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Seven Kingdoms - The Fire Is Mine
( 2300 letture )
Il classico disco che farà la felicità degli amanti del power metal e farà sbadigliare potentemente tutti gli altri. I Seven Kingdoms, band americana proveniente dalla Florida, tentano il colpo grosso col terzo album The Fire Is Mine che segue il debut Brothers of the Night (2007) ed il secondo Seven Kingdoms (2010), il primo a presentare l’attuale line up. I Nostri sembrano di fatto figli delle lande scandinave o piuttosto delle foreste della mitteleuropa, tanto è forte il richiamo ai canoni più noti del classico power metal europeo. Rispetto ai campioni del genere, il gruppo punta sulle vocals femminili, di grande attrazione in questi ultimi anni e Sabrina Valentine si dimostra peraltro tecnicamente molto preparata e dotata di una timbrica che a molti non potrà non ricordare la famosa Amy Lee degli Evanescence. Il gruppo non rinuncia a presentare stacchi e riff di matrice thrash, annegati ed amalgamati alle note e ripetute sfuriate di doppia cassa ed ai classici soli rapidi e melodici tipici del genere. In realtà, un maggior ricorso a questo tipo di soluzione avrebbe senz’altro giovato all’intero disco per elevarsi rispetto alla media delle uscite del settore, come alcuni brani della seconda parte dimostrano appieno: se la band avesse avuto il coraggio di puntare tutto su sonorità che uniscono il power/thrash metal USA stile Nevermore a linee melodiche più dolci e sognanti, vagamente connotate di gothic, allora avremmo avuto per le mani un album decisamente interessante. Così non è, purtroppo.

The Fire Is Mine si segnala per la qualità assoluta della proposta da un punto di vista tecnico-formale e non ci saremmo aspettati di meno da una band statunitense. Tutti i musicisti coinvolti offrono una prestazione di livello alto, se non altissimo, ponendosi già in partenza nettamente al di sopra delle uscite di settore. Gli intrecci chitarristici, vera cifra portante a livello strumentale, offrono tutto il meglio del repertorio, con una prestazione che non mancherà di entusiasmare tutti gli amanti del genere. Lo stesso può dirsi del lavoro della sezione ritmica, con Aaron Sluss semplicemente dirompente dietro le pelli e dotato comunque anche di un certo gusto e perfino un bassista che, quando lasciato libero dalla supremazia chitarristica, riesce anche a ritagliarsi il proprio spazio. Come già detto, l’elemento sul quale il gruppo punta è comunque la cantante Sabrina Valentine, la quale però, al pari di tutti gli strumentisti, mostra sì di avere pieno controllo tecnico della propria voce, ma ancora non sembra in grado di offrire linee melodiche personali e dotate di una propria identità. Quello che manca a Fire Is Mine, insomma, è la personalità: un dato si dirà che affligge il 95% delle uscite power mondiali eppure non per questo trascurabile. A differenza di altri gruppi del settore, però, i Seven Kingdoms godono di un vantaggio notevole: innanzitutto, si tratta di una band relativamente giovane, con appena quattro anni di vita alle spalle e, quindi, dopo aver dimostrato di saper tenere in mano gli strumenti, potranno poi cercare una evoluzione propria che li differenzi dalle altre miriadi di band similari; in secondo luogo, i margini di crescita sono evidenti e già insiti nella loro proposta: come detto, se la band decidesse di puntare maggiormente sul proprio DNA power/thrash, sviluppando il cantato di Sabrina verso linee melodiche più identificabili ed originali, preoccupandosi un po’ meno del formalismo manierista ed un po’ più dell’identità individuale, probabilmente già il prossimo album ci potrebbe mostrare delle cose egregie. Per il momento, non resta che gustare una seconda parte di album decisamente più interessante della prima, con Fragile Mind Collapse, In the Twisted Twilight e The King in the North a contendersi la palma di miglior canzone del lotto, mentre la ballatona acustica Kardia costituisce senza dubbio la traccia più interessante della prima parte, sebbene una certa somiglianza con altre canzoni del genere sia innegabile. L’opener After the Fall e le seguenti tracce, salvo qualche episodio, sono invece in tutto e per tutto le classiche canzoni power che avete sentito già milioni di volte e solo la prestazione strumentale e la particolare timbrica della singer sembrano dare loro un senso. Comunque troppo poco per andare oltre una meritata sufficienza.

Come molte band che tentano di imporsi, i Seven Kingdoms hanno deciso di buttare sul mercato un disco che ne mostra le potenzialità in divenire, ma che al tempo stesso è perfettamente inquadrabile all’interno di un filone ben preciso. Una scelta che dovrebbe favorire un primo approccio da parte dei tanti appassionati di queste sonorità, dato lo spessore tecnico, le evidenti capacità di songwriting e la particolarità data dalla voce di Sabrina Valentine, che unite ad alcuni scampoli di possibili evoluzioni, contribuiscono a lasciare un’impressione positiva nei confronti di un album che di per sé fa tutt’altro che gridare al miracolo, assestandosi su una media onorevole ma senz’altro molto al di sotto delle potenzialità della band. Non resta che vedere se questa strategia premierà i Seven Kingdoms, riuscendo a far breccia in un mercato ipersaturo come quello del power metal, o se invece li rinchiuderà nel grande albo delle promesse mai mantenute.



VOTO RECENSORE
64
VOTO LETTORI
65 su 4 voti [ VOTA]
Lizard
Lunedì 10 Dicembre 2012, 14.09.55
3
Quando farà il cantante o il compositore lo capirà da solo Marquis. Comunque, accuse di saccenza a parte (da che pulpito direi), vorrei sottolineare la prima frase della recensione. Per il resto, se il disco piace ne sono lieto e auguro alla band di guadagnare tantissimi fan in Italia e in Europa. Per adesso, attendo un ulteriore prova di valore, visto che attualmente il gruppo sa solo rimescolare le carte, ma ancora, a mio avviso, non ha iniziato davvero a giocare.
Le Marquis de Fremont
Lunedì 10 Dicembre 2012, 14.04.56
2
Quoto Franco 73 in pieno, L'ho ascoltato questo weekend luminosissimo dal bianco della neve e del ghiaccio sui rami e li ho trovati veramente interessanti. Una ottima sorpresa, che metto seconda solo a Carolus Rex dei Sabaton, come uscita power del 2012. Per me, non solo hanno un songwriting eccellente (fanno cioè, belle canzoni) ma anche dal punto di vista tecnico strumentale e perfetta resa dell'album sono veramente notevoli. Sottolineo anche la bellissima voce della cantante. E sottolineo inoltre, sorry, la saccenza e superiorità dei recensori che sembrano sempre guardare tutti dall'alto. Mi piacerebbe sapere che tipo di musica ne uscirebbe se "la band decidesse di puntare maggiormente sul proprio DNA power/thrash, sviluppando il cantato di Sabrina verso linee melodiche più identificabili ed originali, preoccupandosi un po’ meno del formalismo manierista ed un po’ più dell’identità individuale...." Me la potrebbe tradurre, please? Merci.
Franco 73
Martedì 27 Novembre 2012, 6.40.34
1
Sicuramente nulla di originale. Pero' la qualita' complessiva della proposta non mi sembra cosi' comune. Assoli sempre incisivi, ritmiche varie e mai monotone, voce ottima, si fa fatica a rintracciare un filler. Penso che meritino molto piu' della sola sufficienza. 80 e speriamo che acquisiscano un po' di personalita'.
INFORMAZIONI
2012
Nightmare Records
Power
Tracklist
1. Beyond the Wall
2. After the Fall
3. Forever Brave
4. Flame of Olympus
5. Symphony of Stars
6. The Fire is Mine
7. Kardia
8. Fragile Minds Collapse
9. In the Twisted Twilight
10. A Debt Paid in Steel
11. The King in the North
Line Up
Sabrina Valentine (Voce)
Camden Cruz (Chitarra)
Kevin Byrd (Chitarra)
Keith Byrd (Basso)
Aaron Sluss (Batteria)
 
RECENSIONI
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