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Helioss - The Forthcoming Darkness
( 1527 letture )
I francesi sono maestri nell’arte di abbondare. Si pensi alla monumentale opera sulla memoria involontaria di Proust, ai romanzi naturalisti con occhi sul sociale di Zolà, alle circostanziate indagini sui meccanismi della società borghese di Balzac.
Non è quindi una casualità che la ricerca del piacere estetico si compia ideando componimenti incredibilmente ricchi, barocchi, opulenti, sia negli arrangiamenti che nello svolgersi, tanto da far sembrare quattro innocui minuti una durata insormontabile.
Certamente esistono eccezioni ossia artisti che mettono un vigoroso freno a questo indulgere, seppur la caratteristica atavica, radicata nell’essenza stessa del transalpino, riemerga violentemente.

Peste Noire e Pensèes Nocturnes (Vacuum, vero manifesto) hanno dimostrato che la fusione di neo-classicismo musicale, partiture sinfoniche, divagazioni eventuali ed infine devastante furia black metal è non solo possibile, ma anche appagante da ascoltare.
In questo scritto incontreremo un altro di questi esempi baciati da talento e fortuna: gli Helioss. Avviciniamo la lente di ingrandimento per conoscerli meglio.

Il gruppo, costituito da due elementi, Nicolas Muller agli strumenti ed alla programmazione, e Pierre Jourdan-Gassin al microfono e addetto alla stesura delle liriche. Nati ufficialmente nel 2009, a seguito di disparate esperienze nel mondo estremo, si propongono immediatamente di aggiungere, come già si accennava, linee melodiche provenienti dalla tradizione classica, in modo tale da donare un equilibrio formale alla loro musica. Il rapporto, composto da dialoghi continui fra chitarre dalla bassa distorsione, giri di pianoforte, inserti orchestrali, funziona. Così, rincuorati dalla buona riuscita dell’esperimento, nel 2012 decidono che il momento del grande salto è giunto: nasce allora Forthcoming Darkness, primo vagito del duo sul mercato internazionale.

Non posso negare che le opinioni entusiaste della stampa specializzata francese non siano giustificate: l’album è autenticamente un lavoro importante, maestoso, profondo, con quell’eleganza che unicamente le produzioni di un certo spessore possono permettersi di vantare. Dodici tracce, più una breve introduzione, atta, come il primo capitolo del libro di Copernico, a chiarire immediatamente i concetti, in cui lo sferragliare del metallo dallo sguardo torvo si compenetra, creando interessanti ibridi, con l’immortale potenza degli ottantotto tasti, onnipresenti, onniscienti, irrinunciabili. Il ruolo a loro assegnato è a tal punto cruciale da essere posizionati sullo sfondo, a compiere quello -complicato, mal pagato, spesso non compreso-, sforzo di costruire, attraverso progressioni azzeccate, fughe, contrappunti, un’atmosfera.

Le due voci, scream e growl, modello già testato felicemente da colossi quali gli Equilibrium, si muovono agevolmente nel panorama plasmato senza sosta dalla componente classica, peraltro programmata (non si nota, davvero) dal genio seicentesco di Nicolas (gusto alla Paganini e mani di fata), dando l’impressione di una spiccata dinamicità, avvalorata dalle continue variazioni nei tempi e nel riff principale da parte del binomio chitarra-basso (in gran spolvero, quasi a dar il senso di un’orchestra completa). Inoltre paiono convincenti, essendo praticamente esenti da artifizi da studio di registrazione. Il registro usato, comunque, pecca leggermente nella profondità del growl, passabile di miglioramento.
Da sottolineare il poderoso contributo solista, soprattutto in episodi quali At The Center Of Infinite o la strumentale The Dance Of The Vampire, in cui la prorompente tecnica di Nicolas, probabilmente forgiata sull’imitazione di Malmsteen o del medievaleggiante Blackmore, date i numerosi richiami alla scala minore bachiana, marchio di fabbrica principalmente dello svedese.

Nella sua interezza Forthcoming Darkness non presenta punti deboli additabili come tali: pur trattandosi di un’autoproduzione i nostri francesi, mostrandosi persone con senno, hanno dedicato particolare accuratezza sia sotto l’aspetto della produzione, accostabile ad uscite professionali, sia considerando il livello della scrittura, vicino alla soglia della completa maturità.
Prendendo infatti una a piacimento fra le tracce offerte non si trovano in essa cali di intensità o di ispirazione, solitamente peccati veniali di chi, alle prime armi, si appresta a tracciare il proprio sentiero. Anche l’ingerenza del classicismo, sicuramente base imprescindibile per la buona riuscita del platter,- e di ciò il duo si rivela perfettamente consapevole-, è gestita con intelligenza, evitando che la dose generosa di violenza, garantita da sfuriate in doppia cassa in fulminanti trentaduesimi, si stemperi nella melodia.
L’assenza, la quale all’inizio giudicavo inspiegabile, di registri puliti, è funzionale a quanto il bisogno di stabilire una relazione bilanciata fra le due anime, entrambe “egopatiche”. Non mancano, ulteriore intuizione notevole, trascinanti refrain, ad esempio il tema principale di Worm Inside o l’incedere drammatico della seguente From Buddah To The Cross, a rendere la fruizione dei cinquantacinque minuti di Forthcoming Darkness un’esperienza segnata, oltre che dalla tragicità teatrale, dalla leggerezza dei momenti in cui, invece di dover perseverare nella concentrazione, è concesso rilassarsi, semplicemente seguendo l’incalzante ritmo delle percussioni.

Chiudendo la disamina, il plot va, a mio parere, affrontato per gradi, privi della presunzione di abbracciare tutta l’opulenza compositiva degli Helioss in un’unica tornata. Questo poiché la narrazione si svolge su piani differenziati, i quali portano avanti fili rossi destinati ad incontrarsi, ma inizialmente contrastanti, proprio come accade in un’opera classica. Un’immagine che riassume la tendenza è la parte finale di From Buddah To The Cross, nella quale due assoli, uno in tapping, l’altro in legato, scorrono, intersecandosi al termine, su due binari paralleli. È da questi particolari che si evince quanto le partiture siano articolate su quattro o cinque dimensioni, in primis discorrendo del reparto cordofono, in cui chitarra ritmica, basso, chitarra solista, vivono indipendenti uno dall’altro. Difficile, indubbiamente, ma affascinante.

Forthcoming Darkness è una succulenta madeleine, in grado di riportarvi a sensazioni passate (i primi Dimmu Borgir), mantenendo la sua essenza ben ancorata alla modernità del nuovo Millennio.

Mordetela senza indugio se vi capiterà l’occasione.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
34.16 su 12 voti [ VOTA]
Undercover
Giovedì 10 Maggio 2012, 21.28.48
1
Sono migliorati davvero tanto, l'ep precedente era appena sufficiente, almeno per quanto mi riguarda, questo lavoro invece dimostra che il duo ha iniziato a metterci qualcosa di proprio, non saranno dei geni nell'ambito ma il risultato è apprezzabilissimo.
INFORMAZIONI
2012
autoprodotto
Black
Tracklist
1. Era Of Rain
2. The Worm Inside
3. From The Buddah To The Cross
4. Genocide
5. De Occulta
6. The Last Glow Of Universe
7. Architects
8. The Legion Of Pariahs
9. At The Centre Of Universe
10. Demiange
11. The Burning Eyes
12. The Dance Of The Vampire
13. Among The Dead
Line Up
Nicolas Muller (guitars, bass, programming)
Pierre Jourdan-Gassin (vocals)
 
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