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Murasaki - Murasaki
( 1433 letture )
Affascinato da ogni tipo di giapponeseria, organizzo un giretto in rete per trovare informazioni aggiuntive sui Murasaki e tra acque dietetiche, corroboranti bevande a base di latte e birra e WC supertecnologici con ciambella riscaldata, radio e bidet incorporato, riesco ad imparare qualcosa di più sul talentuoso George Higa e su una carriera di coraggiosa sperimentazione, anelito pacifista e miglioramento continuo che dal 1971 arriva ai giorni nostri. Cresciuto in una famiglia di artisti ed educato musicalmente negli USA, il tastierista raccoglie in gioventù ogni genere di influenza musicale: folk e pop giapponese, canzoni per bambini, musica classica, hit americane ed inglesi sono le basi sulle quali il giovane Higa, che successivamente cambierà il proprio cognome in Murasaki, costruirà un percorso artistico precorritore dei tempi, a cavallo tra la millenaria tradizione nipponica e le espressioni multiformi della world music. Dopo l'esperienza con i Crystal Chain, George forma i Murasaki ad Okinawa, insieme ai gemelli Toshio e Masao Shiroma: affascinata dalla culture hippy e dal movimento dei Figli dei Fiori, la band ottiene il consenso dei giovani rocker locali e dei soldati americani di stanza sull'isola (che solo l'anno successivo sarebbe stata pienamente restituita all'amministrazione giapponese). Il circuito militare è particolarmente ambito dalle band, e si dice che, grazie al favorevole cambio dollaro-yen, per i musicisti che abbiano l'occasione di esibirsi presso le basi sarà possibile costruirsi una casa grazie al denaro accumulato suonando per appena un paio di mesi. Ma non sono solo le prospettive di guadagno ad interessare. Nelle vibrazioni restituite dal pubblico americano lo stesso Murasaki riconoscerà uno dei fattori determinanti per la maturazione della band: respirare l'ambiente a stelle e strisce (George "was an American at school and a Japanese at home", recita la biografia) ed esibirsi davanti a soldati pieni allo stesso tempo di tensione e di voglia di divertirsi si riveleranno infatti un formidabile strumento motivazionale per crescere e migliorare. Ottenuto il primo contratto discografico quattro anni più tardi, gli operosissimi Murasaki pubblicano due studio-album nel corso del 1976 (il primo -recensito oggi- ad aprile ed il secondo a dicembre): confortati dall'ottimo riscontro ottenuto da quella miscela di hard rock, folk e rhythm & blues che prenderà il nome di okinawan rock, il gruppo raggiungerà la prima posizione nel concorso organizzato nel 1977 da Music Life, la più importante pubblicazione musicale giapponese dell'epoca.

La prima traccia del disco è un trionfo prog, nel quale sono le due chitarre di Higa e Shimoji, una sezione ritmica particolarmente eclettica e le tastiere dello stesso Murasaki ad assumere la direzione lavori, a discapito di un cantato trascurabile che -con la possibile eccezione della conclusiva Far Away- diventa puro e semplice accompagnamento. La ritmica assolutamente incalzante (quasi progenitrice di quello speed nipponico moderno che io definisco "urgente", per l'angoscia che mi provoca ascoltarlo) suona freschissima ancora oggi, ad ormai quarant'anni dalla registrazione: l'ensemble è vibrante e compatto, la pastura densa e ghiotta, con un feeling jazzistico che trascina ed entusiasma fin dal primo istante. Quello della band giapponese è un unisono compatto eppure continuamente cangiante, un vibrato stracolmo di energia, un sovrapporsi continuo di pattern classici e derivativi (Pink Floyd, Uriah Heep) con escursioni sorprendenti, uno stile pulsante che ammicca ora al rock americano seventies, ora agli inseguimenti di Starsky & Hutch (telefilm contemporaneo, non a caso), ora al semplice e spensierato rock'n'roll delle origini, con un tocco di cow-bell. Con la stella dei Deep Purple ad indicare la via (Murasaki non a caso significa "viola"), il disco sembra possedere l'energia del live, tante sono le variazioni di accento, le parti dedicate alla sperimentazione e, con esse, l'armonia ricercata con metodo nella quale anche lo spunto più eterogeneo finisce col confluire con dolcezza. Più musicali che teatrali, affascinati dall'esposizione strumentale a discapito della comunicazione vocale, i Murasaki sono capaci non solo di affascinare con voli pindarici, ma anche di spaventare: l'urlo inquietante che spezza il paesaggio lunare di Devil Woman (ispirata a Hard Lovin' Man dei Deep Purple) ha il gusto sadico -quasi macabro- di un Silent Hill o un Project Zero, per usare una doppia metafora videoludica. Dal bombardamento jazzy rock suggerito dall'immagine di copertina ad una successione geniale capace di fondere gli sguardi ambigui dell'horror giapponese con chitarre effettate in stereofonia spinta, Murasaki è un disco elegante e splendidamente nipponico: colorato, imprevedibile, troppo complesso per noi mortali oppure meravigliosamente sconclusionato, il tentativo ostinato di far coesistere rockeggianti riff di chitarra con atmosfere e ambizioni più grandi di loro è di un coraggio esemplare e quasi kamikaze. Canzone dopo canzone, le strutture si dilatano, incuranti di piacere o meno, e la band si prende spazi progressivamente più ampi per arrivare non tanto ad una sintesi, che non le è culturalmente propria, quanto ad una risoluzione più o meno coerente, quando non beffardamente affrettata (il finale di Devil Woman lascia di stucco, e quasi ferisce). Nel groove di Rock And Roll Nightmare, nel sapore on the road di What You Want o nel dolce cullare che -insieme al gradevole assolo di batteria- impreziosice la parte centrale di Maze, i Murasaki dimostrano di essere una band al debutto che non si tira indietro di fronte alle insidie del pensiero creativo: tra suoni felpati e perfetti (per il gusto e le tecnologie dell'epoca), qualche sibilo di fondo e ritmiche ora hard rock ora decisamente progressive, l'estroso sestetto del Sol Levante regala una performance di respiro internazionale per la varietà della suggestione (si veda la cover Lazy), ma anche squisitamente orientale ed isolana per la forza curiosa con la quale fagocita ogni tipo di moda, aggiungendovi la luce accecante di un effetto elettronico, il primo piano sugli occhi della protagonista, la lentezza pregnante di certa televisione didascalica alla quale segue, nella più bizzarra delle ipotesi, un finale irrisolto.

Il primo lavoro del sestetto con gli occhi a mandorla è un album di levigate superfici nel quale, per talento e cultura, il fine estetico viene conseguito con una serie di spunti di assoluta sostanza, da assimilare poco per volta. Lungi dal servire un ascolto facile o perfettamente coerente, il debutto di George "Purple" Higa e compagni è un caleidoscopio rock di efficacia fondante, dalla suggestione fuori dal tempo, condannato a realizzare una propria attualità solamente nell'ascolto futuro. Murasaki è un atletico disco-Megaloman che fa volentieri a meno di una cronologia compiuta, capace -con il senso di libertà che esprime- di ricreare lo stupore di un bambino davanti ai fuochi d'artificio, la notte di San Lorenzo: numeri singoli e singolarmente sorprendenti, fautori di un'emozione sempre diversa, nell'attesa del colore e della forma che verranno, liberi di sbocciare in cielo e svanire precipitando, nell'attimo successivo.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
35.75 su 12 voti [ VOTA]
anvil
Mercoledì 23 Gennaio 2013, 16.07.55
1
Possiedo la cassetta duplicata , disco da orecchiare con più ascolti , originali e tutto sommato piacevoli .
INFORMAZIONI
1976
Bourbon Records
Heavy
Tracklist
1. Double Dealing Woman
2. Devil Woman
3. Rock and Roll Nightmare
4. Lazy
5. Do What You Want
6. Maze
7. Far Away
Line Up
Masao Shiroma (Voce)
Yikuo Shimoji (Chitarra)
Kiyomasa Higa (Chitarra)
George Murasaki (Tastiere)
Toshio Shiroma (Basso)
Eiichi Miyanaga (Batteria)
 
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