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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Witch Mountain - Cauldron of the Wild
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( 3140 letture )
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Partirei da una considerazione innegabile: se siete amanti del doom metal quest'album non potrà che farvi saltare dalla sedia. No, non è un album innovativo, non ci sono sperimentazioni, non c'è l'ombra di originalità; anzi, ci sono i soliti cliché di cui ogni album doom che si rispetti presenta. Ci sono i soliti forti rimandi ai Black Sabbath, i testi esoterici e i consueti richiami settantiani, ma c'è anche tanta, tantissima ispirazione di fondo; c'è la chitarra di Rob Wrong, con i suoi incalzanti riff ai limiti -ed oltre- dello stoner, ci sono i suoi assoli da brividi (ascoltate quello iniziale di Shelter, da togliere il fiato), e poi c'è lei, Uta Plotkin, un'ugola che non ha bisogno di presentazioni, un'autentica sacerdotessa capace tanto di ammaliare quanto di stupire.
Questo Cauldron Of The Wild è il terzo album in studio per gli americani Witch Mountain, dopo South of Salem dello scorso anno e soprattutto il secondo dopo la lunga pausa che seguì il debutto Come the Mountain del 2001.
Si parte con l'opener Lanky Rae: l'andatura è cadenzata, l'interpretazione di Uta è eccelsa, un'espressività teatrale che però non risulta esagerata e non stanca mai. Il brano segue gli schemi predefiniti del genere, ricalcando ossessivamente ogni dettame lasciato in eredità dal passato. Un buonissimo brano che apre le porte alla successiva e stupenda Beekeeper, primo vero highlights: il pezzo è minaccioso, il suono scuote l'oscurità dalle fondamenta, si assottiglia per strisciare in ogni angolo, il canto della strega si innalza oltre la quiete, ed è un cumulo di macerie quello che lascia al suo passaggio. Classic doom suonato con chitarre stoner e un'attitudine esoterica, la stessa che evoca la bellissima copertina del lavoro, ricca di dettagli, estremamente curata e in linea con il mood dell'album. Shelter, oltre allo stupendo assolo iniziale di cui vi avevo già accennato, si arricchisce di una strofa che alterna pieni e vuoti, in una tempesta doom che si tuffa barcollante nei lamenti di una chitarra ispirata e di una maestra di cerimonie con pochi eguali. Veil of the Forgotten è un altro pugno nello stomaco, ma scagliato con un'eleganza sorprendente. Il lavoro chitarristico è davvero eccellente, capace di portare nel suo ventre tutto il candore della notte e tutto l'orrore che solo il giorno più buio sa donare. Arriviamo così alle ultime due tracce del dischetto, che sono anche le più lunghe e articolate. La prima, Aurelia, è avvolta da arpeggi che si intrecciano e che rincorrono la voce di Uta, la cui interpretazione è ancora da standing ovation. I minuti scorrono inesorabili, la musica si dipana nell'aria, magnetica e affascinante; è caldo il respiro della morte, sa parlare all'anima con la sua lama affilata, può portartela via, nascondendola tra riff che vanno ad alimentare una crescente tensione. Il finale è un susseguirsi di tumulti emozionali incontrollabili. Un altro highligths. L'album viene chiuso da un'altra suite, Never Know, con ancora toni soffusi -leggermente blueseggianti questa volta- per una dolce nenia che esplode nel finale nei suoi vagiti doom colmi di calore, e poi ancora nel bellissimo assolo di Rob.
Senza alcun dubbio, per chi scrive, Cauldron of the Wild è uno degli album più belli di questo 2012 in ambito classic doom. Per gli amanti del genere sarà una manna dal cielo, rovente come un girone dantesco; per tutti gli altri, e per quelli che non riescono a comprendere la magia di questo fantastico mondo, sarà solo un semplice album ricco di cliché e uguale a mille altri. Io la mia scelta l'ho fatta, ora decidete voi da che parte stare... Doom on...
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7
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vai tranquillo Paul e facci sapere se ti è piaciuto.. |
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6
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Boh, l'ho comprato ieri, spero che questi commenti positivi non mi abbiano abbagliato! |
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5
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assolutamente, flag ha ragione...i miglioramenti sono macroscopici...bloody facci sapere poi cosa ne pensi.... |
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4
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@Bloody Karma: vedrai che i miglioramenti rispetto ai primi due sono macroscopici, sia nel songwriting che nell'interpretazione dei brani! |
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3
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South of Salem non mi era piaciuto per niente...considerando però che emiliano difficilmente canna un disco, vedrò di ascoltarlo |
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2
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Direi che c'è poco da commentare, Emiliano ha già detto tutto. Concordo con voto e recensione. |
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1
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Aspettavo la recensione e non ne sono rimasto deluso. Bellissimo disco, fottutamente Doom, esoterico ed oscuro, egregiamente interpretato dalla Plotkin, vero asso nella manica del gruppo americano, dotata di una voce versatile, affascinante, ammaliatrice. Se Caparezza diceva che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista, aggiungerei che il terza è quello della consacrazione, pienamente avvenuta con questo disco. Da avere. 86/100 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Ballad of Lanky Rae 2. Beekeper 3. Shelter 4. Vel of the Forgotten 5. Aurelia 6. Never Know
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Line Up
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Uta Plotkin (vocals) Rob Wrong (guitar, vocals) David Hoopaugh (bass) Nathan Carson (drums)
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RECENSIONI |
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