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Acolyte - Alta
( 1479 letture )
Dai tempi dei Dream Theater e degli Atheist in poi, il genere progressive si è sempre contraddistinto nell’universo metal per essere una terra di difficile conquista musicale per qualsiasi band di nuova formazione. Poche, infatti, sono state le anime di band dalle quali, per generosa concessione divina, sgorgassero impetuosamente fiumi di tecnica, motivazione ed ispirazione nettamente fuori dal comune e che fossero in grado di traghettarle oltre le impervie asperità dei tipici stilemi del progressive metal, preziosamente caratterizzati da tempi sincopati, tecniche chitarristiche di notevole complessità, come lo sweep-picking, e scale di derivazione classica eseguite in maniera estremamente veloce.
Se ora, a questo genere musicale già peculiare per l'elevato coefficiente tecnico, si provassero ad unire elementi di derivazione black metal, come scream, pesanti distorsioni di chitarra e velocità e dinamiche di suono molto accentuate, il risultato potrebbe certamente essere qualcosa di pregevole, forse anche di grandioso, ma il rischio di naufragare sugli scogli di questa attraente e suggestiva fusione musicale sarebbe elevatissimo, qualora non si avesse piena coscienza e volontà di ciò che si sta suonando.

È con tale intento, di voler creare una nuova creatura musicale che si muovesse su questa linea di confine tra prog e black, che, durante l’estate del 2008, prese vita nei sobborghi della città di Manchester, una band chiamata Acolyte, grazie alla devozione artistica di cinque ragazzi universitari.
Dopo diverse successioni di idee e di componenti, la line-up della band riuscì a stabilizzarsi definitivamente nel 2011, dando contestualmente vita ad un notevole EP dal nome Leng, composto da tre tracce tutte di notevole bellezza e durata: Sunrise, The Ashenground e title-track Leng, le quali saranno poi contenute nel successivo CD.
A distanza di due anni, i nostri decidono di fare il grande passo, cimentandosi così con il primo full-length della loro carriera, dal nome Alta, il quale vedrà la luce naturale del sole, dopo quella artificiale della sala prove, nel maggio 2013, una manciata di giorni or sono, sotto la label Mordgrimm.
La musica degli Acolyte ricorda, per dare delle coordinate stilistiche, qualcosa a metà strada fra i Deathspell Omega, dai quali gli albionici riprendono l’anima avanguardistica e progressiva, limata da qualche blast beat di troppo, e gli Ensalved, per il modo in cui i riff di chitarra siano spesso intelligibili nel loro succedersi durante il runtime delle tracce, per come le note spesso vengano spesso suonate in staccato e per come la linea melodica vocale in growl del cantante JT ricordi quella di Grutle.
Le tracce sono tutte molto versatili nel loro intento compositivo ed ogni singola nota trasuda uno spessore d’espressione e di significato di rara consapevolezza artistica, elemento il quale fa innalzare notevolmente il livello del songwriting dei nostri ragazzi di Manchester, permettendo così una diretta, lucente e cristallina assimilazione del full-length, il quale viaggia verso un comunque notevole runtime di circa un’ora di buona musica.
La sei corde solista di Chris si dimostra molto ispirata sia nei passaggi più ferali, nei quali utilizza in abbondanza scale arpeggiate sacrificando, ma non eliminando, soluzioni che rischierebbero di rivelarsi troppo disarmoniche per questo genere musicale come il tremolo picking, sia nei diversi e sempre molto coinvolgenti interludi, dominati da delicati accordi in minore, nei quali, contemporaneamente, prende voce magnificamente il basso di Paul, sempre in evidenza, grazie all’ottima produzione curata da Tom Dring (già all’opera con band quali Electric WizardDragged Into Sunlight) per tutta la durata di tutte e nove le tracce. Il quattro corde tuona per tutta la durata di Alta con la sua rotonda, piena e massiccia nota più bassa a disposizione, quel MI corda vuota che riempie di spessore e significato tutta la fase ritmica di Alta, arricchendo parimenti il proprio sound da preziosi contrattempi e dal suo venir suonato in staccato, caratteristiche tipiche del prog metal di ogni età.
La batteria di Brady si dimostra estremamente adeguata e versatile al raggiungimento del complesso scopo artistico che quest’opera si propone, tramite un drumming che definirei anticonvenzionale, soprattutto se rapportato alla scena black, contraddistinto da una singolare fase ritmica molto sincopata e polivalente, scarna dalla tecnica dei blast beat e sempre vagante all’interno dell’area del mid-tempo.
Ogni brano pone l’ascoltatore in un’ottica uditiva differente, tramite un infinito utilizzo di spunti ed idee tratte da scene musicali fra loro differenti e divergenti, ma che pure si omogenizzano efficacemente all’interno del poliedrico sound degli Acolyte: così in Leng sbocciano vaporosi inserti jazzistici preceduti e susseguiti da annientanti riff black metal, in Sunrise la chitarra semiacustica di Malekh crea un’ angosciata melodia valorizzata dal growl di JT, in The Ashenground i riff di chitarra creano una dimensione atmosferica debitrice della più estrema scena post-black, rimandabile ai Blut Aus Nord, mentre l’articolata ed iperbolica traccia finale del cd Epistle, della durata di undici minuti e mezzo, ha una suadente e melancolica forza melodica che spinge l’ascoltatore verso lidi più introspettivi e riflessivi.

In conclusione, Alta si mostra come un cd ad elevato coefficiente tecnico e d’ispirazione, molto versatile, ragionato in modo da risultare innovativo pur senza mutare e scardinare i già conosciuti stilemi del prog black, ma anzi cercando di valorizzarli in un’esperienza musicale che non è semplice rielaborazione del genere, ma una personale ed emozionante visione artistica dello stesso, la quale fa approdare gli inglesi Acolyte ai lidi di un sound unico, proprio ed originale, cosa che ormai sempre più raramente si può sostenere soprattutto per band emergenti.
Contemporaneamente e paradossalmente, l’unica pecca che mi sento di trovare in Alta (cercando proprio il famigerato pelo nell’uovo!) è l’aver imboccato la stessa strada maestra che già i ragazzi di Manchester avevano trovato con l’EP Leng, inserendo tutte le tracce di quel lavoro anche in questo cd e rischiando di conseguenza, dopo numerosi ed attenti ascolti, di far notare ai più esigenti ascoltatori come proprio quei tre brani composti due anni or sono siano i più coinvolgenti del full-length, lasciando cadere così nelle loro orecchie il sentore di un’ immaginabile e sconveniente uniformazione a livello stilistico che si sarebbe dovuta evitare.
I brani più evocativi sono: Leng, Sunrise e Epistle.
Suggestivo e meritevole d’ascolto.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
83.33 su 3 voti [ VOTA]
Le Marquis de Fremont
Mercoledì 15 Maggio 2013, 12.43.00
2
Well, molto interessante. Grazie a Monsieur Wild Wolf e complimenti per la recensione. Vedrò di ascoltarlo. Au revoir.
GioMasteR
Martedì 14 Maggio 2013, 19.32.13
1
Altro debutto di qualità di quest'anno, devo ammettere che la scena inglese si sta facendo non poco interessante.
INFORMAZIONI
2013
Mordgrimm
Black
Tracklist
1. Alta
2. Charybdis
3. Leng
4. The Nameless Expanse
5. Sunrise
6. Formidine
7. Vultures
8. The Ashenground
9. Epistle
Line Up
JT (Voce, liriche)
Malekh (Chitarre ritmiche, composizione)
Chris (Chitarre lead)
Paul (Basso)
Brady (Batteria)
 
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