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Kvlt Of Hiob - Thy Kingly Mask
( 1139 letture )
Le violenze e la follia perpetrate in nome del credo cristiano sono il tema portante intorno al quale Thy Kingly Mask, primo full-lenght dei Kvlt Of Hiob, è interamente costruito. Il monicker stesso scelto dal duo tedesco è quanto mai esplicito: Hiob, ovvero Giobbe, colui il quale venne sottoposto a numerose torture e martiri da parte di Satana per mettere alla prova la sua incrollabile fede in Dio.

I colpi di frusta sulla pelle, il dolore, le grida di una donna, brandelli di preghiere inutili recitati in un indottrinamento coercitivo caratterizzano le battute iniziali del primo brano, offrendo un' immediata dimostrazione del pensiero e della filosofia che si celano all’interno dell’album.
Dal punto di vista musicale invece, l’esordio dei Kvlt Of Hiob rivela degli aspetti sicuramente molto interessanti che necessitano però di più di un ascolto per essere compresi ed apprezzati.
Thy Kingly Mask non è un album che si svela facilmente, anzi, procede a passo molto lento, a tratti quasi doom, frapponendo numerosi ostacoli alla sua assimilazione. Difficile darne una definizione che non sia troppo riduttiva: ritualistic black metal, sporco, sofferente, saturo di inquietudine, con lunghi e numerosi intermezzi cerimoniali a scandire i vari passaggi fatti di atmosfere catacombali e opprimenti.

Le scenografie sono cupe e sinistre, le chitarre sembrano rimanere impalpabili, tessono delle trame leggere ed opache, rimanendo spesso appese ad arpeggi dolenti ed angoscianti. Pochi sono i brani che si tuffano in direzioni più agili e veloci, come la parte iniziale di Witches Wine, sostenuta da una batteria martellante. La maggior parte delle volte si rimane sospesi tra melodie dissonanti, in ambientazioni rarefatte e soffocanti, spettatori di crudeli cerimoniali, in cui rimane sempre, pesante come piombo, una atmosfera plumbea che grava sull’intero album.
Ma, nelle dieci tracce che compongono il full-lenght, sopra tutto e tutti, è sempre la voce il carattere dominante. Voce che grida, si contorce, emette urla sgradevoli, che a volte sembra officiare qualche oscuro rituale o qualche potente invocazione, altre volte si unisce ad un coro processionale, poi diviene un sussurro malefico, ma è sempre e comunque sovrastante su tutti gli altri strumenti, quasi a sostenere da sola l’intera struttura dell’album. Una presenza vocale assidua, quella di Hvman Antithesis, a tratti scomoda, volutamente fastidiosa e sgraziata, spesso ingombrante, che è il vero tratto distintivo di Thy Kingly Mask.

Il primo brano, The Lords Prayer, si sviluppa in modo frammentario e disomogeneo. Le intenzioni della band sono chiarissime, sin dalle prime battute: creare un'ambientazione cupa e soffocante per arrivare a turbare, disturbare forse sarebbe il termine più appropriato, l’ascoltatore nel profondo dell’animo. Un riff di chitarra, semplice ma efficace, si alterna a spazi in cui voci riverberate si accavallano, evocando nella mente lamenti e litanie di anime dannate.
Anche nel secondo brano si procede con continue dissonanze, riuscendo a dare una forma disarmonica anche alla parte melodica centrale, dove si innesta una voce pulita, creando una forma di smarrimento e profonda inquietudine.
I brani successivi si sviluppano sulla stessa linea, tra lunghi cerimoniali, una serie di invocazioni che rischiano di distrarre troppo l’ascoltatore, ambientazioni rarefatte e qualche brusca accelerata.
Degni di nota Procession Of The Burning Eyes, brano che riesce a mantenere un buon equilibrio tra le varie parti senza sbilanciarsi negli eccessi di disarmonie, urla agghiaccianti ed evocazioni sinistre; così come la parte finale di Theos, con una chitarra che rimane ancorata ad un ritmo lento e ipnotico, mentre sotto la batteria infuria con un ritmo martellante, creando un contrasto di grande effetto.
Da segnalare anche l’ultimo brano, The Beholder, bonus track tratta dall’omonimo demo del 2011.

In Thy Kingly Mask molti sono gli spazi vuoti e rarefatti, forse troppi. I Kvlt Of Hiob puntano tutto sulle atmosfere e sulle ambientazioni piuttosto che sulla struttura dei pezzi e sulle linee musicali. Il songwriting non è particolarmente degno di nota, la continuità compositiva si disperde in una densa nebbia fumosa, ma nell’insieme la band riesce a creare delle atmosfere e delle scenografie di sicuro effetto. Anche la produzione è adeguata al tipo di proposta voluta dalla band: fosca e sporca, rende l’album ancor più sordido e malsano.
Certamente In Thy Kingly Mask è un lavoro interessante, un album black sicuramente non convenzionale, ma sfortunatamente, a causa delle criticità esposte in precedenza, destinato ad un pubblico ristretto di appassionati del genere.



VOTO RECENSORE
66
VOTO LETTORI
77 su 1 voti [ VOTA]
Undercover
Lunedì 8 Ottobre 2012, 22.19.08
1
Onestamente la voce non la trovo cosi brutta, anzi si allinea alla proposta di stampo "orthodox" perché è quello il filone a cui si rifanno, l'unica critica che mi sento veramente di muovere a 'sti ragazzi é: come cazzo li scegliete i caratteri per i testi inseriti nel booklet? Sono talmente piccoli che uno rischia di diventare cieco (e non ceco) per leggerli. Per quanto riguarda le strutture dei brani, un po' per il genere, un po' per le intenzioni già dichiarate dal monicker, mi attendevo un album di stampo "cerimoniale" e quindi mi stanno bene così.
INFORMAZIONI
2012
Blut&Eisen Productions
Black
Tracklist
1. The Lord’s Prayer
2. Witches Wine
3. Sacrament
4. Le Moine
5. Procession Of The Burning Eyes
6. Ultima Tempestas
7. Abominations Of The Earth
8. Theos
9. Conclave Ends
10. The Beholder (Bonus Track)
Line Up
Deathkvlt Prayer (All instruments)
Hvman Antithesis (Vocals)
 
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