile, buona tecnica dove serve e maggior “concretezza” nei momenti giusti, melodie interessanti ed alcune canzoni senza dubbio degne di nota. Al tempo stesso, man mano che si va avanti l’album rischia, come già detto, di far venir meno la sua efficacia, non solo per l’ovvio fatto che l’orecchio tende a gradire più le prime canzoni rispetto a quelle che seguono: la sensazione viene data dalla piattezza di alcune tracce e, in generale, dall’eccessivo manierismo che si respira in taluni punti. Intendiamoci, si tratta di una buona band che avrebbe certamente meritato maggior successo rispetto a quello che ha avuto e merita sicuramente che si impieghino 40 minuti per ascoltare la loro musica, ma è probabile che alla fine continuiate a dedicare il vostro tempo a band più celebri.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
45.72 su 18 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
1989
Heavy Metal Records
Heavy
Tracklist
1. Armageddon
2. Under The Hammer
3. Rock The Nation
4. Marshall Law
5. Hearts And Thunder
6. Screaming
7. We're Hot
8. Feel It
9. System X
10. Future Shock
11. When Will It End?
Line Up
Andy Pyke (Voce)
Dave Martin (Chitarra)
Andy Southwell (Chitarra)
Malcolm Gould (Basso)
Mick Donovan (Batteria)
 
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