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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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( 3925 letture )
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Pochi sottogeneri del metal dividono gli ascoltatori e appassionati quanto l’epic: figlio delle caratteristiche più solenni e pompose dell’heavy classico, ci ha indubbiamente regalato molte band e lavori di assoluto valore, ma a tratti rischia anche di apparire quasi come una parodia del metal stesso, specie se si pensa agli atteggiamenti di certi musicisti (chi ha detto Joey DeMaio?). Eppure, quest’oggi, ci occuperemo di un lavoro che, ne sono certo, metterà d’accordo un po’ tutti: ci troviamo infatti a parlare dell’esordio discografico dei DoomSword, l’omonimo album che nell’ormai lontano 1999 diede il via all’epopea di uno dei più apprezzati gruppi italiani del genere, nonché dell’intero movimento metal nostrano.
Le radici della band di Gallarate sono ben evidenti fin dal primo brano, Sacred Metal (introdotto da alcune brevi frasi del chitarrista Deathmaster, futuro singer del gruppo già dal secondo album Resound the Horn): alcune linee vocali e certe parti di chitarra echeggiano al tempo stesso sia dell’eco degli imprescindibili Iron Maiden, sia di quella degli storici doomster Candlemass, mentre i passaggi più marcatamente epic sono debitori degli storici nomi del genere quali naturalmente i Manilla Road, i Cirith Ungol (non a caso ne troviamo una cover nella tracklist di questo lavoro), i Warlord. Non per questo, tuttavia, i nostri cadono nel manierismo più becero ed inconcludente; al contrario elaborano questo considerevole calderone di influenze per regalarci subito due tracce quali la stessa Sacred Metal, con il suo ritornello forse non originalissimo ma maledettamente coinvolgente e la bellissima Warbringers, che beneficia anche di un piacevole interludio strumentale. Una critica che si potrebbe rivolgere a questi brani, volendo proprio trovare il pelo nell’uovo, sta nel fatto che il timbro di Nightcomer, con la sua marcata ispirazione dickinsoniana, forse non si adatta al 100% all’atmosfera di alcuni passaggi, specie per coloro che sono ormai abituati al timbro più profondo di Deathmaster, ma come detto si tratta di un mero tuziorismo; più fondata è la critica possibile per ciò che concerne la produzione, con la cassa della batteria fin troppo ovattata e poco in evidenza, che per fortuna non impedisce di godere comunque dei brani in modo più che apprezzabile. L’album prosegue con la lunga ed epica Helm’s Deep, ispirata naturalmente alla battaglia descritta da Tolkien ne Il Signore degli Anelli, per poi proseguire con l’altrettanto suggestiva One Eyed God e la potente Return to Imryrr, dove Deathmaster fornisce un eccellente contributo vocale oltre che chitarristico (l’assolo finale è una meraviglia). Non male finora il viaggio, vero? Ma fareste male a smettere di reggervi, perché c’è ancora tempo per la succitata, valida cover dei Cirith Ungol (il brano prescelto, sui cui Nightcomer da il meglio di sé, è Nadsokor, tratto dall’album One Foot in Hell) e, infine, per le belle Swords of Doom e On the March, conclusioni più che degne di tale lavoro, con il rintocco funereo delle campane che ci accompagna verso la fine.
Le critiche che possono essere mosse a questo lavoro, come già evidenziato nel corso della recensione, non sono poi molte: la produzione non è eccellente soprattutto per ciò che concerne il suono della batteria e della grancassa e, a tratti, la pur valida voce di Nightcomer potrebbe risultare ed alcuni poco appropriata o, ancor peggio, troppo ossequiosa nel suo rifarsi a Bruce Dickinson. Al di là di questi due aspetti, però (ed il secondo, giova ribadirlo, è un’annotazione estremamente puntigliosa), ci troviamo di fronte ad un album con otto tracce di buonissimo livello, con delle prestazioni tecniche ottime ed un’atmosfera coinvolgente, in piena linea con gli stilemi di un epic metal non pomposo, non pacchiano, ma grandioso. In sostanza, l’esordio dei DoomSword, seppur probabilmente non all’altezza di un lavoro micidiale quale sarà Resound the Horn, è un lavoro che gli appassionati non possono assolutamente lasciarsi sfuggire.
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9
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Questo album è un CAPOLAVORO di epic metal, e basta. Helm’s Deep, sacred metal e One Eyed God sono canzoni di una epicità raggiunta da pochi gruppi. |
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8
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Il migliore a parer mio è Resound the horn, ma anche qui stiamo parlando di un disco che tocca la soglia dell'eccellenza. Forse una delle migliori realtà italiane di sempre in ambito Metal, poche formazioni possono vantare nella loro discografia capolavori come il già citato Resound the horn e Let battle commence. |
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7
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Veramente eccellenti. Ottimo songwriting che poi miglioreranno nei successivi album, su tutti, naturalmente Resound the Horn. In Italia, avete band che sono di assoluto valore (per esempio, anche se di un altro genere, cito gli Hortus Animae). Inutile chiedere perché sono così "low profile"... Au revoir. |
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5
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Disco meraviglioso, con Resound e Let Battle forma un trittico da paura che fa impallidire la maggior parte delle bands epic metal, anche qualcosa in più di 85 per me. |
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4
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Sicuramente è un bel disco, ma è quello che mi piace meno della loro discografia.Comunque massimo supporto ai Doomsword. |
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3
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Album stupendo, parliamo di quella che si può identificare come una vera e propria gloria italica, formazione con i controcazzi giganti. |
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2
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Grand Band i Doomsword, mai un passo falso, cinque dischetti all'attivo tutti di ottima caratura...85 pieno! |
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1
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bello, bello, bello. 85 meritatissimo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sacred Metal 2. Warbringers 3. Helm’s Deep 4. One Eyed God 5. Return to Imrryr 6. Nadsokor (Cirith Ungol cover) 7. Swords of Doom 8. On the March
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Line Up
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Nightcomer (Voce) Deathmaster (Chitarra, Cori) Dark Omen (Basso) Guardian Angel (Batteria, Chitarra)
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RECENSIONI |
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