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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
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Skyclad - A Burnt Offering for the Bone Idol
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Gli Skyclad hanno l'incredibile capacità di non riuscire a mettere d'accordo nessuno. Se provate a chiedere a 10 fan della band presi a caso "Qual è il disco più bello degli Skyclad?" avrete 10 titoli diversi. Stesso discorso vale per i dischi peggiori: avrete le risposte più disparate. Su A Burnt Offering for the Bone Idol, però, sembra esserci un po' più di consenso, dato che è difficile negare che si tratti di una pagina fondamentale per la storia della band e per la storia del folk metal. L'album è uscito nel 1992 per Noise Records ed è ora praticamente introvabile: le rare copie nuove ancora in circolazione possono arrivare a costare 85 sterline (amazon UK) o 124 euro (amazon.it). Questo, oltre ad essere un chiaro segno della follia a cui porta il collezionismo, è anche una prova dell'importanza che ha avuto e che ha ancora questo originalissimo lavoro. Se The Waywars Sons of Mother Earth conteneva i primi vagiti del folk metal (The Widdershins Jig), A Burnt Offering for the Bone Idol ne contiene i primi passi. Walkyer e company hanno fatto l'azzardo e, inserendo una violinista in pianta stabile nel gruppo, hanno reso il folk una presenza fissa nei loro brani, elevandolo alla stessa importanza dell'anima metal della band. I risultati? Ovviamente ottimi, tanto che continuo a stupirmi del fatto che la band non abbia mai avuto quel grande successo che si merita. Padri di un genere, ma in qualche modo sempre relegati al ruolo di pecore nere: gli Skyclad non hanno mai raggiunto la popolarità che hanno ottenuto, per dire, i Finntroll, che attualmente sono alla testa di schiere di band clone.
In ogni caso, non è solo per motivi "storici" che A Burnt Offering for the Bone Idol merita di essere ascoltato. È un ottimo album, ricco di pezzi coinvolgenti. Ciò che lo fa spiccare nella discografia degli Skyclad e che lo rende diverso dagli album successivi è il suo essere ancora inquadrabile come derivazione del filone NWOBHM: le influenze di altri generi come il blues, il funky ed il punk sono già presenti, ma ancora piuttosto contenute. La storia degli Skyclad ha radici nel thrash da parte di Walkyer, ma quest'album ha molto anche dell'heavy metal che si suonava tra gli 80 ed i 90, a causa della forte influenza compositiva di Ramsey ed English (ex di Satan, Pariah, Blind Fury). Quindi, ecco le irresistibili cavalcate, un basso importante e prepotente, frequenti momenti solisti, riff catchy. Se già questo basterebbe per farne un buon album, il violino ed i passaggi acustici ci danno quel tocco di originalità, di frizzantezza e di agrodolce che lo rendono eccellente. Poi c'è Walkyer, la prova vivente (assieme a Jovanotti) che i difetti di pronuncia non sono un ostacolo se vuoi fare il cantante. Lui se ne frega e abbaia con rabbia i suoi testi ricchi di doppi sensi e sottointesi, che mescolano amarezza ed ironia. Anche le tematiche, estremamente distanti da quelle del folk metal attuale, sono legate a quelle della NWOBHM e del folk rock: tematiche care alla working class, di critica verso la politica, il capitalismo ed il consumismo, con in più una spiccata vena ecologista. Il disco comincia con War and Disorder, un'intro acustica che ha lo scopo di immergere l'ascoltatore nell'atmosfera incazzata e di protesta che caratterizza i brani più seri del disco. Dopodiché si passa subito a A Broken Promised Land, che parla con toni rabbiosi e privi di speranza della situazione di degrado sociale e politico del presente (ovviamente si riferisce ai primi '90, ma è piuttosto attuale). Il violino qui è ancora timido, ed appare solo tra una strofa e l'altra. In pratica questa canzone ha lo scopo di far capire all'ascoltatore che gli Skyclad adesso hanno un violino, ma questo non li rende più dolci o meno incazzati col mondo. Spinning Jenny, invece, ci risolleva il morale: il ritmo è quello di una giga, il violino è in primissimo piano ed il testo, piuttosto goliardico, parla di un altro argomento piuttosto caro agli Skyclad, quello delle... Chiamiamole "Boccadirosa". La cosa divertente è che anche in questo caso, così come nella Polkageist contenuta in Folkémon, il protagonista della canzone sembra seriamente contrito per non essere riuscito a resistere alla tentazione. Torniamo ai temi seri: Salt on the Earth è una cavalcata dai toni aggressivi, con un violino che dona un che di malinconia e la voce di Walkyer più abbaiante del solito. Ha un che di ottantiano, con le chitarre che giocano a fare i calabroni e un basso rotondo e molto presente. La successiva Karmageddon è introdotta in modo lento e solenne da una chitarra acustica, ma poi diventa anch'essa piuttosto cupa e "chitarrosa". Il basso è deciso e cadenzato, l'inizio è d'atmosfera e mette in uno stato d'anticipazione: c'è una parte solenne con una voce che parla accompagnata dal violino. Poi si passa ad un lento: Ring Stone Round ha toni nostalgici ed è interamente cantata con una voce pulita e melodiosa (rispetto al solito, intendo. D'altro canto, si tratta pur sempre di Walkyer). Con Men of Straw la "pausa" finisce, e si torna a ritmi incalzanti ed aggressivi. Il brano è parecchio coinvolgente e contiene un arzigogolato assolo di chitarra acustica che ci dà un assaggio delle 1000 influenze che da qui in avanti gli Skyclad riusciranno ad inserire nei loro album. R'vannith è ambientata al tempo degli antichi Romani (contro i quali si scaglia) e ci porta ad atmosfere celtiche; ha un inizio decisamente folk ed anche qui il basso spicca per importanza. A questo punto si passa a The Declaration of Indifference, brano molto catchy dal ritonello che strizza l'occhio al punk. L'album si conclude con Alone in Death's Shadow, un altro lento dalle atmosfere dilatate in cui Walkyer sfodera il suo timbro più melodico.
Questo era l'album in poche parole. Inutile sottolineare che se ancora non l'aveste ascoltato dovete recuperarlo, magari senza spenderci un centinaio di euro, però. La speranza è che la BMG, che ha recentemente acquisito la Sanctuary (che a sua volta aveva acquisito la Noise), decida finalmente di ristampare questo ricercatissimo album.
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10
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Disco stupendo! Anche per me un filo sotto al debut, anche se lì gli elementi folk sono appena accennati. Questi primi due album (insieme alla doppietta Vintage Whine / Folkemon) rimangono i miei preferiti della band. Pezzi top : la celebre Spinning Jenny (il primo pezzo forse con un evidente dichiarazione folk metal) e la stratosferica The Declaration of Indifference. Il 90 ci sta tutto. |
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9
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Band a cui sono legatissimo, sin dagli esordi. Grande musica e qualità straordinaria a ogni uscita. In questo disco già rispetto a Wayward Sons... si comincia a delineare fortemente lo stile che continueranno a sviluppare per tutto il resto della loro carriera. Difficile trovare due album simili tra loro in una discografia in costante movimento, seppur ruotante attorno gli stessi presupposti. Disco da avere, band da riscoprire assolutamente. |
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8
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Non li conoscevo (sob...!) ma quello che piace a Monsieur Il Vichingo, di solito piace anche a me. Così li ho ascoltati. Molto interessanti. Non sono di facilissima assimilazione (cosa di cui, di solito io sono sospettoso...) ma il songwriting è notevole. Certo se parliamo di folk metal, la differenza con gli Italiani FolkStone è lampante. Vedrò ora di ascoltare anche gli altri, partendo dai favoriti di Monsieur Il Vichingo. Merci, naturalmente et au revoir. |
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7
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Lo conosco dall'epoca e lo ritengo tuttora il miglior lavoro della band: imho una sintesi perfetta tra lo stile ereditato dalle influenze dei componenti (ex Satan e Sabbat) e la proposta innovativa per il periodo. Sinceramente non comprendo come un disco del genere incontri così poco entusiasmo, ma non importa... Per me resta tuttora un episodio di assoluto rilievo. |
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6
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Bello sapere che nella mia collezione c'è qualcosa di introvabile... all'epoca mi piacque molto, poi finì per stancarmi, ma credo dipendesse da un genere che non ho mai totalmente metabolizzato. Resta comunque un buon disco, anche se atipico e, per l'epoca, molto prematuro. |
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5
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Evvai io ho il vinile, sono contento di sapere che è così ricercato! Comunque davvero un grande album, con pezzi che riescono ad essere evocativi e incazzati allo stesso tempo. Spinning Jenny è un capolavoro ma gli altri brani non restano certo nell'ombra. Anche Ring Stone Round è una ballad che ho sempre portato nel cuore. Almeno 85 ce lo dò. |
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4
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la storia del suo genere... |
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3
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Uno di quei gruppi che mi dimentico sempre di approfondire. Avevo ascoltato qualcosina di vecchio, ma l'acerbità e la voce roca del cantante non mi hanno mai preso, unica canzone che ho in testa da anni è Inequlity Street, versione con il cantante venuto dopo però, più leggera. |
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2
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a me i primi skyclad non piacciono da questo salvo due, massimo tre canzoni. Ancora acerbi nonostante la suprema Spinning Jenny. Voto: 65 |
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1
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Per me un pelo sotto a TWSOME e Vintage whine ma ad ogni modo disco con i controfiocchi che merita di essere scoperto o riscoperto, questo è il vero Folk Metal come Odino comanda. Poi io sono di parte, dato che di questa band non butto via niente... eheheh. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. War and Disorder 2. A Broken Promised Land 3. Spinning Jenny 4. Salt on the Earth (Another Man's Poison) 5. Karmageddon (The Suffering Silence) 6. Ring Stone Round 7. Men of Straw 8. R'vannith 9. The Declaration of Indifference 10. Alone in Death's Shadow
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Line Up
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Martin Walkyier (Voce) Steve Ramsey (Chitarra solista, Classica, 12 corde) Dave Pugh (Chitarra solista) Fritha Jenkins (Violino, Mandolino, Tastiere, Cori) Graeme English (Basso, Chitarra classica) Keith Baxter (Batteria, Percussioni)
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RECENSIONI |
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