Sembra che ultimamente la scena heavy underground italiana stia rinascendo, in barba alle nuove tendenze hip-hop, nu-metal, rap e via discorrendo. E di questo non posso che esserne felice, se i gruppi sono tutti cosi' convinti dei propri mezzi e decisi come i trevigiani Burning Black. Questo quartetto suona un classico heavy metal potente, vicino ai Judas Priest, con una sezione ritmica che tende un po' piu' verso un power metal decisamente roccioso, un po' come nei Primal Fear di Ralf Sheepers. Un suono classico, con una discreta produzione, con dei buoni assoli, e elementi anche tratti dallo speed metal, rimanda chiaramente agli anni '80, nei quali l'heavy metal stava cominciando a imporsi a livello internazionale, sempre, ovviamente, con un occhio di riguardo per dei suoni piu' catapultati nel presente, in modo da non sembrare anacronistici. Si comincia con un un roccioso brano classic/power, caratterizzato dalla particolare voce di Max, roca e profonda al tempo stesso, discretamente variegato, vicino ai Judas Priest (che sono infatti una delle maggiori influenze della band), per poi passare ad un brano che piu' classic non si puo', con un Max che ricorda davvero Ralf Sheepers e Rob Halford (rispettivamente cantanti di Primal Fear e Judas Priest, per chi non lo sapesse) quando canta nelle parti piu' aggressive, un po' meno quando canta con voce pulita e "melodica" : in questo brano sicuramente gli Accept (altra influenza primaria dei Burning Black) fanno piu' che una comparsata, contribuendo a creare un brano potente, che rappresenta, a mio parere, la vera essenza della band. "Nothing for the losers" e' un brano atipico, non tanto per il sound, che e' caratterizzato da alternanza tra melodia e aggressivita', vicino al power metal americano di gruppi come i Metal Church, quanto per il riff di sottofondo, che ricorda non poco i Black Sabbath, e per l'utilizzo che ne fa la band, in quanto e' un brano da proporre dal vivo, e serve (nella parte centrale, decisamente prolungata) a presentare i componenti della band. si conclude con un brano heavy/power veloce e spumeggiante, sicuramente quello piu' vicino al power metal degli Helloween che furono, anche se con una produzione piu' pesante e potente, con alcune influenze che ricordano i Manowar, altro gruppo dal sound classico ed epico, grazie soprattutto al cantato squillante di Max, che qui assomiglia non poco a Eric Adams (cantante dei Manowar, appunto). Tirando le somme, non posso, da amante delle sonorita' classiche quale sono, che lodare l'intento dei Burning Black di ricordare a tutti da dove nasca l'heavy metal (dopo i Black Sabbath, ovviamente), notando positivamente il loro desiderio di mescolare influenze provenienti da piu' band differenti, senza fossilizzarsi su un sound uguale nel tempo. I Burning Black hanno tutto il tempo per migliorare ancora (l'eta' dei componenti va dai 20 ai 24), quindi per il futuro mi aspetto una prova piu' lunga, e magari con brani piu' personali...per ora, avanti cosi'!
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