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Black Country Communion - Afterglow
( 6094 letture )
Prima o poi doveva accadere: il duo compositivo che aveva fatto la grandezza dei Black Country Communion si è sciolto, con il serio rischio che sia per sempre. Chi ha seguito le vicende interne in casa del gruppo, saprà già che lo stesso Glenn Hughes aveva paventato pubblicamente che Afterglow avrebbe potuto essere l’ultimo album per la band a causa dei molteplici impegni di Joe Bonamassa, che non permettevano di lavorare con continuità ed andare in tour regolarmente. Un vero e proprio “lavaggio in pubblico di stracci” che al chitarrista non è piaciuto per niente, tanto da congelare di fatto i rapporti con Hughes e mettere a repentaglio la vita stessa di questo supergruppo, almeno, con la formazione attuale. Certo, leggere tra i ringraziamenti dell’album appena uscito che lo stesso Bonamassa ringrazia gli altri musicisti per quello che “è stato un viaggio magnifico”, sembra indicare il peggio. Ma chissà, al di là di tutto si tratta di persone e se l’ego non l’avrà vinta, forse non sarà troppo tardi per i Black Country Communion.

Date le premesse ed il poco tempo che Bonamassa ha potuto dedicare alla scrittura delle canzoni, non stupisce affatto che l’asse compositivo si sia spostato definitivamente proprio verso l’altro pilastro, Glenn Hughes, che mette mano praticamente in tutte le canzoni dell’album e ne scrive cinque in solitaria su undici (cinque sono invece quelle in cui partecipa, assieme agli altri, Bonamassa, cantandone in coppia solo una, Cry Freedom). Lo spazio lasciato libero dal chitarrista viene prontamente occupato da uno Sherinian decisamente più presente, sia in fase compositiva che strumentalmente all’interno della tessitura dei brani, da Kevin Shirley, vero master mind dietro tutta l’operazione Black Country Communion, e da un iperattivo Jason Bonham, il quale firma quattro brani in collaborazione ed uno, Common Man, praticamente da solo.

L’attivismo di tutta la band sembra confermare che nonostante tutto l’aria all’interno resta quella piacevole e divertita che ha attraversato gli altri due dischi: di fatto, Afterglow è però l’album meno riuscito dei tre. Si tratta, vista la forte e maggiore influenza di Hughes, del disco più omogeneo e coerente, aspetto questo che mancava quasi totalmente al precedente 2, rispetto al quale però, mancano le strepitose composizioni singole, quelle capaci di fare la differenza. Quello che conta in Afterglow è il complesso: undici canzoni dense e piuttosto aggressive, cupe si direbbe, tra le quali ci sono sì pezzi di ottimo livello, ma manca il colpo da ko. Fosse stato un disco solista di Hughes, sarebbe andato sicuramente tra le sue uscite migliori in assoluto, ma trattandosi dei Black Country Communion, qualcosa manca e quel qualcosa è la specificità di Bonamassa. Non che il chitarrista si limiti al compitino, questo no: i suoi soli e la prestazione in generale sono davvero ottimi e costituiscono senza dubbio i momenti di maggior slancio dell’album, assieme ad una prestazione a dir poco strepitosa di Hughes, probabilmente la migliore in assoluto contenuta nei dischi della band; la mancanza si avverte maggiormente a livello compositivo e questo segna, nel bene e nel male, il nuovo album. Ovviamente, ciò non impedisce affatto di apprezzare la qualità assoluta che si respira lunga una tracklist da far tremare i polsi a chiunque e che, per qualunque altra band, farebbe gridare al vero miracolo. Afterglow, infatti, non fa che confermare il livello eccelso di questa band in ogni suo componente ed offre sicuramente alcune canzoni da annoverare tra le più riuscite degli ultimi anni nel settore ma, forse per la prima volta, manca la sorpresa: il disco non stupisce. L’accanirsi di Hughes su partiture funkeggianti, condite da un hard rock potente e roboante, intervallate da lentoni d’atmosfera da urlo, costituisce uno schema conosciuto e collaudato, sicuramente ancora fecondo e portatore di attimi di puro godimento, ma il brivido dell’ignoto resta del tutto fuori dal disco. Poco male, finché ci saranno brani come This Is Your Time, Midnight Sun, la straripante ed entusiasmante Confessor, i due slow strepitosi Afterglow e The Circle, il blues ostinato e fiammaggiante tipicamente in Bonamassa-style di Cry Freedom, la zeppeliniana The Giver e la potentissima chiusura di Crawl, canzone scritta per 2 ma poi rimasta fuori dalla track list, sicuramente staremo comunque parlando di eccellenza. Invece, brani come l’opener Big Train, Dandelion e la stessa Common Man, che si salva grazie al clavinet di Sherinian ed alla divertente jam finale, sicuramente non sono destinati alla galleria dei classici.

L’impressione finale è che si tratti comunque di un disco davvero ottimo, superiore in ogni sua componente e privo di veri momenti di stanca o di poca ispirazione. Purtroppo, il livello a cui la band ci aveva abituato era talmente alto che anche canzoni di pregevolissima fattura come quelle che intermezzano questo disco, finiscono per far storcere leggermente la bocca, come se si attendesse qualcosa che poi non arriva: il brano immortale che sai essere nelle corde di questi stupendi musicisti. Invece, a farla da padrone in senso positivo sono le “piccole” cose, le qualità individuali che emergono prepotentemente. Ad esempio, uno Sherinian più al centro dell’attenzione, grazie anche ad una scelta di suoni decisamente maggiore che in passato: accanto al solito hammond compaiono infine anche mellotron, clavinet, archi synth, mentre il tastierista si concede finalmente anche il gusto di qualche assolo in più, oltre al solito grande lavoro di contrappunto e tappeto. Come detto, Hughes giganteggia lungo tutta la scaletta e leggere nelle note che tutte le parti vocali sono frutto di tre-pomeriggi-tre di lavoro, fa capire quanto certa gente dovrebbe solo inginocchiarsi e chiedere perdono di fronte alla grandezza di questo meraviglioso sessantenne (21 agosto 1952, per la precisione). Dal canto suo, Bonamassa si limita quindi ad essere il grandissimo chitarrista che ormai ben conosciamo, mettendo al servizio delle canzoni il consueto gusto e la solita classe tecnica. Un plauso infine ad uno straripante Bonham, assolutamente incontenibile e qui senz’altro autore della sua prova migliore, anch’essa finalmente messa nella giusta evidenza da un mixaggio che trova la quadratura perfetta al terzo tentativo.

Afterglow è un disco che non offre le punte di eccellenza che caratterizzano i dischi precedenti della band, ma in compenso non soffre dell’eccessiva lunghezza e pomposità del primo, che voleva assolutamente dettare un “nuovo standard” per l’hard rock classico, e della discontinuità del secondo, nel quale il dualismo tra i due compositori principali emergeva in maniera fin troppo eccessiva. Il terzo capitolo della saga, in attesa di capire se si tratterà dell’ultimo (avrei un nome da suggerire nel caso: chiamami Glenn!), si dimostra coeso, potente e riuscito, leggermente inferiore negli episodi singoli, ma eccellente nel complesso. Che li conosciate già o siate solo curiosi nei loro confronti, non fatevelo mancare.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
54.07 su 27 voti [ VOTA]
iommi
Venerdì 5 Novembre 2021, 12.27.28
13
per me questo è il migliore dei 4 album della band
Rob Fleming
Sabato 16 Gennaio 2016, 19.16.10
12
Io preferisco i primi due episodi. Certo anche in questo album i grandi pezzi non mancano: The circle, Common man, The giver e Crawl (strano a dirsi gli ultimi). Ma, a mio avviso, il vero unico pregio dei BCC è stato quello di aver fatto conoscere al mondo (hard) rock il talento di Joe Bonamassa.
Acting Out
Venerdì 21 Giugno 2013, 14.30.48
11
Capolavoro. Migliore degli altri due ottimi album. Glenn Hughes miglior cantante della storia del rock. Punto.
fabrizio
Domenica 25 Novembre 2012, 21.07.06
10
Dopo averlo ascoltato parecchio, non riesco a dare un giudizio definitivo, per me sta nel mezzo dei primi due dischi. Non sono per niente d'accordo sulla mediocrità degli altri musicisti, ce ne fossero di così modesti. Spero continuino con o senza Bonamassa, in ogni caso è un disco interessante
Lizard
Martedì 6 Novembre 2012, 23.29.27
9
L'album è eccellente, ma non è all'altezza degli altri due e questo perché manca il contributo di Bonamassa, non compensato dalla maggiore presenza e dalla straordinaria bravura degli altri tre. Più chiaro così? quando lo avrai ascoltato facci sapere cosa ne pensi!
marmar
Martedì 6 Novembre 2012, 23.09.41
8
Onestamente non ho capito se quest'album è bello o no, recensione un po' controversa, non mi resta comunque che prenderlo e ascoltarmelo con calma. Comunque se è troppo Hughes oriented non va bene, i suoi ultimi album solisti non mi prendono più di tanto, ormai la splendida voce che fu negli '80 è solo un lontano ricordo.
fabio II
Martedì 6 Novembre 2012, 16.46.07
7
Se non ci fosse Glenn il mio interesse per questa band sarebbe pari allo zero; i due precedenti sono dischi normalissimi nell'hard blues, sicuramente lo ascolterò ma se non mi esalta ( caso che dalle parole di Lizard credo difficile ), stavolta i soldini vanno a qualche anima più bisognosa e a me nascosta. Sempre rimanendo a tema con l'articolo 'Gli Intoccabili'
LORIN
Lunedì 5 Novembre 2012, 11.55.10
6
@Raven - anche io sono a conoscenza del suo caratteraccio per non chiamarlo col suo nome :cioè uno S......! Due anni fa fu avvicinato per un festival rock locale qui in zona e si comportò veramente male nei confronti di chi lavorava per portarcelo,però poi è arrivato Don Airey.......
Flip Flop FLap
Lunedì 5 Novembre 2012, 10.49.42
5
Trovo questo gruppo davvero modesto, in particolare in questo disco: un lavoro standardizzato, fatto con riga e compasso con tutti i crismi, ma senza calore. Hard rock ISO9000, insomma. Solo Bonamassa suona ispirato e vivo, gli altri paiono mummie.
Fabio
Lunedì 5 Novembre 2012, 9.21.05
4
Vorrei rispondere a Sabbracadabra. I BCC sono una band straordinaria, composta da musicisti incredibilmente bravi e questo disco Glenn se l'è composto quasi interamente da solo, tant'è che avrebbe dovuto uscire come album a sua firma. Per cui allora da come dici tu, anche lui non sa scriversi la canzoni per lui!!!!
Raven
Lunedì 5 Novembre 2012, 8.18.01
3
Guarda, io l'ho visto a Palermo qualche anno fa, ed a livello vocale puro credo sia la migliore esibizione che abbia mai visto dal vivo o giù di lì. Pessimo invece nel backstage, inavvicinabile e scostante, ma vabbè...
LORIN
Lunedì 5 Novembre 2012, 7.45.02
2
Io Glenn lo stra-adoro,è veramente un grandissimo del Rock con la R maiuscola. Afterglow non è il suo miglior album ma non è neanche il peggiore.Ciò che invece veramente mi colpisce è la sua voce:ancora potentissima.voto 85
Sabbracadabra
Domenica 4 Novembre 2012, 20.31.37
1
Forse è un bene che si separino "The Voice" è sprecato in questa band, in 3 album canzoni che valorizzassero la sua voce ne hanno fatte poche, meglio da solo.
INFORMAZIONI
2012
J&R Adventures/Mascot Records
Hard Rock
Tracklist
1. Big Train
2. This Is Yout Time
3. Midnight Sun
4. Confessor
5. Cry Freedom
6. Afterglow
7. Dandelion
8. The Circle
9. Common Man
10. The Giver
11. Crawl
Line Up
Glenn Hughes (Voce, Basso, Chitarra acustica su traccia 10)
Joe Bonamassa (Chitarra, Voce su traccia 5)
Derek Sherinian (Tastiere)
Jason Bonham (Batteria, Percussioni, Cori)
 
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