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Narrow House - A Key to Panngrieb
( 1048 letture )
Il fiuto della Solitude Prod. è sempre più fine e raffinato, ed estende il suo raggio d'azione fino alla vicina Ucraina, paese in cui scova questo quintetto ancora in erba e lo scrittura immediatamente.
I Narrow House ci propongono un funeral doom molto atmosferico - sulla scia di band come Colosseum e Longing for Dawn - ma con maggiori influenze di scuola EA, per un risultato abbastanza buono e appetibile. Inutile dire che, oggigiorno, vale l'equazione per cui il funeral doom sta alla Russia come il black metal alla Norvegia, e si palesa in me una convinzione che una decina di anni fa sarebbe stata semplicemente un paradosso: il funeral doom è di moda!
Questa lapidaria affermazione potrà suonare come una provocazione alle orecchie di qualcuno, ma per chi segue con costanza la scena funeral - e in particolare le uscite della Solitude Prod. - è impossibile non notare come ci sia una certa tendenza a produrre band che cavalcano i cliché più appetibili del genere in modo sistematico; è dunque facile riscontrare un affollamento di band che - partendo da una base atmosferica - si spingono su tempi funeral, quasi sempre contraddistinte da inserti in clean vocals e da qualche parte di chitarra arpeggiata.

Queste considerazioni potrebbero indurre a pensare che la Solitude Prod. sia diventata una sorta di fotocopiatrice impazzita che sforna album tutti uguali, mentre invece non è assolutamente questo il punto. Piuttosto, è evidente come, se da un lato le si deve riconoscere il merito di aver sdoganato uno stile che era quanto di più elitario possibile, le sia imputabile di aver contribuito a inflazionare il genere, con la conseguente massificazione del funeral doom e un appiattimento stilistico a tratti preoccupante.
La prima conseguenza diretta delle considerazioni appena fatte è facilmente riscontrabile a caldo, dovendo giudicare il debutto di questi Narrow House : se quest'album fosse uscito in altri tempi forse sarei sobbalzato sulla sedia, perché è ottima la produzione, i tempi ultra slow e i tappeti tastieristici molto atmosferici; in poche parole, un must per gli amanti del genere. Purtroppo i tempi sono cambiati, e non basta più suonare lentamente per risultare interessanti, non basta aggiungere un synth per definirsi atmosferici e - in generale - ormai bisogna fare i conti con la concorrenza che è sempre più agguerrita.

Fortunatamente i nostri hanno le carte in regola per fare un debutto in società con una certa soddisfazione: i brani di questo A key to Panngrieb sono tutti abbastanza piacevoli e, pur non aggiungendo nulla di personale al genere, si lasciano ascoltare con una certa fluidità. Non mancano i momenti interessanti, specialmente quando la band rallenta su tempi funeral, dove le atmosfere si fanno più avvolgenti e ammalianti, lasciando affiorare anche una certa propensione per il gothic doom più oscuro - anzi, mi azzarderei quasi a dire che si tratta più di un gothic ultra lento più che di vero e proprio funeral doom -.
Piccola nota di demerito è attribuibile alle vocals, le quali fanno spesso ricorso alla lingua madre che, notoriamente, non è certo tra le più morbide e adatte al canto, ancor meno per quel che riguarda le clean vocals. Lo stesso discorso è estendibile anche ai titoli delle varie track - tutte rigorosamente scritte in cirillico – che potranno far breccia nei paesi dell'est, ma difficilmente troveranno spazio al di fuori di questi confini.
Ultima nota negativa, per questo seppur valido lavoro, è da attribuire a una presentazione grafica decisamente discutibile. Si tratta di un artwork, presumibilmente realizzato a mano, che raffigura degli occhi che scrutano dentro delle serrature, forse proprio intenti a osservare questo fantomatico Panngrieb, del quale non ci è dato sapere di più, dato che anche l'intero booklet è scritto in cirillico. Lo stile grafico, i caratteri utilizzati e in generale l’intero artwork trovo che siano molto distanti dal contenuto sonoro dell'opera, lasciando trasparire una certa inespressività e incomunicabilità tra immagini e musica.

Le conclusioni non sono del tutto negative: la band ha confezionato - come dicevo sopra - un buon lavoro, che gode della capacità di non annoiare, nonostante la lunghezza media di brani che si assestano intorno ai 10 minuti. Si tratta solamente di tirar fuori un po' di personalità e i frutti verranno sicuramente fuori; per il momento rimane un piacevole ascolto senza troppe pretese.



VOTO RECENSORE
65
VOTO LETTORI
85 su 2 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2012
Solitude Productions
Doom
Tracklist
1. Последнее Пристанище
2. Последнее Пристанище
3. Псевдорятунок
4. Стеклянный Бог
5. Под Маской Этой
Line Up
Yegor Bewitched (vocals, bass)
Oleg Merethir (guitar)
Atya (keyboards)
Alexander (cello)
Petro Arhe (drums)
 
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