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26/04/24
KARMA
CSA RIVOLTA, VIA FRATELLI BANDIERA 45 - VENEZIA
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Soul of Steel - Journey to Infinity
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( 2193 letture )
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Vengono da Martina Franca i Soul of Steel e dalle assolate terre di Puglia ci raccontano una storia di impegno e dedizione, passione ed amore per tutto ciò che gravita attorno alla galassia del power metal. Una storia di idee chiare, di giusta ambizione e di sogni alla portata, contraddistinta da un approccio sempre professionale e dalla voglia di imparare, in fretta, attingendo dalle esperienze dei migliori nel tentativo di bruciare le tappe. Nata agli inizi del 2007, la band pubblica demo, suona dal vivo ed aggiusta a più riprese la propria formazione, fino a salutare -siamo nel 2009- la registrazione dell’album di debutto, Destiny, che avviene a Brescia sotto la supervisione di Olaf Thorsen (Labyrinth, Vision Divine) in veste di produttore. L’intento di Journey to Infinity è quello di dare continuità al progetto, evolvendolo senza stravolgerlo grazie ad un mix di power melodico, elementi progressive e passaggi sinfonici che nei paesi dell’area mediterranea sembra trovare terreno fertile. Pubblicato dalla pimpante sub-label Bakerteam Records (“Hard’n’heavy delicatessen” ne è il promettente pay-off), il ritorno discografico dei pugliesi si pone come ideale punto di aggregazione di alcune tra le migliori eccellenze italiane del settore: se da un lato ritroviamo Olaf Thorsen nel ruolo di produttore, dall’altro si aggiungono all’impresa i contributi di Simone Mularoni (DGM) al mixing, Roberto Tiranti (Labyrinth) alla voce, Alessio Lucatti (Vision Divine) alle tastiere e Nerve Design (Eldritch, Vision Divine) nella composizione dell’evocativa immagine di copertina. Caratterizzato dall’impostazione di un concept album, che narra il percorso onirico di un uomo in fuga dai suoi demoni, riuscirà la qualità finale di Journey to Infinity a superare la già interessante somma delle sue parti?
Forti di una tracklist composta da tredici pezzi, per i quali il mio lettore aveva erroneamente indicato una durata totale superiore alle due ore (!), i Soul of Steel introducono alle perigliose atmosfere del Viaggio con Aeternum Tormentum, un’intro efficace che, grazie ad un paio di effetti atmosferici ed una voce eterea in sottofondo, contribuisce a calare l’ascoltatore tra le piovose radure raffigurate in copertina. Con la successiva Through the Gates of Heaven si comincia a fare sul serio ed il power “colto” dei nostri connazionali si rivela in tutta la sua ingegneristica ambizione: la coesistenza all’interno della stessa canzone di ritmiche varie, inserti vocali femminili, cori di supporto, intermezzi di pianoforte ed un lavoro di chitarre molto presente è la principale impronta stilistica di un power ricco e matematico, creativamente tormentato, che non si accontenta. Se il buongiorno si vede dal mattino, è evidente che Journey to Infinity intende essere una tappa di crescita, un lavoro senza sbavature, potente e sufficientemente rifinito grazie ad una produzione forse non personale, ma di indubbia professionalità. Muovendosi su e giù per la scaletta, queste doti vengono a più riprese confermate: la batteria di Lorenzo Chiafele, in particolare, risulta sempre in evidenza e concorre con il suo doppio pedale a dettare l’energia “oscura” dei sei. Quello dei Soul of Steel è un power di cori ed aperture melodiche, ma che con la complessità delle sue partiture tiene alta la tensione, il senso della difficoltà ed il pericolo dell’imprevisto. Non è quindi un power alla tedesca (reduce dall’ascolto di Best of Prophecy Years dei Mystic Prophecy saltano immediatamente all’orecchio i propositi e le relative differenze), quanto piuttosto una continua suggestione cinematografica sulla quale sono montate impalcature complesse, inserti elettronici ed abbellimenti alla Secret Sphere. Se quindi da un punto di vista tecnico l’album ha tutte le carte in regola per ben figurare, l’entusiasmo cala al momento di valutare l’effettivo coinvolgimento che questo approccio riesce a regalare. Tanta opulenza compositiva sembra infatti andare a detrimento di focus e comunicatività, al punto che quando sembra di aver già ascoltato tutto ci si accorge di non essere nemmeno arrivati a metà scaletta. Memore della recensione di Momentum dei DGM (a cura del nostro Giacomo Brotto), affiora il sospetto che i Soul of Steel siano ugualmente dotati dal punto di vista tecnico, ma che anche nel loro caso una tale capacità potrebbe essere gestita in funzione di un risultato diverso, dalle caratteristiche più umane, portatore di un’incisività profonda abbastanza per creare il ricordo, accendere l’emozione e sollecitare la nostalgia di un ulteriore ascolto. In tempi di filosofia “lean", nei quali la soluzione si ricerca per sottrazione, il sestetto di Martina Franca si lascia invece tentare dalle sirene della continua aggiunta, quasi per nascondere un impianto che alla fine dell’ascolto rivela con candore tutti i suoi spossati, benché tecnicissimi, limiti (Eternal Life). Nonostante a Journey to Infinity non manchino passaggi potenti e coinvolgenti (Waiting for You), il disco si presenta più come uno showcase che come un prodotto destinato a fare breccia nei cuori, complici delle linee vocali piuttosto anonime, entro le quali il bravo Gianni Valente si muove come può. Laddove band come Vision Divine si sono dimostrate in grado di trovare la quadra, coniugando con efficacia tecnica e melodia (soprattutto ai tempi della collaborazione con Michele Luppi), Journey to Infinity si rivela pesantemente sbilanciato a favore della prima, con l’aggravante di somministrare canzoni pretenziose (Like a Memory) e languidi pianoforti che vorrebbero far credere il contrario, ma che invece ricordano -con simpatia ma non senza imbarazzo- i Bee Hive di Pasquale Finicelli.
Quello che potrebbe essere un eccellente disco di power/progressive strumentale denota il suo più grande limite nel momento in cui, volendo farsi altro, sottopone ad una lunga serie di cantati poco ispirati, trascinati, allungati, rimaneggiati, riscaldati, corretti, riciclati, avulsi e variamente infiocchettati nel goffo tentativo di nascondere una loro antipatica, ma diffusa, inutilità di fondo. La sensazione, che purtroppo è molto diffusa nella musica metal, è quella della melodia come aggiunta finale, come orpello tollerato a fatica che invece di impreziosire indebolisce, confondendo in nome di una nobile e tecnica ripetitività, e pur sempre alla faccia delle raffinate prelibatezze promesse dall’etichetta. Solo le ballad sembrano potersi salvare da questa considerazione, con The Fallen Angel e Last Desire in versione acustica (alla quale l’interpretazione di Roberto Tiranti dona un qualcosa in più facilmente riconoscibile) capaci di un indispensabile “back to basics” che restituisce loro un minimo di calore, di dimensione interpretativa e di squisita ispirazione. Il viaggio dei Soul of Steel prosegue, alla ricerca di uno stile personale, di un miglior bilanciamento e di un’attenzione più romantica all’identità di ogni singola melodia: difficile e irto di difficoltà come tutti i processi di crescita, questo è un percorso che tuttavia merita di essere compiuto, per coltivare capacità indubbie ed arrivare, un giorno, ad accarezzare quel sole raggiante in copertina, che promette di aspettare dietro alle colline.
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4
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ma un bel vaffanculo a questo recensore non glielo toglie nessuno ); vergognati e vatti ad ascoltare gigi d'alessio non sei degno del power metal! |
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2
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non me ne vogliano.. ma il disco non colpisce. |
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1
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la voce non mi convince più di tanto.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Aeternum Tormentum 2. Through the Gates of Heaven 3. Shadows of the Past 4. Neverland 5. Waiting for You 6. The Fallen Angel 7. Journey to Infinity 8. Like a Memory 9. Secret Words 10. Portrait of My Last Dream 11. Last Desire 12. Eternal Life 13. Last Desire (Acoustic)
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Line Up
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Gianni Valente (Voce) Valerio De Rossa (Chitarra) Nicola Caroli (Chitarra) Daniele Simeone (Tastiere) Dario Di Francesco (Basso) Lorenzo Chiafele (Batteria)
Musicisti Ospiti: Roberto Tiranti (Voce) Alessio Lucatti (Tastiere)
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