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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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Killswitch Engage - Disarm The Descent
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( 8412 letture )
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In zona Cesarini. I Killswitch Engage sono stati uno di quei gruppi -pochi a dire il vero- che hanno ingranato da subito. Dopo un esordio decente ma tutt’altro che sbalorditivo, i nostri hanno centrato il disco della svolta, Alive Or Just Breathing. L’album segnava il passo non solo per chi l’aveva composto ma anche per tutto un genere in via di formazione. Il metalcore da allora -era il 2002- è esploso in tutta la sua capacità propulsiva, basandosi su due fattori prima che su altri: la stasi in cui versava il genere hardcore e la facilità di ascolto che ne favoriva la fruizione ad una fascia estremamente ampia di soggetti. In un’unica espressione, potremmo individuare la causa di ciò nell’eterogeneità a cui il metalcore si rifaceva. Da quel momento, le etichette discografiche, intuendo le possibilità che l’assegno in bianco poteva fornire, come i più istintivi rapaci, si fiondarono su tante band che a quel genere si stavano rifacendo, e col tempo è stato prodotto qualsiasi gruppo, purché le note si traducessero in guadagni garantiti. Una delle tante regole del mercato però dimostra che se lo si inflaziona col medesimo prodotto, dopo un periodo di tempo limitato, questo implode. Così è stato, come precedentemente era successo per il nu-metal, ed anche nel metalcore sono rimaste in piedi solo le band davvero importanti. Oggi si parla di quella più conosciuta. Diciamocela tutta, i Killswitch Engage dal fortunatissimo The End Of Earthache non ne imbroccavano una, e va bene che nel frattempo sono passati nove anni e due album, però il problema sussisteva. In più, il cantante che aveva vissuto i momenti più fortunati per la band, Howard Jones, si era volatilizzato un anno or sono. Adam Dutkiewicz, vero master mind e dominus negli affari del gruppo, si è subito mostrato favorevole al ritorno del singer precedente, Jesse Leach, ed è andata a finire che i nostri sono tornati agli inizi. La domanda, a tal punto, nasce spontanea: tutto ciò è successo solo in linea teorica oppure i Killswitch Engage hanno anche musicalmente proposto le linee originarie? Per rispondere bisogna identificare in maniera chiara quando la band ha davvero trovato il proprio sound, se già con la prima uscita o con le due successive. Bene, qualora i Killswitch Engage siano quelli a cavallo tra Alive Or Just Breathing e The End Of Earthache, il disco in questione si presenta quale ideale punto di arrivo. Se invece l’apice per il gruppo lo si fa coincidere con l’esordio, allora i tratti in comune cominciano a calare. Ciò malgrado non si vuole racchiudere il discorso solo ed esclusivamente attorno ad uno stile ormai ampiamente formato, ma è bene spendere qualche parola anche sul songwriting. Al di là dei gusti di ognuno, e soprattutto della circostanza per niente secondaria circa l’odio che ormai molti nutrono per il metalcore, è necessario chiarire come Disarm The Descent sia qualitativamente superiore ai due album che l’hanno immediatamente preceduto. In tutto questo non c’entra tanto il cambio di cantante, anzi, Leach non fa altro che proseguire l’approccio eterogeneo tipico di Jones. Il passo in avanti, quindi, non riguarda la tipologia di sound, ma la qualità di scrittura: le canzoni si mostrano più riuscite, e, malgrado la ruffianaggine di alcuni refrain, rimangono in testa trasmettendo un senso di cura per il lavoro, a differenza dei troppi arronzamenti di cui erano infestati i due dischi cronologicamente antecedenti. Se la matrice hardcore è stata fondamentale per gli inizi carriera, col tempo i cinque ne hanno ampliato le coordinate, regalando parecchi spunti heavy nei fraseggi di chitarra, ed in più anche parentesi thrash che qui è lì compaiono. I nostri tornano a sfoderare la capacità di gestione dei refrain, addirittura spostandosi verso lidi a loro meno consoni, come ad esempio in Always, dove la vicinanza con i Godsmack è maggiore di quanto si possa pensare. Non ci sono solo i ritornelli catchy, ma nel nuovo album vi è anche un ritorno, seppur pacato, a quell’attitudine che li ha mossi nei primi anni. Ecco quindi che metalcore, thrash moderno ed heavy metal rimangono costitutivi e si ritrovano in quasi tutte le tracce. In alcuni casi una componente prevale sull’altra, ma in generale si assiste ad un equilibrio tra le principali caratteristiche per la durata complessiva del disco. A questo punto, al di là della produzione e della tecnica esecutiva, sempre di buon valore, rimarrebbe un discorso aperto circa i raffronti possibili con gli anni più ispirati nella carriera della band. In tal caso ogni giudizio è ancora più soggettivo di quanto si possa pensare. Per il sottoscritto Disarm The Descent si colloca al di sotto dei due album più celebri ma, nonostante ciò, rappresenta il miglior lavoro dai tempi di The End Of Earthache. Ciò è dovuto a tre fattori prima che ad altri: 1) L’aver compreso, in zona Cesarini, che un monicker anche se solido, senza costanza di ispirazione, rischia la fine peggiore, la quale non coincide con la morte materiale ma con una vita nell’indifferenza. 2) Essere riusciti a recuperare Jesse Leach, il quale, da quanto si mormorava, non desiderava altro che avere una seconda possibilità. Ciò è avvenuto in sostituzione di Howard Jones, che al contrario di Leach, ne aveva piene le scatole, e da un pezzo. 3) Poter usufruire di Adam Dutkiewicz, un chitarrista che fa il massimo per trasmettere un’immagine scanzonata, da simpatico minchione, tutto sesso, droga e rock n’roll; eppure quando ci si mette dimostra di essere -nel metalcore- il miglior cervello al comando di una chitarra. In conclusione si può affermare che Disarm The Descent non sia il solito brodino senza dado al quale i nostri ci stavano abituando, ma una pietanza migliore di quanto ci si potesse attendere. Su di una cosa si può star certi: quelli che si sono goduti i loro dischi più riusciti potrebbero tornare ad apprezzare i Killswitch Engage per lo stesso motivo per cui chi li ha sempre detestati continuerà per quel verso.
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15
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Concordo sul fatto che spesso un genere viene talmente inflazionato che di conseguenza ci si stufa e anche gli album migliori passano in sordina, e questo é uno di questi casi...le canzoni sono una piu bella dell'altra, i ritornelli sono catchy e ruffiani? Si ma funzionano perfettamente e sono di altissimo livello rispetto alle melodie spompe della maggior parte dei concorrenti, altro che a7x e all that remains...qui siamo su un altro livello. Il cantato é efficacissimo, adam alla chitarra é fenomenale, e i testi sono ottimi. Bisogna ascoltarli bene i dischi. Almeno 75, anvhe 80. Un grandissimo ritorno |
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14
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Faccio una premessa: ci sono dischi che vanno analizzati per filo e per segno, per altri bastano veramente poche parole e questo è uno di quelli. Album di classico stampo Metal-Core, NON originalissimo ma capace di dare energia e catturare l'attenzione. Produzione ben fatta, voce e liriche NON eccelse ma NETTAMENTE sopra la media rispetto alla maggior parte di produzioni Metal-Core odierne. Sebbene il genere ormai è stato "pompato" più del dovuto, diventando noioso, monotono e ripetitivo, Disarm The Descent rappresenta una boccata di aria, nn fresca, ma cmq buona per un genere che ha rotto proprio il cazzo! Consiglio a tutti di dargli un'occhiata. Pezzi preferiti: - In Due Time - Always - Time Will Not Remain(la migliore per me) Voto: 68 |
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13
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bell'album ma preferivo Howard Jones come cantante ma ottimo Leach in questo lavoro un po ruffiano ma ben fatto. |
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12
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sarà che sono ignorante in fatto di metalcore ma a me quasto disco è piaciuto, e non poco. |
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11
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Ben suonato ma, secondo me un pò ruffiano con qualche spatolata di pura cattiveria quà e là per mitigare l'eccessiva vena catchy dei ritornelli. |
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10
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a me sta piacendo molto nel complesso...certo non ci sono state grandi novità rispetto al sound delle scorse uscite e qualche canzone è di livello minore rispetto ad altre però direi che sono d'accordo con la recensione (peraltro scritta molto bene!) e col giudizio finale. |
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9
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Ma stiamo scherzando??? the end of heartache è una ciofega! 10 volte meglio as daylight dies a stò punto. Comunque questo cd mi è piaciuto molto, e secondo me non è vero assolutamente che Leach non ha influito sul sound. Si sente chiaramente un ritorno alle origini e alla nicchia, credo proprio perchè Leach è un cantante che non ha mai navigato nel mainstream, (vedi seemless, the empire shall fall ecc...). Jones andava bene per quel sound scontato che avevano prima. Senza parlare di Adam che è un fenomeno, che ha dato il meglio di sè dopo anni. |
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8
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a me piace invece.... forse perchè non ho seguito molto il metalcore in questi anni |
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7
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@cataclast non sono d'accordo il metalcore non è così, i ritornelli non devono essere così pop per forza, ascoltati this darkened heart dei all that remains |
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6
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Il problema è che è difficile poter apprezzare quest'album oggigiorno dato che ci sono stati così tanti gruppi ad aver riproposto questo sound in tutte le salse che ormai ci sembra del tutto "anonimo": Alive or Just Breathing era una novità per quel periodo ed è per questo che lo si tiene più in considerazione. Quest'album è molto valido ma non aggiunge niente di nuovo a quello che si è potuto ascoltare da altri gruppi quindi la recensione ed il voto sono validi e giusti |
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5
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La recensione è ottima, mi appresto ad ascoltare il lavoro su Spotify! |
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4
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Anche fwc e sas degli as i lay dying sono buoni album metalcore |
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3
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Cazzo non c'è proprio paragone tra questa mezza ciofeca e Alive or Just Breathing; premetto che ascolto qualsiasi genere e che questo gruppo lo conosco dagli esordi, ma quest'album non ha niente a che fare con i due citati da Alex. Purtroppo sembra che ogni singola canzone segua la matrice del metalcore di questi ultimi anni con il solito ritornello spacca coglioni, ma che a differenza di AOJB qui sono letteralmente ritornelli pop!! Altro che catchy!! mi dispiace ma per me il ritorno di Jesse non vale la sufficenza voto 55 Ottima invece la recensione anche se non mi ritrovo per alcuni punti |
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2
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io non noto alcun cambiamento dagli ultimi album... gli unici dischi degni nel metalcore sono i primi due dei a7x e this darkened heart degli all that remains |
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Dopo 'Alive or Just Breathing' ed il bellissimo di 'The End of Heartache' non ho più seguito i Killswitch Engage perchè tutto quello che mi capitava sottomano non mi piaceva. Questo 'Disarm the Descent' invece ha da subito destato la mia curiosità perchè tornava Jesse Leech. Così ho ascoltato il disco in questione (soltanto un paio di volte, finora, ad onor del vero) ma mi ha subito fatto un'impressione positiva. Aspetto, comunque, maggiori ascolti per giudicarlo al meglio. Recensione che mi trova d'accordo su tutto meno che sul voto |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Hell In Me 2. Beyond The Flames 3. New Awakening 4. In Due Time 5. A Tribute To The Fallen 6. The Turning Point 7. All That We Have 8. You Don’t Bleed For Me 9. The Call 10. No End In Sight 11. Always 12. Time Will Not Remain
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Line Up
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Jesse Leach (Voce) Adam Dutkiewicz (Chitarra) Joel Stroetzel (Chitarra) Mike D'Antonio (Basso) Justin Foley (Batteria)
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RECENSIONI |
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