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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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( 1882 letture )
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Una rondine non fa primavera, così come di solito un mini-album permette solo di individuare alcuni elementi caratterizzanti il sound di un gruppo ma non consente di darne un giudizio approfondito e quindi più equo. Di solito, ma non in questo specifico caso. Gli Empire Drowns suonano infatti un gothic doom assolutamente derivativo e non credo che se invece di un mini-cd avessero realizzato le otto song di un album, in quei quattro brani di differenza ci avrebbero stupito con degli effetti speciali. Cloni danesi dei Paradise Lost, si ispirano sia alla loro produzione degli Anni Novanta (penso ad Icon, ad esempio), ma anche agli esiti più recenti (Faith Divides Us-Death United Us). Nonostante le entusiastiche dichiarazioni di originalità rilasciate dalla casa discografica, questa loro prima pubblicazione è marcata a fuoco vivo dall’eredità del gruppo britannico, senza possibilità di fraintendimento alcuno. Sono talmente inquadrati, talmente irreggimentati che è francamente arduo rinvenire elementi o anche solo sfumature di autentico estro creativo. La difformità più marcata con i Paradise Lost risiede nel fatto che gli Empire Drowns fanno in maniera pedissequa ma modesta quello che i Paradise Lost hanno realizzato per primi e con grande ispirazione, eleganza e merito. Ed essendo il gothic doom un genere che non richiede l’eccellenza tecnica, ciò che fa la differenza tra i geni inglesi e questi giovanotti nordici risiede tutto nella qualità delle melodie, che nei primi era elegante, raffinata, mesmerica, mentre nei secondi è onesta, ma decisamente banale. È proprio questa mancanza di un mood originale a creare un abisso tra precursori ed epigoni. A questa assenza sommiamo una scomoda presenza, quella di un singer che resta vittima di una voce eccessivamente impostata, caratterizzata da un’espressività troppo artificiosa che invece di risultare intensa e magnetica sortisce un effetto quasi caricaturale. Il terzo brano si discosta lievemente dai canoni del genere di riferimento, contraddistinguendosi per un ritmo più veloce ed una melodia più marcatamente orecchiabile; tuttavia, queste caratteristiche anziché distinguerlo positivamente e sancire almeno un tentativo di emancipazione dal prototipo, lo rendono solo più ordinario e mediocre. Non si tratta, intendiamoci, di un lavoro cacofonico, tuttavia quella patina superficiale di gradevolezza è il palese frutto di un’operazione di plagio non perseguibile penalmente. Ci piacerebbe, in futuro, poter ritrattare questo giudizio così severo, anzi non aspettiamo altro. Per ora siamo costretti a sentenziare, benché non ci piaccia affatto farlo.
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INFORMAZIONI |
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Mighty Music/Target Distribution
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Tracklist
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1. Bridges 2. Stumble Undefined 3. Glamourous 4. Rats
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Line Up
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Michael H. Andersen (Voce) Thomas Birk (Chitarra) Anders Vestergaard (Chitarra) Jan Kromann (Basso) Kim Jørgensen (Batteria)
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RECENSIONI |
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