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CIRCOLO DEV , VIA CAPO DI LUCCA 29/3G - BOLOGNA

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Volbeat - The Strength / The Sound / The Songs
( 4500 letture )
L’immagine di copertina è emblematica: un microfono tipico degli anni Cinquanta, di quelli che ci riportano alla mente la figura di Elvis Presley e delle prime divinità del rock’n’roll. I Volbeat coprono uno spettro sonoro talmente vasto da passare indistintamente da romantiche atmosfere rockabilly a sfuriate thrash metal e l’intrigo di sfumature si fa ancora più complicato se si pensa che questa band danese nasce sulle ceneri dei Dominus, i quali dal 1991 al 2000 avevano spaziato dal death/black al death’n’roll, dal groove metal al thrash tradizionale; quattro generi in quattro album. Cose da perderci la testa, anche perché lo stile vocale del singer e chitarrista Michael Poulsen è completamente diverso, nel progetto Volbeat, rispetto al growl cavernicolo sfoderato in passato. Poulsen si reinventa cantante di grandissimo livello, sfoderando un vocione passionale e d’antan che lo eleva proprio al rango di novello Elvis; il sound della band è assolutamente sorprendente, potentissimo e metallico nei suoni e nei riff, ma con quelle costanti reminiscenze classic rock, rockabilly, rock’n’roll, rintracciabili per l’appunto nelle vocals inedite e catchy di Poulsen. Descriverne lo stile è pressoché impossibile, quasi fosse un James Hetfield trascinato di peso negli anni Cinquanta. Nonostante la sua indubbia bravura, solo in parte emerge qui quell’abilità spiccata nel comporre refrain irresistibili che si manifesterà costantemente nei dischi successivi e, anche se i due chitarristi cercano sempre di imbastire trame accattivanti, non sempre i refrain suonano immediati ed inconfondibili. Certo, ci sono parecchie eccezioni e nel complesso l’ascolto genera coinvolgimento ed emozioni, ma negli anni a venire i Volbeat matureranno un’ancor più spiccata intraprendenza compositiva, mettendo leggermente in ombra il pur bellissimo debut. Carico di groove, il disco possiede un’alone epico e malinconico che è diretta eredità delle influenze prettamente heavy metal dei Nostri; i vocalizzi caldi, impetuosi e profondi di Poulsen completano questa base sonora generando un risultato sorprendente, che al momento della pubblicazione deve aver lasciato parecchi segni tangibili tra i tanti fruitori ormai annoiati dalla pedissequa ripetizione di sonorità trite e ritrite. Finalmente qualcosa di nuovo ed affascinante. Disco insolito, esperienza singolare, musica fuori dagli schemi: The Strength / The Sound / The Songs rappresenta tutto questo e niente di meno. Pezzi geniali come la monolitica Pool of Booze, Booze, Booza, la sferzante opener Caroline Leaving (seguito del brano Caroline, presente sull’omonimo demo Volbeat e riproposta anche in questa release, alla traccia numero undici) o la fiammante Always Wu non fanno che confermare fin da subito le buone impressioni mosse da questa band, destinata a diventare un punto di riferimento della scena contemporanea nel brevissimo periodo.

L’avanzata perentoria del disco si avverte già con la sopracitata Caroline Leaving, riff tostissimo e vocals tonanti che però calano leggermente in coda. Superata la discreta ma non memorabile Another Day, Another Way si passa ad esaltare il drumwork di Jon Larsen in Something Else Or..., episodio che alterna sezioni molto pesanti a linee vocali epiche. Il lavoro decolla con le strofe serrate ed il chorus enfatico di Rebel Monster, nonché con le palesi influenze sabbathiane della pachidermica Pool of Booze, Booze, Booza (le cui vocals ricordano invece i Metallica, una volta di più). Si ritorna a scuotere il collo con l’incalzante Always. Wu (forse il brano migliore del lotto, con un refrain azzeccatissimo) ed il riffato groovy di Say Your Number, mentre il lentone sentimentale Soulweeper serve più che altro a riprendere il fiato; niente di eccezionale, insomma. I quattro nordici tornano a fare il verso ai Four Horsemen con Firesong e Danny & Lucy: riff affilati, velocità elevate ed una fedelissima imitazione dell’Hetfield più arrabbiato. Seppur tesa, Caroline #1 gode di minor mordente; leggermente meglio va con l’ancor non fondamentale Alienized e con I Only Wanna Be with You, bella e radiofonica cover di Dusty Springfield. C’è dunque spazio anche per il pop nella musica della band danese, dato che la signora in questione è una sorta di corrispettivo britannico della nostrana Mina. È sorprendente la forza e la personalità con cui la canzone viene rivoltata come un calzino ed allineata alla proposta Volbeat, al punto che, se non fosse precisato, potrebbe tranquillamente suonare come un inedito. La tracklist perde un po’ di originalità man mano che ci si avvicina alla conclusione dell’opera: un mid-tempo quale Everything’s Still Fine sembra aggiungere poco o niente, mentre il rifferrama dimesso e l’atmosfera struggente di Healing Subconsciously creano un piacevole ma non imprescindibile contraltare tra romanticismo e possanza sonora.

In tutta la durata del platter (cinquantacinque minuti e tre secondi) rimane costante e valido il lavoro delle due chitarre, pesanti ed ispirate; trascinante il pathos quasi intimistico e malinconico, ma al contempo benevolo e ricco di speranza, delle linee vocali. Ascoltare i Volbeat è come viaggiare a 360° tra i più disparati ambiti musicali, miscelando in un’unica portata le mazzate dei Metallica, la melodia western dei Social Distortion ed il fascino gelatinoso di Elvis. Peccato per la presenza di alcuni brani non trascendentali, i quali vanno a creare una certa disomogeneità nella tracklist, cosa peraltro più che comprensibile, visto che si tratta dell’esordio ufficiale. I brani più veloci e duri, contraddistinti da ritmiche thrashy, rimangono quelli più esaltanti: qui la testa si muove da sola e non poco. I quattro di Copenhagen sono tecnicamente preparatissimi, suonano senza sbavature ed esaltano l’ottima produzione. La tensione resta alta quasi sempre, anche se ridurre la scaletta a nove o dieci brani avrebbe giovato non poco all’ascolto, sia per evitare l’altalenanza tra brani più e meno convincenti sia per evitare di dilungarsi in un minutaggio eccessivo. Niente di grave, sia chiaro, dischi del genere sono una vera manna dal cielo per la scena contemporanea.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
71.07 su 13 voti [ VOTA]
Macca
Giovedì 11 Aprile 2013, 12.51.56
1
Bello e semplice, un antipasto di cosa avverrà nei successivi due album che secondo me sono spettacolari.
INFORMAZIONI
2005
Mascot Records
Heavy
Tracklist
1. Caroline Leaving
2. Another Day, Another Way
3. Something Else Or...
4. Rebel Monster
5. Pool of Booze, Booze, Booza
6. Always. Wu
7. Say Your Number
8. Soulweeper
9. Firesong
10. Danny & Lucy (11 pm)
11. Caroline #1
12. Alienized
13. I Only Wanna Be with You (Dusty Springfield cover)
14. Everything’s Still Fine
15. Healing Subconsciously
Line Up
Michael Poulsen (Voce, Chitarra)
Franz Hellboss (Chitarra)
Anders Kjølholm (Basso)
Jon Larsen (Batteria)
 
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