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David Bowie - Low
( 6619 letture )
Low è il primo disco appartenente alla cosidetta trilogia Berlinese di David Bowie, che segna una nuova fase della vita artistica del cantante e per alcuni versi almeno, della dimensione del rock europeo, anche a causa della partecipazione al progetto di Brian Eno. Lasciati indietro gli eccessi del periodo glam, il Duca Bianco spostò il focus delle proprie composizioni -ed anche del proprio look- verso soluzioni di sintesi tra le atmosfere più tipicamente derivate dal rhythm 'n' blues e del funk, e quella algidità malinconica tipica della Berlino dell'epoca, città profondamente differente rispetto a quella che oggi si pone come mecca di molte tendenze culturali giovanili e non.
Come spesso accade per le produzioni artistiche che a posteriori vengono valutate come fondamentali, la genesi dell'opera dipese in una certa misura da situazioni contingenti e non premeditate. I brani in questione dovevano probabilmente far parte della colonna sonora de L'uomo che Cadde Sulla Terra, celebre film interpretato dallo stesso Bowie, affidata all'artista stesso. Egli però non terminò in tempo il lavoro e venne sostituito da John Phillips. Quel lotto di composizioni però, in debito con le influenze assorbite dall'incalzante musica elettronica di stampo teutonico come in Station to Station, non poteva semplicemente essere riposto nel cassetto e dimenticato. Trasferitosi in Europa insieme ad Iggy Pop per produrre il suo nuovo disco ed approdato dopo vari spostamenti a Berlino, poi nuovamente a Parigi ed infine ancora a Berlino, finito quel disco cominciò a lavorare al suo nuovo album insieme ad un Brian Eno animato da intenzioni sperimentali nel modo di approcciare le canzoni perfettamente condiviso -anzi cercato- da Bowie. In realtà Eno non produsse il disco, affidato invece da questo punto di vista a Tony Visconti, il quale incise sull'album molto più di quanto si creda comunemente, in particolare sulla vocalità e sulle soluzioni adottate per rendere particolarissimo il suono della batteria, in un modo così profondo da diventare modello produttivo negli anni a venire.

L'apporto di Eno dedicato al modo di inserirsi nei pezzi, di farli propri da parte dei musicisti in studio, è tanto singolare quanto esplicativo per capire come si è giunti al prodotto finale. Egli distribuì dei bigliettini a caso con su scritte frasi spesso prive di senso pratico (tecnica delle strategie oblique), alle quali i musicisti dovevano attenersi per intepretare il pezzo. Un esempio potrebbe essere: riempi con qualcosa le tue battute e roba simile. Il tutto portò inevitabilmente delle tensioni, con gente che non riuscì o non volle adeguarsi a questo metodo di lavoro, se di metodo si può parlare. In particolare queste si manifestarono da parte del chitarrista Carlos Alomar. Anche le liriche -ove esistenti- seguono un andamento associativo, umorale, talvolta onomatopeico, superando in parte il concetto di testo normale. Se poi si aggiunge che molte parti strumentali sono improvvisate viste le indicazioni di Eno, che si occupò anche dell'elettronicizzazione del tutto, si giunge a comprendere almeno in parte la genesi e le coordinate musicali di Low. L'album risulta sostanzialmente diviso in due parti, con la prima rivolta più alla situazione personale dell'artista (dipendenza dalla coca, alcol, depressione con problemi di agorafobia e numerose altre patologie psichiche), e la seconda che risente del vivere Berlino come città in quel momento storico, con note per alcuni versi opposte a quelle del lato A.

Low è aperto da Speed of Life, uno strumentale in fade-in con una batteria incalzante per un rock che crea subito attenzione all'ascolto. Il cortissimo elettrorock intitolato Breaking Glass, letterariamente poco comprensibile se non alla luce di presunti contenuti occulti, porta poi a What In the World, basato su chitarra, synth e batteria nervosa, conta anche su un testo claustrofobico cantato anche da Iggy Pop, destinatario originale del brano. Ancora un pezzo algido con la conosciutissima Sound and Vision. Ritmi da pop sofisticato, batteria "trattata" in post-produzione ed ancora un testo depresso, al limite della voglia di suicidio. Molto controversa Always Crashing in the Same Car, dal testo più volte rimaneggiato riguardante una brutta esperienza di alcol e guida da parte dell'autore. Si prosegue con Be My Wife, ancora un rock con accenti pop di classe per una richiesta d'aiuto da parte di un Bowie messo a nudo nella sua fragilità assoluta. Chiusura di facciata con lo strumentale A New Career in a New Town, il cui senso è chiaro proprio dal titolo ed il cui fascino si poggia sulla fusione all'epoca originale -almeno presso il grande pubblico- tra i suoni d'avanguardia dei synth di scuola tedesca e il rhythm and blues, con quest'ultimo a mediare tra il distacco dei primi ed il coinvolgimento del secondo.
Lato B che comincia sulle note di Warszawa, il punto più alto di Low. Il contributo di Eno è qui massiccio, tanto da poter praticamente sostenere che il brano sia più suo che del Duca, che ne dettò le atmosfere e poi aggiunse un testo onomatopeico che doveva rendere il senso profondo di un viaggio a Varsavia. La sintesi tra synth -se così si può dire- e canto raggiunge un livello superiore di destabilizzante eleganza nera, che segna un nuovo punto di partenza per un certo modo di intendere la forma canzone non appartenente a piccolissime nicchie. Altro strumentale con Art Decade, dedicato alla Berlino Sovietica, grigia, cristallizzata fuori dal tempo eppure un tempo splendente d'arte e cultura. Il violoncello media tra Bowie ed Eno, ancora impegnati a cercare e trovare una crasi musicale tra le loro anime. Nella successiva Weeping Wall invece, è l'ex caduto sulla terra ad occupare interamente la parte di scrittore per un opprimente ed afflitta visione del muro, comunicata anche da un canto ancora senza parole vere e proprie, fatto di suoni ansiosi. Subterraneans chiude il cerchio di Low richiamando Speed of Life per uno strumentale con molta elettronica, ma anche con un tetro assolo di sax che abbraccia, quasi a ghermirli per portarli altrove, le genti di Berlino Est.

Uscito in un contesto storico poco favorevole a questo tipo di proposta (il 1977 ritorna spesso con questo marchio sulle spalle), Low ottenne responsi contrastanti, per imporsi definitivamente sulla lunga distanza, specialmente dopo la sua contestualizzazione all'interno della trilogia che comprenderà anche Heroes e Lodger. Il discorso vale particolarmente per il sud Europa, mentre ad esempio negli USA venne accolto complessivamente bene. L'opera di Bowie risulta a posteriori fondamentale per gli sviluppi futuri nel settore new-wave, nel pop elettronico ed in varie declinazioni musicali anche molto popolari, molto di ciò per merito dell'apporto di Brian Eno. Low segna inoltre uno snodo fondamentale nella storia di David Bowie uomo, col distacco fisico da una città mortifera come Los Angeles e da una situazione personale che lo stava portando all'autodistruzione insieme ad Iggy Pop, ed il fatto che a distanza di trentasei anni li si vede ancora ambedue in giro è quasi consolante. Kraftwerk, Neu!, il Krautrock, i Talking Heads, mille altre cose ed il genio di Eno che amplifica quello di Bowie contagiando tutti i musicisti coinvolti, questo è Low, un disco che fece da riferimento per molte delle cose che oggi consideriamo normali, ma che senza questo album sarebbero state diverse.



VOTO RECENSORE
90
VOTO LETTORI
88.92 su 41 voti [ VOTA]
L'ImBONItore
Giovedì 12 Novembre 2020, 18.25.12
7
Uno dei dischi se non il migliore e più bello di Bowie. Freddo eeeee asettico, come tramutaghe paranoia disperazione desolazione, sensazioni queste che dovghebbegho sfociare nella rabbia ed enerscia, invece da grrrrrrrrrrande genio quale era le ha trasformate in ghiaccio sonogho. Che meghaviglia è Warsavia? Senza questo disco ad esempio i Nine Inch Nails non saghebbegho stati gli stessi. La New Wave deve tutto aaaaaaa eeeeee questo disco. La copeghtina ha una tonalità da monocromo alla Rothko
Raven
Giovedì 21 Febbraio 2013, 14.54.00
6
Kratwerk, se non erro. Confermo l'imporessione sui primi S. Minds, che vidi del vivo nell'80/81, se non erro.
Le Marquis de Fremont
Giovedì 21 Febbraio 2013, 14.01.51
5
Je me souviens bene il periodo dove una certa idea di "Mittleuropa", di decadenza post bellica, unita all'elettronica, aveva influenzato non pochi gruppi, penso agli Ultravox di Vienna o ai primi Simple Minds, oltre ai nomi che Monsieur Raven ha citato e qualcuno anche da voi in Italia. Ho visitato varie volte la Berlino "del muro", anche la parte Est e Bowie, con questo album, per me, ne coglieva l'essenza che lei con due parole perfette definisce "algidità malinconica". Non mi piaceva Bowie prima, troppo glam e dance per me, ma la trilogia Berlinese la conservo gelosamente, grazie anche al genio assoluto di Monsieur Brian Eno. "Elegance and decadence / Europe endless..." si ricorda chi erano? Au revoir.
Surymae
Domenica 17 Febbraio 2013, 17.58.02
4
Ci voleva proprio questa recensione. Un album semplicemente meraviglioso. Penso sia tra i migliori di Bowie, ed il più onesto, in cui affronta senza fingere e nascondersi dietro pericolosi alter ego i propri problemi. E' anche un disco che, pur conoscendolo da poco, sento molto affine ad i miei sentimenti, e paradossalmente quasi facile da assorbire.
Mickey
Domenica 17 Febbraio 2013, 12.41.31
3
Il mio preferito di Bowie, penso anche uno dei suoi più influenti. Concordo col voto.
Mickey
Domenica 17 Febbraio 2013, 12.38.37
2
Bel colpo!
vecchio peccatore
Domenica 17 Febbraio 2013, 10.06.37
1
A me gusta, è il mio preferito di Bowie con Heroes e Aladdin Sane, voto 85 e bella recensione Raven.
INFORMAZIONI
1977
RCA Records
Rock
Tracklist
1. Speed of Life
2. Breaking Glass
3. What in the World
4. Sound and Vision
5. Always Crashing in the Same Car
6. Be my Wife
7. A New Career in a New Town
8. Warszawa
9. Art Decade
10. Weeping Wall
11. Subterraneans
Line Up
David Bowie (Voce, Chitarra, Basso, Sax, Violoncello, Armonica, Pianoforte, Xilofono, Vibrafono, synth, Percussioni)
Brian Eno (Synth, Chitarre, Voce su traccia 4)
Carlos Alomar (Chitarra)
Ricky Gardiner (Chitarra)
George Murray (Basso)
Dennis Davis (Batteria, P)ercussioni

Musicisti Ospiti
Eduard Meyer (Violoncello su traccia 9)
Roy Young (Piano, Organo)
Iggy Pop (cori su traccia 3)
Peter & Paul (Piano e ARP su traccia 11)
Mary Visconti (Cori su traccia 4)
 
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