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Iron Hearse - Get in the Hearse
( 1666 letture )
Wiltshire, Inghilterra sud-occidentale. Una delle più famose mete turistiche di tutto il mondo, che ospita il sito neolitico da sempre conosciuto come Stonehenge.
Nella stessa contea è situata la cittadina di Swindon, che ha dato i natali ad un trio di ragazzi che nell’anno 2001 hanno creato gli Iron Hearse.
Inizio subito soffermandomi appena un istante sul loro nome, dicendo che nell’immaginario collettivo di ogni affezionato del doom e dell’heavy metal viene quasi naturale trovare un collegamento con la storica “Iron Man” dei sacri Black Sabbath!
Nei loro dodici anni di carriera, questa giovane formazione del ventunesimo secolo ha dato alla luce numerosi demo, due EP e altrettanti full-length, questi ultimi rispettivamente nel 2006 e nel 2013.
Get in the Hearse è il titolo dell’ultima fatica dei tre inglesi, che rispondono al nome di Grant Powell come voce e chitarra, Liam Khan al quattro corde e Kev alla batteria.

Il disco sfoggia subito un artwork molto semplice di scuola Fu Manchu, nel quale campeggia una Cadillac su uno sfondo quasi totalmente nero. Questo aspetto lascia presupporre che le tematiche riguardino esclusivamente le belle auto, mentre invece i titoli delle canzoni che compongono la scaletta hanno molti richiami all’universo fantasy tanto caro a gruppi quali Cathedral, Pilgrim e The Gates Of Slumber.
Premendo il tasto play una voce radiofonica dal tono lugubre prima, e aspro poi, ci introduce lungo questo loro secondo percorso discografico. A motori spenti arriva Wolf Clergy: apertura che preme subito il piede sull’acceleratore grazie a riff rocciosi e ad assolo di chitarra che non si fanno attendere.
Cambio di atmosfera nella successiva A Slow & Heavy Ride, dove la pesantezza viene temporaneamente accantonata per lasciare spazio a un giro di accordi dal timbro molto più rock, arrivando a sfiorare quasi l’hendrixiano in alcuni tratti, e dove la voce del cantante si sposa particolarmente bene. La chiusura del brano vede ancora protagonista il solo veloce e preciso di Powell, sorretto da una base in crescendo che attinge a piene mani dai tenebrosi e immortali Pentagram.
Vessel Of Astaroth mostra una struttura migliore, dovuta a un riffing più frizzante e alla piacevole performance vocale intrapresa dallo stesso Grant. Durante i suoi quattro minuti di durata la canzone offre anche alcuni cambi che rinvigoriscono ulteriormente il prodotto finale.
Caratteristiche abbastanza simile sono riscontrabili nei primi atti di Hydra’s Children, che prende il via in una bella cavalcata arricchita dall’ennesimo ottimo assolo.
Il basso in solitaria apre Ain’t No New Thing, donandogli una sfaccettatura che si avvicina non poco al post-punk di gruppi quali i newyorkesi Interpol e simili, in attesa di ricevere manforte dal fraseggio chitarra molto semplice ed efficace che a molti (a me per primo) può far pensare a un cult come Paranoid.
Orion’s Sword è il brano più corto di tutto l’album, con appena due minuti e mezzo che scorrono fluidamente tra riff rallentati e gli immancabili assolo (anche qui ce ne sono ben due).
Black Sermon è una riproduzione fedele del nome che porta: un ritmo cadenzato e molto distorta, un omaggio alla decadenza tipica di questo genere musicale. In essa si sente chiaramente la mano di gruppi quali Electric Wizard, una pennellata di Orange Goblin e dei sopracitati The Gates Of Slumber, quest’ultimi in particolare per il timbro vocale. Un brano che va perfettamente a braccetto con il nome del gruppo e dell’album.
I ragazzoni venuti da Stonehenge ci salutano con un altro brano ricco di assolo, il che non può farci che bene, e prosegue lungo la scia dei predecessori. The Ultimate Atomic Man è un buon modo per congedarsi.

Concludendo, i tre di Swindon hanno sfornato un prodotto fedele al genere di appartenenza, dove ogni brano è uno specchio in cui si riflettono tanti gruppi fondamentali che hanno plasmato il loro sound attuale, non che il loro modo di comporre. Nel complesso, non c’è alcuna novità stilistica - il che non è da considerarsi un male per il gruppo, anzi - direi che fa piacere ascoltare un disco così semplice e genuino pur senza particolari pretese. Personalmente trovo molto soddisfacente questa loro proposta, che rievoca in me (e penso in ogni altro ascoltatore) le imprese delle grandi firme del passato, difficili da eguagliare certo, ma che a tutt’oggi vengono ancora idolatrate a gran voce.
Se dovessero continuare usando questa formula, li attende una gran carriera. Gliela auguro proprio!



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2013
Snake Mountain
Doom
Tracklist
1. Wolf Clergy
2. A Slow & Heavy Ride
3. Vessel of Astaroth
4. Hydra’s Children
5. Aint’ No New Thing
6. Orion’s Sword
7. Black Sermon
8. The Ultimate Atomic Man
Line Up
Grant Powell (voce e chitarra)
Liam Khan (basso)
Kev (batteria)
 
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