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Martyr Lucifer - Farewell To Graveland
( 2326 letture )
Graveland – Don’t you call my name
Graveland, I walk away
Graveland – Just forget my name
Graveland, I’m walking away


Tutt'intorno al solitario viaggiatore nient'altro che un arido e sterile deserto; la terra che non vede acqua da settimane, forse mesi, continua a riempirsi di larghe crepe e lo sconforto aumenta man mano che si va avanti.
Ogni passo libera una nuvola di polvere, ogni colpo di vento, ogni mulinello d'aria solleva tanti detriti da soffocare e impedire la vista.
Il grezzo pulviscolo si attacca alla pelle, si insinua tra i vestiti e nelle pieghe del corpo, attira i liquidi e prosciuga ancora di più le cose con cui entra in contatto.
La morte è la principale abitante di queste lande, non più un'anima umana, non più un animale o un vegetale a ravvivarla...
Non si può più andare avanti, bisogna fuggire verso un nuovo mondo e abbandonare questa terra desolata giunta al suo crepuscolo, prima di diventare un'altra tomba anonima e sperduta che nessun mai visiterà.

Questa è più o meno la visione che mi ha generato l'ascolto di Farewell to Graveland, opera prima del personalissimo e omonimo progetto del talentuoso musicista riminese Martyr Lucifer (che molti di voi ricorderanno per la militanza negli Hortus Animae).
Un disco variegato e anomalo per il classico contesto gothic italiano, suonato per altro con l'ausilio di musicisti sia italiani (con molti membri degli stessi Hortus) che europei.
Un sound moderno e molto meno cupo di quanto i testi possano far pensare quello proposto da Martyr (oltre che abbastanza lontano dalle sue solite coordinate) con ampie aperture elettroniche e passaggi al limite del progressive consentiti dall'ottima capacità esecutiva di molti dei membri.
Ma analizziamo un po' più a fondo il lato tecnico del cd.
La prima cosa che balza all'orecchio è la preponderanza a livelli di volume della sei corde di Arke che si destreggia tra arpeggi e momenti solisti piuttosto articolati (e multitraccia) e stacchi ad accordi pieni in clean (anche leggermente effettati grazie ad un limitato uso dei chorus e talvolta del flanger) mentre il classico riffing in power chords è lasciato molto più indietro dando parecchio respiro al lato ritmico.
Il basso dell'ucraino Evgeniy "Vrolok” Antonenko infatti risulta spesso ben udibile e per quanto non si prodighi in passaggi eccessivamente complessi o tecnicamente impegnativi fa bene il suo grazie anche ad un suono leggermente distorto che satura le basse frequenze fungendo da perfetto collante tra la chitarra e la batteria.
Discorso molto più complesso quello che riguarda le pelli, sono infatti due i drummer che hanno preso parte alle registrazioni (cinque brani a testa, anche se non è specificato quali): uno è Grom, batterista italianissimo che ha militato anche negli Hortus Animae, mentre l'altro è niente poco di meno che Adrian Erlandsson, batterista svedese celebre sopratutto per la sua militanza negli storici At the Gates; la resa della batteria infatti ne ha guadagnato in termini di varietà, alternando sobri ma non banali passaggi nei pezzi più lenti (con un uso fantasioso dei piatti) a tirate parecchio decise di doppio cassa che da sole spingono il lato ritmico insieme a rapidi ed incisivi passaggi sui tom.
Affollato anche il reparto tastiere dal momento che quelle più “classiche”, tra cui gli archi e gli organi (oltre al piano), sono state curate per la maggior parte dal tastierista Bless mentre parte dei synth più “sperimentali” e legati all'anima più dark del cd sono stati curati direttamente da Martyr.
La parte vocale è totalmente dominata dal mastermind riminese che interpreta ottimamente tutti i pezzi con il suo cantato basso leggermente effettato dal timbro secco e grezzo, alternato a sussurrati, narrati e a brevi passaggi a tonalità più alte; se posso permettermi una critica è forse leggermente rivedibile la pronuncia inglese (sopratutto l'accento davvero pesante) però mi rendo conto che non sia facile liberarsene. Il nostro è stato inoltre supportato in alcuni frangenti dalla cantante ucraina Leit che dimostra anche di trovarsi a suo agio con la pronuncia italiana (ascoltate i suoi passaggi nella cover di Guccini L'Albero ed Io).

Farewell to Graveland è un cd con un minutaggio decisamente consistente per cui se vi dovessi segnalare alcune canzoni da ascoltare per farvi un'idea vi suggerirei: la titletrack (con annesso breve intro), canzone dotata di un gran tiro e che esplica a meraviglia i contenuti del cd; Noctua Munda che è forse il pezzo più sperimentale e con una maggiore presenza delle tastiere e dei synth che sfogano la parte elettronica dell'anima del platter; la buona e già citata cover (rigorosamente in acustico) di Francesco Guccini arricchita dalla simulazione dell'effetto del vinile che scorre applicata alla voce di Martyr; la più riflessiva They Said With Time All Wounds Will Heal con il suo malinconico refrain e alcuni dei migliori passaggi di basso che troverete in tutto il cd e dulcis in fundo la lunghissima The Horseride (dura poco più di dieci minuti) che - a dispetto del minutaggio - riesce a mantenere alta l'attenzione dell'ascoltatore grazie alla giusta alternanza tra momenti spinti e rilassanti passaggi di pianoforte.

Cosa dire per riassumere?
Questo esordio dei Martyr Lucifer non è un disco facile o immediato, c'è davvero tantissima carne al fuoco per cui non aspettatevi di trovare un'opera easy listening o rapida da assimilare.
Personalmente il primo impatto è stato parecchio difficile ma l'album alla fine è cresciuto parecchio, manca ancora secondo me qualcosa a livello di amalgama dei vari strumenti perché spesso gli arrangiamenti risultano davvero troppo contorti, anche se immagino sia anche dovuto al fatto che è il primo disco di un progetto che mi auguro possa proseguire e perfezionarsi.
Aggiungerei anche un paio di note di merito sia per la registrazione, che è davvero di alto livello e permette di godere appieno di tutti gli strumenti e tutti i dettagli, cosa non da poco considerando l'altissimo rischio di saturare eccessivamente il mix finale a causa dei molti e diversi suoni e sia per la copertina piuttosto ispirata.

In definitiva se siete amanti del gothic metal andate ad ascoltare questo prodotto italiano perché non rimarrete delusi, si può ancora migliorare ma già questo cd vale i soldi che costa.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
90.59 su 89 voti [ VOTA]
Razor
Martedì 26 Giugno 2012, 16.41.13
4
Eh si in molti vorrebbero che i Katatonia suonassero ancora come in Dance of December Souls o Brave Murder Day, però a tanti altri vanno bene come sono adesso E' inevitabile sicuramente paragonare il nuovo corso di un artista con i suoi lavori precedenti ma ognuno ha la sua crescita personale. Magari non era sua intenzione di riprendere le note del passato, io personalmente ho trovato questo disco molto originale e interessante. E inoltre penso che abbia più senso che se uno fa un disco solista sia diverso da altri dischi della sua band!
Le Marquis de Fremont
Lunedì 25 Giugno 2012, 13.30.59
3
Non è esattamente la musica degli Hortus Animae, band tanto eccelsa, quanto sottovalutata ma tra le mie preferite. Bien sur, qui si sente che Martyr Lucifer vuole andare in una direzione più personale e concordo con il recensore che l'album necessita di parecchi ascolti. Di solito questo aspetto non mi convince perché denota un songwriting non immediato e quindi non brillante ma per Martyr ho fatto un'eccezione. Però devo dire che il pezzo che mi è piaciuto di più è la "hortusiana" (se mi passate il termine...) The Horseride. Magari se riprendesse di più le note provenienti dal passato e sempre tenendo una (piccola) parte di new directions, forse il sound sarà migliore. Per ora (molto) meglio i grandi Hortus Animae. Au revoir.
andrea
Mercoledì 20 Giugno 2012, 16.24.48
2
mi associo a GioMasteR. li conoscevo già di nome ma ammetto di non aver ancora ascoltato niente, rimedierò.
GioMasteR
Martedì 19 Giugno 2012, 22.53.02
1
Interessantissima realtà semi sconosciuta gli Hortus Animae, se la mano è rimasta la stessa correrò a dare un ascolto a questo lavoro!
INFORMAZIONI
2011
Buil2Kill Records
Gothic
Tracklist
1. Janus
2. Farewell To Graveland
3. Turmoil
4. From Under The Ground
5. Noctua Munda
6. Onironauta (The Demon Of The Earth)
7. L'Albero Ed Io (Cover di Francesco Guccini)
8. The Dustflower
9. They Said With Time All Wounds Will Heal
10. The Horseride
11. Waiting for the Dawn
Line Up
Martyr Lucifer (Vocals & Synth)
Leit (Vocals)
Arke (Guitars)
Bless (Keyboards)
Evgeniy "Vrolok” Antonenko (Bass)
Adrian Erlandsson (Drums)
Grom (Drums)
 
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