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De Profundis - The Emptiness Within
( 1681 letture )
Chi anche questa volta sperava nel ritorno degli Opeth ed è rimasto deluso da Heritage, chi si aspettava un salto nel passato da parte di Mikael e si è trovato disilluso dovrà necessariamente puntare su altre proposte o su altre band.
I De Profundis li avevamo conosciuti un paio di anni fa con quella sorpresa chiamata A Bleak Reflection, la quale attingeva a piene mani dal bagaglio opethiano più estremo, estremizzandolo ma senza snaturare la delicatezza compositiva.
Terza prova per gli inglesi, quella che si dice essere la prova cruciale, il fatidico terzo album...
Immersi in un panorama retrò, citando il mondo fantastico di Travis Smith, i nostri sembrano trovarsi sempre di più a loro agio nel prendere il testimone della vecchia band di Åkerfeldt. Sebbene i brani sono molto più tirati e portati all'eccesso - rispetto alla band svedese - il tutto rientra perfettamente in uno schema ben definito, un quadrato ben disegnato, rimbalza continuamente da un estremo all'altro senza arrivare al parossismo sonoro e mantenendo lo stesso squisito songwriting del precedente album.
Le chitarre e la batteria di Delirium definiscono i connotati black/death del brano ma si cambiano di ruolo costantemente in questo gioco delle parti: se prima i riff erano tiratissimi e di chiara matrice nera, la batteria (e ovviamente la voce) portavano le atmosfere verso i lidi più death; il tutto poi per cambiare nettamente all'insegna di furiosi blast-beat ma accompagnati da fraseggi che sembrano uscire da Deliverance.
Suoni e produzione si avvicinano moltissimo al gioiello più estremo degli Opeth; anche Silent Gods gioca su dissonanze che sembrano uscite da Wreath; il mood del brano acquista un'intrigante gravosità sonora, la batteria - quasi sempre velocissima - rende l'idea di qualcosa di fragile immerso nell'instabile inesorabilità del proprio destino. Anche quando le chitarre si addolciscono in tonalità acustiche, le pelli di Nick non lasciano respirare l'ascoltatore che poi si troverà in mezzo alle urla più black-oriented e a un groove tipicamente swedish.
Eppure quella classe che unisce il metal e il fusion comparirà molte volte: in This Wretched Plague (che non manca di sfoggiare un assolo di basso fretless) si parte con calme tonalità jazz per poi accennare anche a qualche frase in voce pulita; Release, invece, spolvera un incipit free-jazz per poi immergersi in una vagonata di ricordi che provengono da Blackwater Park.
Ben riuscita anche l'opzione di mettere due brani strumentali che, anche se non differiscono sostanzialmente dagli altri, ci regalano dei memorabili attimi funkeggianti però iperdistorti (Twisted Landscape) oppure alcune rispolverate heavy, con fraseggi che si rincorrono in pieno stile maideniano (Parallel Existence).

Se, quindi, A Bleak Reflection era arrivato praticamente di sorpresa, questo The Emptiness Within si spinge un passo oltre il lavoro precedente; questo gioiellino conferma l'invidiabile maestria del combo inglese, regalando (ancora una volta) quel vento che, tutti i fan nostalgici degli Opeth, vorrebbero sentirsi ancora addosso; vento che, però, in questo caso, è carico di una punta d'estremo in più; la classe c'è tutta ma non è suonata coi guanti di velluto.



VOTO RECENSORE
73
VOTO LETTORI
35 su 12 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2012
Kolony Records
Prog Death
Tracklist
1. From the Depths...
2. Delirium
3. Silent Gods
4. This Wretched Plague
5. Twisted Landscapes
6. Release
7. Dead Inside
8. Parallel Existence
9. Unbroken (A Morbid Embrace)
Line Up
Craig Land (Vocals)
Roman Subbotin (Lead, Electric and Acoustic Guitars)
Shoi Sen (Lead, Electric and Acoustic Guitars)
Arran McSporran (Fretless Bass)
Nick Tingle (Drums and Percussion)
 
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