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Iommi - Iommi
( 4514 letture )
Di polvere in dodici anni se ne accumula parecchia e, probabilmente, dopo un breve periodo di interesse ed entusiasmo, su questo Iommi nel tempo se ne è accumulata parecchia. Come è noto, il chitarrista dei Black Sabbath avrebbe in realtà esordito come solista già con l’album Seventh Star nel 1986, non fosse stato per la pressione della casa discografica che pretese il dubbio Black Sabbath featuting Tony Iommi che fece passare anche quel disco nella discografia della band inglese. La reunion della formazione originale, nel 1997, avrebbe dovuto essere definitiva ma, di fatto, nel 1999 tutto era già finito, a causa dei molteplici impegni tanto di Ozzy, quanto degli altri componenti ed anche i successivi tentativi di produrre un nuovo album, dopo il live Reunion, finirono con un nulla di fatto, almeno fino ad oggi. Fu così che Tony Iommi, notoriamente un compositore instancabile, decise di ritentare dopo quattordici anni la carta della carriera solista col qui presente Iommi. Niente di meglio che iniziare il nuovo secolo con un album nuovo di zecca ed una parata di stelle da far invidia alla Rock’n’Roll Hall of Fame, si direbbe. In effetti, sono gli anni del successo mondiale dell’album Supernatural di Carlos Santana e molta stampa giocò con il parallelismo tra i due chitarristi ed i due album, generando una forte aspettativa. Tony Iommi, da parte sua, scelse di circondarsi di uno stuolo di musicisti impressionante per qualità, ponendo una fortissima attenzione alle “giovani leve” dell’epoca. Un tentativo neanche troppo velato di accreditarsi ancora come Godfather dell’heavy metal e sfruttare il nome di questi ospiti per attirare le vendite anche presso una fascia di ascolto decisamente più giovane di quella che sarebbe altrimenti accorsa. Purtroppo, entusiasmo ed interesse scemarono abbastanza rapidamente attorno a questo album, relegandolo presto nell’archivio delle occasioni mancate ed anche le vendite, inizialmente molto promettenti, calarono presto. Tanto presto, che i prematuri parallelismi vennero subito abbandonati e dimenticati.

Cosa non funzionò con questo Iommi? Probabilmente ci furono diverse concause: il tentativo di modernizzare il proprio classico trademark, la discontinuità delle interpretazioni degli ospiti che non si riflette affatto in una staticità monolitica del rifferama di casa-Iommi, che sembra ripetere troppo spesso il ricorso a riff giganteschi e mostruosi, senza però diversificare l’approccio di base e pretendendo che fossero i cantanti ad adattarsi alla musica, piuttosto che l’inverso, come fatto dal collega Santana. Infine, l’assoluta arcignità della proposta, tetragona a vere concessioni melodiche se non in sporadiche occasioni, come nel caso del singolo Goodbye Lament cantato da Dave Grohl, che lo ha reso difficilmente commerciabile ad un pubblico “maturo” e tanto meno ad uno “generalista”. Insomma, i cinque anni dedicati alla stesura del progetto non furono sufficienti a dargli una omogeneità ed una brillantezza capace di fare di Iommi il best-seller che era lecito attendersi viste le premesse. Eppure non tutto andò storto e, se lo si ascolta con serenità, messa da parte anche la lontanissima categoria del “capolavoro” è indubbio che l’album offra dei momenti di valore e che sia quanto meno interessante e piacevole in più di un episodio. A questo risultato contribuiscono sicuramente gli ospiti che in misura maggiore hanno saputo calarsi nella melmosa ed oscura musica approntata da Iommi e dal produttore Bob Marlette, deus ex machina dietro all’intero progetto. A lui si deve il tentativo di esportare negli anni 2000 la classica impostazione del chitarrista, riempiendo le tracce di effetti, leggere trame venate di industrial e campionamenti, specialmente nelle intro dei brani, sempre ricondotte poi dalla prepotente chitarra di Iommi a meri espedienti di arrangiamento, senza una vera finalità innovativa rispetto ad un sound che più oscuro e cadenzato di così era difficile immaginare. Ecco così che dell’iniziale Laughing Man, più che l’interpretazione di un Rollins fin troppo controllato, si nota soprattutto il riff moderno e quadrato, mentre in Meat l’affascinante Skin sembra di fatto intonare un brano della sua band madre per un risultato finale tutt’altro che da disprezzare; Dave Grohl, qui anche nel ruolo di batterista, cerca di rendere più malleabile Goodbye Lament con una melodia alternative ed una interpretazione tra le più tese realizzate in carriera, senza riuscire però a brillare in modo particolare. I tre brani sembrano più un antipasto che un piatto vero e proprio ed è così che tocca ad una delle partecipazioni più attese, quella di Phil Anselmo, scuotere un po’ l’ascoltatore con la buona ma non eccelsa Time Is Mine, che porta con sé comunque un po’ dell’atmosfera fangosa a cui il singer ci stava abituando con i Down. Da notare che in realtà le canzoni scritte col singer furono tre, ma solo questa trovò spazio poi sull’album. Il brano prepara la strada all’invece ottima Patterns, affidata all’ugola di Serj Tankian, assolutamente a suo agio su una struttura decisamente più lineare di quelle a cui era probabilmente abituato. La prima vera sorpresa arriva però solo con Black Oblivion, nella quale la vocetta bambinesca di Billy Corgan contrasta un brano decisamente ottimo, che propone una vera e propria evoluzione interna e delle sezioni contrapposte tra loro che sfociano in un finale dolce ed inaspettato: probabilmente la canzone più riuscita del disco; forse perché Corgan, co-autore del brano, costringe Iommi a mettersi davvero in gioco uscendo dallo schema riff-strofa-riff-strofa che caratterizza il resto delle composizioni. Da segnalare anche una prestazione a dir poco clamorosa di Kenny Aaronoff alla batteria: anche in questo caso, senza dubbio la migliore dell’album. Segue a ruota Flame On, canzone nella quale si riverberano in maniera più forte i campionamenti introdotti da Marlette, affidata ad un affaticato ma comunque piacevole Ian Astbury. Con Just Say No to Love entra in scena un Peter Steele misuratissimo, il quale riesce a donare quell’alone di romanticismo gotico e sanguinoso per cui è ancora compianto da molti ad un brano non trascendentale che guadagna moltissimo proprio grazie alla sua interpretazione. Arriva così il turno di Ozzy Osbourne e Bill Ward (strano manchi proprio Geezer Butler, in effetti) e di Who’s Fooling Who: poco da dire, non sarà la canzone che verrà ricordata associata al nome di questi tre musicisti, ma di fatto i brividi non mancano e si tratta di un brano probabilmente superiore ai due inediti presenti su Reunion, anche grazie ad una sezione solista di buonissimo livello. Chiude la seconda vera sorpresa di questo disco, ovverosia Into the Night, interpretata da un magnifico ed arrogantissimo Billy Idol: senza esagerare si tratta indubbiamente di una delle perle di un platter invero un po’ avaro di momenti magici. Notevole la capacità del cantante di calarsi nella parte fino a risultare vincente nel confronto con gran parte degli altri ospiti presenti e validissima la prova di uno Iommi che sembra di veder sorridere dietro i proverbiali e mefistofelici baffi.

La storia ci dice che dopo lo spento Forbidden e l’occasione mancata con Reunion, per i Black Sabbath sembrava davvero arrivato il capolinea ed il difficile tentativo tutt’ora in corso non ha ancora potuto smentire questa sensazione. Di fatto, Iommi si inseriva in un contesto probabilmente non facile, cercando di rilanciare la carriera del chitarrista rimasto ancora una volta solo. Probabilmente si è trattato di uno di quei casi in cui le aspettative hanno di gran lunga superato il risultato finale, determinando così una rapidissima e definitiva disaffezione nei confronti di un disco che, in realtà, pur con tutti i difetti prima elencati, presenta dieci brani di buon livello, con qualche colpo di vera classe ed un parterre de roi notevole ed interessante. Si poteva forse fare di meglio, ma probabilmente anche la lunga gestazione ed il ruolo di “tappabuchi” che si è trovato ad incarnare non hanno giovato alla coerenza interna del progetto, che assomiglia più ad una raccolta di canzoni che ad un album vero e proprio, nonostante il tentativo in post produzione di trovare un filo musicale comune ed armonizzante. Troppo moderno e “compromesso” per i fans attempati del chitarrista, troppo classico per i più giovani, ormai abituati e richiedenti ben altre efferatezze, l’album stazionò per un po’ in classifica, per poi sparire. A conti fatti, non resta comunque che levarsi il cappello di fronte ad un artista capace dopo tanti anni di realizzare un disco di questo spessore. Se all'epoca lo avevate comprato, dategli una rispolverata ogni tanto, e vedrete che senza farvi strappare i capelli, saprà comunque intrattenervi e divertirvi. Altrimenti, provate a dargli un ascolto, non sarà l'album del secolo ma interessante lo è senz'altro.



VOTO RECENSORE
76
VOTO LETTORI
80.16 su 18 voti [ VOTA]
iommi
Mercoledì 13 Dicembre 2023, 9.34.03
14
\"la discontinuità delle interpretazioni degli ospiti che non si riflette affatto in una staticità monolitica del rifferama di casa-Iommi, che sembra ripetere troppo spesso il ricorso a riff giganteschi e mostruosi, senza però diversificare l’approccio di base e pretendendo che fossero i cantanti ad adattarsi alla musica\" ESATTO. Vero anche che se avesse adattato la musica a tutti quei cantanti sarebbe venuta una compilation più che un album. In definitiva secondo me l\'errore di iommi fu concettuale: non doveva fare un album a più cantanti e non doveva cercare di modernizzare così tanto il sound che ora che son passati anni e le mode anni 90 sono andate è invecchiato peggio questo disco degli altri degli anni 70. I modernismi accettabili ci erano già stati in cross purposes e forbidden con una produzione assai più scarsa e diverse imperfezioni ma con un solo cantante e all\'altezza. Non c\'è niente da fare lui rende al meglio quando si lega ad un cantante suo pari con cui trovare la chimica, da dipanare su un album completo
Iommi
Giovedì 13 Ottobre 2022, 10.55.01
13
Fatte fuori le prime 3, mi piace. Qui iommi fa io contrario del suo solito. In genere adatta io suo suono al cantante che ha e trova cosí la fusione di base del disco su cui sperimentare tutte le possibilità di quella collaborazione. Qui invece la musica non cambia nonostante il cambio di microfono ad ogni canzone. Forse nessuno era all'altezza d dei vari cantanti dei balck sabbath? Questo poco ma sicuro. Alla sua altezza che non siano stati cantanti dei sabbath rimangono in pochi, giusto halford (questa si é una collaborazione di cui il mondo lamenta la mancanza)
MicheleC
Sabato 30 Ottobre 2021, 11.35.54
12
Debbo dire che a distanza di tempo questo disco tiene benissimo e soprattutto sta sopra moltissimi altri dischi del genere. Lo ascoltai, la prima volta, con grande diffidenza. Poi d'improvviso mi è salito nel cervello. Il suono è perfetto, ogni pezzo è centrato, Iommy mette la firma ad ogni brano. Oggi reperirlo, cd, è difficilino e il supporto tiene un prezzo altino. Per non parlare del successivo con Glenn Hughes. FUSED, anche questo validissimo. Io gli do 9 come a Fused. Saranno stati d'animo.....
PAOLO MOLINARI
Sabato 27 Giugno 2020, 22.22.01
11
Disco fantastico a mio modo di vedere, me lo ascolto con grande piacere a 20 anni di distanza, anzi proprio l'esperimento di un cantante diverso ad ogni brano impreziosisce il tutto e mi pare pure che il grande Toni trovi qui parecchie soluzioni differenti dal solito rimanendo cmq perfettamente riconoscible, tanto da far immaginare per gioco 'Come sarebbero (stati) i Sabbath con Skin? O con Astbury? O con... Tra i brani, Laughing man e Just say no su tutte imho... Here's hoping for a 20th anniversary edition con outtakes, remixes e quant'altro...
Screwface
Mercoledì 8 Aprile 2020, 19.39.52
10
Bel disco, preso all’uscita mi era piaciuto subito, anche riascoltandolo lo trovo sempre valido. Oltre che alla voce grandi ospiti anche agli strumenti (Brian May e Matt Cameron su tuttu).
iommi
Giovedì 11 Luglio 2019, 10.20.33
9
molto meglio sarà il successivo fused : unico disco che può essere davvero considerato come il disco dei Black Sabbath con Glenn Hughes. Un capolavoro. Questo in effetti non suona black sabbath. Niente di male in questo, in fondo Iommi partorì l'ottimo Tyr che non suona per niente black sabbath pur portandone il nome. Il problema che trovo in questo disco è che non mi appassiona nessuna delle prove vocali e che iommi stesso, sempre impeccabile nei suoni stende lo stesso tappeto sotto la voce di ogni cantante. Ovvero non fa ciò che ha sempre saputo fare meglio: adattare la sua musica alle alla voce del frontman tirandone fuori tutte le potenzialità. Personalmente non mi ha mai molto convinto nemmeno il concetto di usare un cantante diverso per traccia perché penso che venga meno il concetto di album con un inizio, una parte centrale e una fine e ci si ritrovi solo con una compilation in mano che non si tiene insieme. Per questo gli preferisco addirittura Forbidden che magari fa storcere il naso come album dei black sabbath e forse anche perché non è rappresentativo del periodo di Tony Martin come lo sono sia Headless Corss che Cross Purposes, ma fosse stato a nome Iommi-Martin avrebbe a mio parere tutt'altra considerazione. Per il periodo in cui è stato scritto Dep Session,questo album omonimo oggetto della recensione,e fatte duel lunghe e infruttuose reunion con Ozzy avrei avrei invece adorato un album IOMMI - HALFORD da affiancare a quel capolavoro che è fused IOMMI-GUGHES così come sarei stato entusiasta se il progetto Who Cares?! di Iommi,Ian Gillan e Jon Lord avesse pubblicato un album anziché 2 sole canzoni. Purtroppo temo che ormai sia andata. Dal 96 al 2009 Iommi ha perso tempo e da questo periodo sono usciti soltanto due masterpiece: il più volte citato Fused e Il The Devil You Know con Ronnie, ma troppo compianto e rimpianto. Se quella reunion con quella energia la avessero fatta 10 anni prima almeno ci pensate quanti capolavori avremmo ora tra le mani che invece non avremo più?!
Rob Fleming
Domenica 24 Gennaio 2016, 18.51.37
8
Farà meglio quando si metterà insieme a Hughes, ma comunque è un belll'album
Gabriele
Venerdì 23 Novembre 2012, 16.17.22
7
A me l'album piace moltissimo... Meat con Skin, Time is Mine, Goodbye Lament e Patterns sono canzoni da urlo.
the True
Martedì 20 Novembre 2012, 12.51.00
6
Nooooo che line up della madonna..... però di solito queste minestre qui non hanno capo ne coda... eeehhh ... sono tentato all'acquisto...
BLS Furlan Chapter
Lunedì 19 Novembre 2012, 10.39.00
5
Quoto anch'io e condivido l'analisi di Painkiller. Ho sentito anche le due outtake con Phil Anselmo, molto interessanti: sarebbe bello che prima o poi i due tornassero a collaborare. Non mi dispiacciono per niente anche Laughing Man (In the Devil Mask), Time is Mine e Who’s Fooling Who. 80.
P2K!
Lunedì 19 Novembre 2012, 8.58.13
4
Quoto la disanima di Painkiller vocale per vocale, sillaba per sillaba... Questo disco non lo ascolatvo da anni e questa estate è stato il primo cd della mia collezione (che avevo da poco recuperato) ad essere infilato nel lettore della macchina. Cazzo come pompa ancora!!! Flame On ronza ancora nella mia testa...
Painkiller
Domenica 18 Novembre 2012, 22.27.00
3
Ad anni di distanza questo cd ruota ancora alla grande nel mio stereo e francamente lo trovo ancora fresco. Dal mio punto di vista é proprio ciò che mi aspettavo, ossia un compendio di riffs granitici sui quali spetta ad ogni singer fare la differenza. Strepitosa l'interpretazione di Billy idol per quello che anche per me risulta la canzone più riuscita, ottimo tiro, un crescendo notevole, grazie al tipico cambio di ritmo alla Iommi a metà brano. Flame on non esce dalla mia testa da 12 anni e questo la fa capire lunga su quanto mi piaccia. Anche la prova di skin é notevole, per un pezzo che, come scrive lizard, sembra uscito dal suo repertorio, ma molto più dura...si dice che in origine gli ospiti dovessero essere di altro calibro, da halford a Dickinson, ma che per vari impegni di questi non siano riusciti a conciliare gli impegni. Ad oggi per me resta la miglior registrazione di Tony da cross purposes.
brainfucker
Domenica 18 Novembre 2012, 16.22.37
2
time is mine è sublime
LORIN
Sabato 17 Novembre 2012, 18.50.39
1
Sono d'accordo,non sara' un capolavoro ma è un album molto bello,un hard rock efficace......voto 80.
INFORMAZIONI
2000
Divine Records/Priority Records/
Heavy
Tracklist
1. Laughing Man (In the Devil Mask)
2. Meat
3. Goodbye Lament
4. Time is Mine
5. Patterns
6. Black Oblivion
7. Flame On
8. Just Say Not to Love
9. Who’s Fooling Who
10. Into the Night
Line Up
Tony Iommi (Chitarra)

Musicisti Ospiti
Henry Rollins (Voce su traccia 1)
Skin (Voce su traccia 2)
Dave Grohl (Voce, Batteria su traccia 3)
Phil Anselmo (Voce su traccia su 4)
Serj Tankian (Voce su traccia 5)
Billy Corgan (Voce su traccia 6)
Ian Astbury (Voce su traccia 7)
Peter Steele (Voce su traccia 8)
Ozzy Osbourne (Voce su traccia 9)
Billy Idol (Voce su traccia 10)

Martin ‘Ace’ Kent (Chitarra su traccia 2)
Brian May (Chitarra su tracce 3 e 7)
Billy Corgan (Chitarra e Basso su traccia 6)
Terry Phillips (Basso su traccia 1)
Bob Marlette (Basso su traccia 2)
Laurence Cottle (Basso su tracce 3, 4, 5, 7, 8 e 9)
Peter Steele (Basso su traccia 8)
Ben Shepherd (Basso su traccia 10)
Jimmy Copley (Batteria su tracce 1 e 5)
John Tempesta (Batteria su traccia 2)
Matt Cameron (Batteria su tracce 4, 7, 8 e 10)
Kenny Aronoff (Batteria su traccia 6)
Bill Ward (Batteria su traccia 9)
 
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