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Mary Brain - Regression of Human Existence
( 1758 letture )
Dopo tanta gavetta, finalmente ce l’anno fatta: i modenesi Mary Brain, attivi ormai dal lontano 2005, sono finalmente riusciti, seppur solo tramite autoproduzione, a dare alla luce il loro primo full-length; in questi anni i nostri amici, inizialmente noti come cover band di seminali gruppi metal quali Metallica, Megadeth, Iron Maiden e Judas Priest, ne hanno passate decisamente parecchie, dai molteplici cambi di line-up fino ad un rapporto assai deludente con la Alkemist Fanatix Europe, che in due anni non è stata in grado di pubblicare l’album e li ha per l’appunto costretti all’autoproduzione. Tante dedizione alla nobile causa della musica merita certamente un applauso e, ancor di più, merita che il frutto di tanti anni di dura fatica venga adeguatamente ricompensato quantomeno con un doveroso ascolto. Possiamo forse sottrarci? Direi di no.

Il disco, intitolato Regression of Human Existence e dotato di copertina in stile post-atomico, si apre con un intro strumentale che mette già in evidenza come l’autoproduzione non abbia certamente influito negativamente sui suoni di chitarra e batteria, che anzi ci appaiono puliti e dotati di sufficiente profondità: il primo brano vero e proprio è dunque Golem, che conferma quanto appena detto riguardo ai suoni, ma non per ciò che riguarda i piatti (non presenti nell’intro), che appaiono viceversa un po’ impastati; poco male, il brano è interessante e mette in mostra buone capacità tecniche e compositive dei nostri, sia nella prima metà più veloce che nella seconda più melodica, con in mezzo un inaspettato ed interessante gioco di chitarre. Proprio la chitarra di Andrea La Piccirella è lo strumento più in vista di questo primo brano, che offre indubbiamente molta carne al fuoco, ma anche la voce di Matteo Vicenzi, palesemente ispirata a quella del guru Michael Kiske, costituisce un punto di forza per i Mary Brain. Tutto quanto or ora detto si conferma in S.O.S. (Stairs of Shadows), brano di matrice più tipicamente speed metal dove la batteria di Andrea Ferrari pesta assai duro, le chitarre sono al loro zenit e la voce di Vicenzi assume sfumature più graffianti come si confà al genere; non sono convincenti al 100% i cambiamenti di velocità delle porzioni più veloci della canzone, dato che non ci sembrano amalgamate alla perfezione con le parti più melodiche e classiche, ma per fortuna il brano è abbastanza buono da mascherare questo difetto; My Redemption inizia come ballad, con sottofondo di chitarra quasi zeppeliniano, poi alterna momenti sulla falsariga del suo inizio a brevi sfuriate dove, ancora una volta, la parte del leone la fa il singer, dotato davvero di una voce splendida. Anche qui, forse, qualche cambiamento di velocità in meno avrebbe giovato all’integrità complessiva del brano, ma anche qui, come prima, i pregi sono certamente superiori ai difetti e possiamo tranquillamente chiudere un occhio. I quattro ragazzi di Modena continuano con questo espediente di variare spesso la mistura proposta e lo fanno in modo ancor più marcato in Insane Asylum, dove a strofe heavy/speed si alternano parti scandite unicamente da riff sincopati e colpi marziali di batteria, per poi concludere il tutto con una parte più melodica; qui, ad esempio, almeno a mio giudizio i cambiamenti sono davvero eccessivi e, pur non mancando sicuramente aspetti positivi, probabilmente i Mary Brain hanno un tantino strafatto. Poco male, dal momento che Sodomah & Gomorrah, una delle loro tracce più vecchie, è uno dei brani più particolari ed interessanti di tutto Regression of Human Existence: un intro di chitarra di stampo orientale ci introduce ad un brano che ricalca lo stile di Golem, con parti più veloci, riff e linee vocali come al solito notevoli ed intermezzo melodico. Il suo unico difetto è verosimilmente proprio quello di ricalcare un po’ troppo Golem, ma si tratta comunque di una canzone di ottima fattura. Death Game prosegue sulla strada dello speed di buona fattura, pur non presentando acuti particolarmente rilevanti ed è il preludio all’intermezzo melodico e malinconico Against the Darknes, che ha il compito di rilassare l’ascoltatore prima del dittico finale: We’ll Be Alone e Army of Terror, difatti, sono fra gli episodi più veloci del disco e lo chiudono a dovere, pur non presentando a loro volta novità sostanziali.

La lunga attesa, insomma, è stata ripagata: Regression of Human Existence è un buon disco, non del tutto privo di difetti come abbiamo visto e con qualche momento meno brillante, specie nel finale, ma con una notevole energia ed un’ottima perizia tecnica mostrata da tutti i componenti del gruppo. I Mary Brain, dunque, possono esser pienamente soddisfatti della loro prima, sudatissima fatica e possono guardare con ottimismo al futuro, magari limando quei difettucci che abbiamo fatto notare qui e là in sede di recensione. Anche voi date loro una chance e vedrete che non ve ne pentirete.



VOTO RECENSORE
73
VOTO LETTORI
0 su 0 voti [ VOTA]
Andrea Mary Brain
Venerdì 22 Febbraio 2013, 22.16.18
2
Grazie Alessandro!! Horns Up!!!
Alessandro Bevivino
Martedì 19 Febbraio 2013, 17.27.41
1
Rispetto.
INFORMAZIONI
2013
Autoprodotto
Heavy
Tracklist
1. Regression
2. Golem
3. S.O.S (Stairs of Shadows)
4. In My Redemption
5. Insane Asylum
6. Sodomah & Gomorrah
7. Death Game
8. Against The Darkness
9. We'll Be Alone
10. Army Of Terror
Line Up
Matteo Vicenzi (Voce)
Andrea La Piccirella (Chitarra)
Nicola Palma (Basso)
Andrea Ferrari (Batteria)
 
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