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19/04/24
GOATBURNER + ACROSS THE SWARM
BAHNHOF LIVE, VIA SANT\'ANTONIO ABATE 34 - MONTAGNANA (PD)
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Heavatar - Opus I - All My Kingdoms
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( 2139 letture )
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A Stefan Schmidt va riconosciuto il merito di aver portato nel mondo del metal, se non la proverbiale “ventata di aria fresca", almeno un contributo originale: l’esecuzione “a cappella" dei suoi Van Canto ha infatti incuriosito ed a suo modo convinto gli estimatori delle proposte meno ortodosse, riuscendo a coniugare spirito pionieristico ed affermazione commerciale, una tecnica canora millenaria ed una “energia nuova e dirompente" (così scriveva la nostra Francesca Basso recensendo Break the Silence, 2011), proponendo ad un pubblico nuovo il risultato di un riuscito mix di perizia artistica e sfrontatezza innovatrice. Gli Heavatar sono il nuovo progetto del prolifico cantante e chitarrista tedesco, il quale sceglie in questa occasione un approccio più tradizionale al power metal, condito di chitarre, batteria ed una montagna di potenti cori. Raffinato e neoclassico a partire dall’evocativa veste grafica, il manifesto programmatico di Opus I - All My Kingdoms sta tutto nella coesistenza in copertina dei nomi di quattro compositori classici -Bach, Paganini, Beethoven e Bizet- con i caratteri in maiuscolo che, appena una riga sotto, compongono la parola METAL: all’ascolto non rimane dunque che il compito di verificare la bontà dell’idea e l’effettiva riuscita dell’accostamento.
Le prime note di Replica, mutuate direttamente dalla quinta sinfonia di Beethoven ed attualizzate per l’occasione dalla carica del drumming terremotante e clinico di Jorg Michael (Stratovarius), fanno capire come l’ispirazione classica abbia un effetto diretto sulle canzoni, o almeno sulle prime note di ciascuna, e non costituisca solo un artificio di marketing per differenziare l’offerta. La musica degli Heavatar, diciamolo subito, non si esaurisce in un inflazionato esercizio neoclassico, ma si articola piuttosto in un power melodico e corale che, al di là delle ispirazioni colte, sceglie potenza, tecnica e velocità per definire se stesso. La voce di Schmidt è inaspettatamente potente e graffiante, alla Eric Adams, ed il contrasto con gli elaborati arrangiamenti ed i cori puliti sovente in controcanto è un artificio retorico abusato, ma funzionante se eseguito con cognizione di causa. La direzione orchestrale, autorevole ed ordinata, di tutti gli elementi coinvolti in questo disco di debutto è uno degli elementi in grado di conferirgli un grado di novità non lontano, paradossalmente, dall’inedita proposta dei Van Canto: All My Kingdoms cerca infatti di abbinare le sue nobili origini con un approccio più sporco e potente del power melodico tradizionale: il disco è di una tinta leggermente più oscura, i suoni delle chitarre sono un muro grigio al quale la melodia degli sporadici assoli sembra stare stretta, le successioni di accordi presentano brevissimi passaggi che, esaltati dalle brillanti partiture di batteria, spaziano per stile e peso specifico dal death melodico al thrash moderno (Elysium at Dawn). Gli stessi testi preferiscono l’introspezione al racconto epico ed alludono a cecità e morte, vendetta e sacrificio, sangue e redenzione, coinvolgendo l’ascoltatore nel grigiore perfetto delle loro atmosfere, nella disfunzione delle relazioni, in un tormento dilaniante e credibile nel suo apparente non avere mai fine. Il fascino sporco degli Heavatar sta proprio nella ricerca, non fine a se stessa, di una coesistenza che sia la più elaborata e tesa possibile, creando un prodotto vivo e costantemente al limite, dall’approccio non sempre facile né scontato, furbo e competente nel momento in cui riesce a creare, continuando a sovrapporre gli elementi, il momento giusto per l’esplodere dei cori che ne costituiscono gli inarrestabili cingoli. Nonostante l’impatto di questa proposta sia decisamente positivo, va comunque sottolineata la ripetitività della formula, quasi a volerne testare in modo approfondito l’efficacia in vista delle uscite successive. La struttura dei brani tende a ripetersi in un modo che, a partire da metà scaletta, pare già sentito e prevedibile, ravvivato con mestiere dall’apporto di elementi (il coro, l’assolo, la citazione classica) scelti con scaltrezza alla Dynamo, ma pur sempre dallo stesso mazzo. Difficile dunque individuare un eventuale singolo, un brano di più facile presa o immediatamente riconoscibile: All My Kingdoms si regge infatti su un intrigo cinematografico di partiture da scoprire poco alla volta e con chirurgico impegno, fruibile a strati, ora soffermandosi su un singolo strumento, ora ricercando il filo logico delle sue melodie, che un attimo appaiono appena suggerite e dopo poco si perdono nel vortice. Gli oltre undici -e tiratissimi- minuti di The Look Above, e proprio il fatto che non si tratti di una comoda ballad, sono il segno più tangibile della carne che la band tedesca intende mettere sul fuoco: per quanto il focus non sia sempre chiaro, questa opera in miniatura offre un efficace riassunto, uno sviluppo più descrittivo, un trailer dell’intero disco ed un tour de force che mi ha ricordato, per la facilità con la quale scorrono i suoi minuti, la fondamentale Keeper of the Seven Keys (1988) degli Helloween che furono.
La potenza espressa, la mancanza di cali di tensione (se si esclude la semiacustica To the Metal posta nei titoli di coda), la genuina aspirazione al difficile fanno sì che, ripercorrendo la tracklist di nove brani, la sensazione di ripetitività non sfoci mai nella noia, grazie anche alla verve esecutiva del quartetto, alla pulizia della produzione, alla pienezza dei suoni che rendono l’ascolto piacevole anche da un punto di vista strettamente tecnico. Alla sua prima uscita, la nuova creatura di Stefan Schmidt convince per la freschezza della proposta, per il coraggio di una melodia non asservita, per un approccio capace di coniugare in modo nuovo la raffinatezza della citazione con la potenza espressiva del metal più autentico. Ne è testimonianza la scelta di abbandonare l’iniziale classificazione “power metal" di Opus I a favore di quel “metal" maschio e digrignante che gli stessi Heavatar ci avevano promesso in copertina: rendiamo loro l’onore delle armi riconoscendo la bontà del progetto, l’autenticità del sudore versato e la bravura nell’averci convinto.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Replica 2. Abracadabra 3. All My Kingdoms 4. Elysium at Dawn 5. Long Way Away 6. Born to Fly 7. Luna! Luna! 8. The Look Above 9. To the Metal
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Line Up
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Stefan Schmidt (Voce, Chitarra) Sebastian Scharf (Chitarra) David Vogt (Basso) Jorg Michael (Batteria)
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RECENSIONI |
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