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19/02/21
THE DEAD DAISIES
LIVE CLUB - TREZZO SULL'ADDA (MI)
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Scordatevi castelli, draghi e valli incantate: Strange Highways prosegue il cammino di evoluzione e maturazione attraverso il quale l’iconico Ronnie James Dio passò dalle ambientazioni fantasy tipicamente ottantiane a scenari più realistici e disincantati, prendendo notevole spunto dalle fruttuose esperienze alla corte di Tony Iommi, The Riffmaker. Il cantante italo-americano si ritrova dunque immerso più che mai in atmosfere sabbathiane tetre, ossessive, raccapriccianti; il sesto capitolo della sua band personale, il secondo partorito negli anni Novanta (a tre anni dal buonissimo Lock Up the Wolves), risente dunque della recente toccata e fuga nel combo di Birmingham e, infatti, Strange Highways assomiglia incredibilmente a Dehumanizer. Non certo un difetto, visto che questo ha permesso a Dio di non incancrenirsi su uno stile personalissimo ma forse un po’ datato, quello che aveva caratterizzato le releases precedenti. Fin dalle prime note si avverte la volontà di potenziare i classici dogmi metallici -garantiti da riff possenti e vocals solenni- con un approccio molto pesante, pachidermico, articolato in brani dal piglio cadenzato, intimidatori e sacrali, che crescono con gli ascolti destando un progressivo rispetto reverenziale. Forse non sono composizioni impattanti quanto le perle di Dehumanizer, sensibilmente più ispirato e monumentale in fase di songwriting, ma rimangono comunque tracce considerevoli, soprattutto in un periodo -l’inizio del decennio novantiano- in cui l’heavy classico veniva considerato ormai obsoleto e viveva un periodo di vacche magre, almeno escludendo le diramazioni del genere nel fervente filone power metal. Encomiabile il coraggio col quale il folletto d’Oltreoceano ha dimostrato di non vendersi alle mode, ma ha anzi incupito la sua essenza fino a spingersi in antri bui come la pece. La prova vocale del singer è qui eccellente, come il suo blasone garantisce; meno brillante, invece, appare la sezione solista ad opera di Tracy G, non sempre dotata di ganci succulenti.
Che l’aria sia diventata rarefatta lo si intuisce immediatamente con i ritmi maciullanti dell’opener Jesus, Mary, & The Holy Ghost, un brano forse troppo spezzettato e con delle parti vocali fil-trate, queste ultime leggermente fuori luogo. Il full length decolla con Firehead, mid-tempo di stampo sabbathiano con vocals doomy a tutti gli effetti, e le successive Strange Highways, Hollywood Black e Pain: spettrali viaggi nella desolazione, slow-tempos ipnotici e cattivi degni di nota. Anche Evilution e Blood from a Stone possiedono un ritmo dilatato irresistibile, sospinto da riff semplici ma maligni, mentre One Foot in the Grave ravviva il corpo centrale dell’opera con un chorus più melodico, innescato sull’immancabile andazzo funereo. Give Her the Gun si apre con un arpeggio da ballata, ma sfocia poi nell’ennesimo -e gradito- monolite minaccioso; per trovare una variante bisogna scorrere la tracklist fino a Here’s to You, episodio dinamico con ritornello catchy (praticamente da stadio) che ricorda qualcuno dei pezzi più scoppiettanti di Heaven and Hell. L’ultima avanzata ciclopica, Bring Down the Rain, colpisce per il bel ritornello e per le linee vocali accattivanti, ben cucite sul tessuto rocciosissimo che non viene mai a mancare.
La scaletta è dunque molto omogenea e la sola Here’s to You si discosta dal canovaccio trascinato che caratterizza il platter, ovvero una sequela di riff tosti, ispirati ed un incedere erculeo -costruito attorno al drumwork solido e affidabile di Vinny Appice, un altro nome che da solo rappresenta una garanzia- che piacerà tanto ai fans di Dio quanto ai fedelissimi del Sabba Nero. Strutture lineari, nessun orpello. Solo quintali di granito sciorinati dalle sei corde, l’ideale per far muovere la testa a tempo in un surreale scenario desolato e desolante.
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19
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Ho apprezzato molto il percorso "dark" intrapreso da Dio-avendo consumato Dehumanizer-,certo,il risultato non è allo stesso livello,ma cio' non toglie che questo Strange Highways sia un buon album,interessante e con un ottima prestazione del singer italoamericano. |
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Ottimo disco. Basta però a paragonarlo con Dehumanizer. Li sono i Black Sabbath a fare il verso a Dio e non viceversa. Ho sempre preferito il Dio.. "minore", quello più oscuro e meno d'impatto piuttosto che quello dei primi due album. |
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17
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Uno dei dischi più belli del grande R.J. Dio, ma anche uno dei più incompresi e ingiustamente dimenticato dai puristi. |
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Per me questo è stato i suo ultimo grande disco da solista. La seconda metà della sua carriera solista non solo avrebbe dovuto,come giustamente ha fatto,cominciare così,ma sarebbe anche dovuta continuare così. E invece con Magica,Killing the dragon e Master of the moon lo standard qualitativo si è abbassato e tutto è diventato di mestiere,un po' minestra riscaldata e banalotta. è vero che Dio non era un chitarrista e che trovarne uno adatto ala sua voce e ispirato nel soundwrite non doveva essere facile,ma dopo i due semi guitar hero avuti da holy diver fino a dream evil (che perfettamente costruivano il tappeto sonoro anni 80) e dopo l'ottimo disco compatto di transizione che fu Lock Up The Wolves,questo Strange Highways segnava il giusto cambio di sound per gli anni 90. Peccato che la critica non lo sostenne,perché ad oggi lo trovo il disco più serio,più profondo e meno posticcio che abbia scritto nella sua carriera solista. Lascerei anche perdere le polemiche che lo vedevano copiare i black sabbath. no,a mio parere questo è veramente un riavvio della sua carriera solista pertendo dall'esperienza di Dehumanizer,ma è un po' come se i Black sabbath si fossero nuovamente divisi in due parti uguali (Dio e Appice con Strange Higways e Iommi e Butler con Corss Purposes) dando due diversi seguiti all'esperienza di dehumanizer. Un bivio coerente con le due anime presenti in dehumanizer. Pur essendo un seguito più di dehumanizer che di Lock Up the Wolves questo disco è chiaramente un disco di Dio e non una copiatura del sound dei Black Sabbath,infatti il chitarrista Tracy G niente ha a che fare con Tony Iommi e ci ha messo del personale apportando riff particolarmente inaspettati sulla voce di Di,ma particolarmente adatti. Fondamentale per questo nuovo sound è la batteria di Vinny Appice,che qui si riconosce,a mio parere (ditemi se siete d'accordo o meno) molto più di come si riconoscesse nei primi 4 lavori di Dio solista. Ps: qualcuno mi sa dire le ragioni per cui Vinny abbandonò nuovamente il gruppo dopo Angry Machines? Non ne conosco la ragione (come non conosco la ragione della sua assenza in Lock Up the Wolves),ma penso che sia stato un grave peccato. |
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15
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per me sottovalutatissimo all'epoca. Grande album. Anche io attendevo il concerto che fu annullato |
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14
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dopo difificli ricerche me lo sono procurato. Era l'ultimo di Ronnie che non avevo ascoltato. In effetti un po' più cupo, forse meno immediato dei classici. Direi sugli standard qualititativi dei suoi album anni 90 (che sono i mieii "spreferiti"). 70/75 per me. Però la cosa davvero brutta , che avendo compeltato le sue discografie...ora non ho più album di inediti da ascoltare. |
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L'ho rispolverato ieri,non lo ricordavo così bello.Consiglio a chiunque non lo ascolta da tempo di dargli un'altra possibilità |
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All'epoca quando uscì fu massacrato, ma in realtà non è così male. |
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per me un album vergognosamente sottovalutato alla sua uscita, ma si sa ai tempi il metal classico era in ribasso. attendevo il concerto ma fu annullato per scarsa prevendita... un grandissimo album voto 90/100 |
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10
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sto sentendolo su youtube , grande DIO e bravo Tracy G . Ps a quando Angry Machines, |
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9
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davvero un bel disco...che fa' una bella coppia insieme al successivo doppio live (Inferno - The Last in Live)...lo stile di Tracy G ha svecchiato molto il sound del buon Ronnie, però capisco anche chi non lo ho mai trovato troppo interessante |
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8
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Ha ragione da vendere Lorin: Ronnie James è una certezza. Qualsiasi altro commento è superfluo. |
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7
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Altro discone della madonna del mio unico Dio. Effettivamente molto Dehumanizer anche per questo stupendo. Climi cupi voce più cruda e cattivissima Vinny ottimo. Bella la recensione ma il voto troppo basso per me 95 (sotto sono andato solo per Sacred Heart) ma sono troppo parziale per cui vale solo per me |
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5
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Sempre apprezzato questo lavoro, da molti purtroppo considerato un mezzo passo falso. Scuro, contorto, pesante. Non è un disco immediato, si discosta di molto da quanto Dio ci aveva abituato col suo gruppo, ma una volta capito ripaga con eccellenti atmosfere. Per me 81/100 |
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4
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Uno dei miei preferiti di Dio, inseime ai mitici Holy Diver e The last in Line. Proprio l'assonanza col quasi contemporaneo Dehumanizer (uno degli album che più amo dei Sabbath) me lo fa apprezzare ancor di più: 92. Ottima recensione "The Trasher"! |
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3
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E trovo la prestazione di Tracy G più che convincente! Uno stile molto particolare, è vero, ma non mi è dispiaciuto. De gustibus  |
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2
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Mi è sempre piaciuta questa parentesi più "cupa" di Dio. Voto 85! |
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1
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Ronnie James Dio era una certezza ed i suoi dischi vanno tutti tra il "capolavoro" ed il "disco di ottima qualità" . Questo appartiene alla seconda opzione. Voto però un pochino più alto secondo me, la sua voce era la sua voce. 85! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Jesus, Mary & the Holy Ghost 2. Firehead 3. Strange Highways 4. Hollywood Black 5. Evilution 6. Pain 7. One Foot in the Grave 8. Give Her the Gun 9. Blood from a Stone 10. Here’s to You 11. Bring Down the Rain
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Line Up
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Ronnie James Dio (Voce) Tracy G (Chitarra) Jeff Pilson (Basso) Vinny Appice (Batteria)
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