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Gojira - The Link
( 5964 letture )
"Oh, ma l’hai ascoltati sti Gojira? M’han detto che fanno death metal. Impossibile, dai, io ci sento un sacco di thrash, post-thrash alla Meshuggah.
"Lascia perdere va’, è chiaro che il cantante è una copia blanda e spudorata di Max Cavalera. Sì ma ste ritmiche doom così opprimenti?"
"E il batterista? indeciso se darsi al groove o al funk. Non hai evidentemente colto i riff in pulito e l’andazzo prog. Mah!"

Riflettevo su quanto cambia la musica, su quanto il tempo la cambi, un po’ come le persone. Cambi il modo di intenderla, riceverla, ascoltarla, comporla e questo è certo il prodotto di fattori interni, assiomi che non possiamo controllare perché derivanti in gran parte dalla nostra interiorità e dal rapporto che si viene a stabilire tra essa e la materia informe sulla quale andiamo ad agire, in una spirale di evoluzione continua ed inarrestabile; influenze esterne, dati analitici ricavati dall’esperienza, suggestioni di una realtà che miriamo ad afferrare nella sua completezza pur consci dell’impossibilità di rendere concreta questa unione simbolica tra l’essere e la natura che da ogni parte lo circonda, a tal punto che egli se ne senta braccato e preferisca abbandonare le virtù del passato per un avvenire forse più certo, ma decisamente plumbeo e monocorde.

Il passato è una chimera a volte più vivida della realtà stessa, una fiera dall’aspetto bestiale e dalle molte teste, tante quante sono le remore che ogni individuo custodisce in sé: il passato è importante, è l’ultima chiave per capire cosa siamo stati e sarà la prima a rivelarci il perché delle nostre future azioni ed è solo grazie alla memoria, che quest’ultimo trova una sua legittimazione, solo in luogo del ricordo che ciò che prima ci appariva casuale ora acquista un significato ben determinato.
Nel 2003, infatti, ben pochi avrebbero scommesso sul roseo avvenire del progetto dei fratelli Duplantier, ancor meno, forse, avrebbero preso in causa la possibilità che i tempi maturi portassero a dei giovani musicisti quella risonanza che ad oggi si è tramutata in vero e proprio proselitismo. Potremmo intraprendere discussioni interminabili su quale possa essere stato il fattore scatenante questo successo, metterci a tavolino e indicizzare una dopo l’altra le varie influenze riscontrabili, sezionare pezzo dopo pezzo il corpo musicale ed assimilarne le singole parti, ma tutto ciò che ne otterremmo sarebbe la coscienza di un viaggio percorso ponendosi sulla strada sbagliata, quella del cercare la sperimentazione a tutti i costi. I Gojira fanno i Gojira. In particolar modo durante l’ascolto, è irrilevante ai fini pratici soffermarci su quante e quali possano essere state le mani in pasta, musicalmente parlando, che hanno portato alla luce il secondo parto della band d’oltralpe. Volendo essere più leggeri, anzi, ci converrebbe piuttosto far notare quanto il moniker attuale altro non sia che l’originale Made in Japan del giurassico “Godzilla”, storico appellativo appartenuto ai quattro all’epoca delle prime, acerbe registrazioni.

L’alba di un nuovo millennio è certamente un avvenimento al quale non si assiste tutti i giorni ed il miglior modo per i Gojira di inserirsi in questo contesto è stato…parlarne! Ci troviamo di fronte ad un tessuto lirico che fa del proprio punto focale la trattazione di tematiche legate all’ambiente ed al suo incontro/scontro con le esigenze umane e con un bisogno di fisicità crescente, al quale questo The Link sembra approcciarsi con un’etica ecologista ma ancor più incentrata sull’anima, le cui reazioni ed i cui moti vengono osservati da un punto di vista platonico, gettando peraltro una strizzatina d’occhio al fenomeno della metempsicosi o trasmigrazione dello spirito post-mortem. Il collegamento, stando alla filosofia del gruppo, rappresenta il fulcro del rinnovato contatto uomo-natura, ed esso è concretizzabile tramite l’azione diretta dell’individuo che rinuncia alla propria parvenza corporea in favore di un più trascendente stato di coscienza: egli è, in pratica, il medium di sé stesso e l’anello mancante tra ogni singolo microcosmo e la sostanza universale.
Se il messaggio è pervaso da un clima generalmente propositivo e positivo, lo stesso non può dirsi dei mezzi con i quali esso viene messo in risalto: sul versante tecnico, a momenti prettamente atmosferici e contraddistinti da una tribalità di fondo, si alternano violenti scossoni costituiti in gran parte da ritmiche disarmanti e spesso funzionali allo stravolgimento compulsivo del beat. Mario Duplantier è autore di una prova molto versatile, mostrandosi più percussionista a trecentosessanta gradi che semplice mente dietro la linea ritmica la quale, è bene ricordarlo, consta di un equilibrio notevole poiché pone i propri arrangiamenti tanto sopra le spalle del sopraccitato Duplantier che del basso di Labadie: tutto fuorché mero accompagnamento.

La durata delle undici tracce che compongono il platter non supera i cinquanta minuti, che a dispetto di una proposta la quale si rivelerà ostica ed in un primo momento disorientante per alcuni, specie chi predilige scelte stilistiche uniformi e straight-edge, scorrono in maniera decisamente fluida, ed è un bene considerando che ci troviamo di fronte ad un modus operandi che fa dell’eterogeneità e dei rapidi switch di tempo, approccio, stile ed atmosfera le proprie peculiari chiavi di lettura. L’apripista non le manda certo a dire: con l’omonima The Link i francesi non si risparmiano nulla ma davvero nulla di ciò che si era già visto nel predecessore, Terra Incognita, riproponendolo con una maggior rifinitura ed una più generale attenzione e dovizia di particolari, con l’accortezza di apporre alla matrice musicale un filtro anti-ridondanza che vada a limare quel fastidioso senso di ripetitività che rendeva il debutto dei Gojira un’opera interessante, ma immatura sotto molti punti di vista. Sembrano volerci trasportare nel 1996, ai primi accenni di un cantato che non può non ricordare le coraggiose scelte dei Sepultura di Roots, quel raschiare soffocato e tossico che pervade la performance di Joe Duplantier, ben coadiuvato da una struttura dove la fanno da padrone i mid-tempos, salvo esplodere in maniera frenetica sulla rottura del breakdown e della doppia cassa in enfasi. A seguire Death Of Me, emblema delle potenzialità del combo, un frammisto ben congegnato di tecnica e groove, due sezioni contrapposte e contigue nelle quali ben si fondono un death mai esasperato con punte evidenti di thrash cervellotico e dissonante, sui toni costantemente bassi e rauchi così cari al vocalist transalpino. Connected spezza il ritmo e costituisce uno dei diversi collanti nei quali è possibile riscontrare quella natura velata e ‘psichedelica‘ che sembra voler concedere all’ascoltatore un attimo di tregua, ma si tratta di un falso allarme, ed è con l’incedere di Remembrance che la direzione intrapresa si ispessisce realmente, pescando a piene mani dal riffing stridente di Mårten Hagström e Fredrik Thordendal, la cui coagulazione all’interno del brano è volutamente resa sincopata e sottoposta al mutare repentinamente. Indians è forse la traccia più lineare e prevedibile, certo quella dal songwriting maggiormente statico, ma è seguita da uno dei momenti massimi e quello che spicca oltremodo per tecnica strumentale, Embrace The World.
Il drumming è risonante, plastico, impressiona per ricercatezza e pulizia generale, in questo non si nega però alla furia cieca che lo contraddistingue, senza mai risultare invasivo o soppiantare eccessivamente il tessuto vocale di un Joe Duplantier in questo episodio nettamente sopra le righe, la cui prestazione vocale dai toni metallici e diluiti colpisce con riguardo alla seconda metà del brano. Inward Movement alterna un crescendo di intensità da momenti tipicamente groove a fraseggi death al fulmicotone, peccando comunque di un’omogeneità di fondo nel lavoro chitarristico e relegando il pezzo ad un mestiere troppo poco incisivo; Over The Flows appare invece contraddittoria e piuttosto slegata dal contesto e dal mood più proprio dell’album, la cui ciclicità nel reiterare una pulizia melodica a refrain frenetici, sostenuti da una voce che in questi frangenti si scinde nettamente dalle cantilene a volte poco efficaci di cui sono cosparsi i verse, colpisce a primo impatto ma non convince del tutto. Rimangono, infine, i piacevoli interludi che definiscono altre delle innumerevoli anime di questi Gojira: la pacatezza ed il raccoglimento dei sensi in Torii, le velleità quasi metalcore di Wisdom Comes, tirato fuori dal cilindro dei vecchi demo e tirato a lucido, a precedere Dawn, conclusivo mid-tempo che a delle chitarre complessivamente più tenui ed incentrate sull’effettistica, unisce dei ritornelli ambiziosi, quasi a voler sottolineare ed inebriare l’epilogo di un sentore post-metal dal quale la band francese non sembra sino all’ultimo estranea.?

Se i Gojira volevano, con questo The Link, stabilire dei collegamenti all’interno della loro proposta, è ipotizzabile che ci siano riusciti, ma con risultati solo in parte soddisfacenti: a volte si ha l’impressione che le vie di fuga utilizzate siano troppe, conferendo sì un forte senso di novità e freschezza al secondo nascituro, ma finendo per privarlo di una direzione coerente e coesa, capace di elevarlo a qualcosa di più che una semplice bella prova. E’ bene dunque giudicare il prodotto come parte di una fase di transizione necessaria, un embrione destinato al concepimento di un gusto più elevato, quello che i due fratelli troveranno e modelleranno con l’incedere al tempo, perché è giusto dirlo, quegli stessi ragazzi che a tuttora godono del rispetto di un pubblico più ampio, non esisterebbero se non per volontà propria, grazie ad un volere di introspezione artistica che ben nove anni or sono dava alla luce i risultati di cui sopra, privi di eccellenza alcuna ma indispensabili, anzi, fondamentali.
Non esiste futuro senza passato.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
45.85 su 84 voti [ VOTA]
Kenor
Sabato 16 Aprile 2022, 12.11.12
18
Album fantastico, la produzione é un po' strana ma passabile, Dawn, Wisdom Comes, Death on Me, Rememberance e Inward Movement sono dei capolavori, il resto dell'album é molto buono, Soltanto Fortitude e From Mars to Sirius sono meglio di questo, voto 92
Undertow
Venerdì 29 Settembre 2017, 17.35.39
17
Boh non l'ho capito sto disco. Gli altri ho sempre fatto fatica ad assimilarli ma alla fine li ho sempre valutati positivamente. Questo boh. Non mi è andato proprio giù. Una palla furibonda.
Havismat
Sabato 5 Agosto 2017, 10.35.32
16
Lavoro scarso, a mio modesto parere. Nettamente inferiore al disco di debutto.
Feffa la cagna
Giovedì 2 Giugno 2016, 23.54.00
15
Il cantante una copia di Max Cavalera? Eh?!
Almetallo
Venerdì 30 Maggio 2014, 20.50.07
14
Secondo me è un ' ottimo album , spettacolari la titletrack e wisdom comes voto 85
Almetallo
Venerdì 30 Maggio 2014, 20.50.05
13
Secondo me è un ' ottimo album , spettacolari la titletrack e wisdom comes voto 85
freedom
Giovedì 28 Giugno 2012, 14.12.55
12
Si infatti, è tutto soggettivo...
waste of air
Giovedì 28 Giugno 2012, 14.11.13
11
@freedom: secondo me non è un capolavoro. Buono, buonissimo, ma non ottimo..Spiegheremo tutto nella recensione, altro non posso dire! Ps: è anche nel mio stereo da 10 giorni filati!
freedom
Giovedì 28 Giugno 2012, 13.59.47
10
@blackstar: Non voglio prendermi questa responsabilità, magari poi non ti piace...io lo ascolto da una settimana e adesso ho anche il cd in edizione speciale (con tanto di dvd bonus), e posso dire che raramente ho speso 20 euro così volentieri. E' un gran disco, forse quello che mi ha preso di più dell'intera discografia fino ad ora. Non vedo l'ora di leggere la recensione!
EdoCFH
Domenica 24 Giugno 2012, 9.42.30
9
a me continua a non piacere tantissimo, terra incognita secondo me è molto superiore, Neurosis e Morbid angel insieme, che spettacolo quel cd! Poi vabbè gli ULTIMI 3 non si battono
blackstar
Domenica 24 Giugno 2012, 9.23.43
8
@freedom: quindi l'ultimo dei Gojira è un capolavoro. Buono! Allora lo comprerò a scatola chiusa(ho ascoltato solo L'Enfant Sauvage e mi è piaciuta)
BILLOROCK fci.
Sabato 23 Giugno 2012, 14.53.34
7
very good
Flag Of Hate
Sabato 23 Giugno 2012, 14.49.50
6
@Billo: no, quello era il mio gemello buono scherzo, i Gojira sono un gruppo che ha sviluppato uno stile unico nel suo genere, e per di più apprezzo le loro tematiche ambientaliste. Quindi li supporto al 100%, aspetto il disco nuovo con grandi aspettative.
freedom
Sabato 23 Giugno 2012, 12.07.10
5
Ciao Billo! Il caldo di questi ultimi giorni mi sta uccidendo, torno a casa dal lavoro sconvolto, non ho avuto nemmeno la forza di pigiare la tastiera del pc...e poi sono stato troppo occupato ad ascoltare l'ultimo dei Gojira, capolavoro!
BILLOROCK fci.
Sabato 23 Giugno 2012, 12.01.36
4
ciao Etneo, come butta era da un pò che non ci si beccava
freedom
Sabato 23 Giugno 2012, 11.54.29
3
Secondo me il voto è troppo basso, io gli darei 80. Disco acerbo è vero, e che non gode della produzione stratosferica dei loro ultimi lavori, ma che già mostra una band che vuole andare oltre certi "cliché" ed imporre uno stile personale. Embrace the World, Indians e Remembrance (e forse anche qualche altro pezzo) sono dei classici. Da riscoprire.
BILLOROCK fci.
Sabato 23 Giugno 2012, 11.43.42
2
O.O oddio.... Flag.... non puoi essere tu??
Flag Of Hate
Sabato 23 Giugno 2012, 11.30.09
1
Bello, ma ancora acerbo. La maturazione arriverà due anni più tardi con quello che (aspettando "L'Enfant Sauvage") tutt'oggi è il capolavoro della band di Bayonne, ovvero "From Mars To Sirius". Band straordinaria, in ogni caso. Il disco merita 75/100.
INFORMAZIONI
2003
Boycott/Next Music
Prog Death
Tracklist
1. The Line
2. Death of Me
3. Connected
4. Remembrance
5. Torii
6. Indians
7. Embrace the World
8. Inward Movement
9. Over the Flows
10. Wisdom Comes
11. Dawn
Line Up
Joe Duplantier (Voce, Chitarra)
Christian Andreu (Chitarra)
Jean-Michel Labadie (Basso)
Mario Duplantier (Batteria)
 
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