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Lord Crucifier - The Focus of Life
( 1353 letture )
Capita, di tanto in tanto, di imbattersi in dischi o opere che possiedono un valore superiore a quello intrinseco manifestato al loro interno. L'impatto storico o morale che questi lavori possiedono supera di gran lunga la qualità effettiva di cui sono costituiti: è il caso di The Focus of Life, primo ed unico disco dei nostrani Lord Crucifier, trasferitisi in Inghilterra alla ricerca di fortuna. In terra albionica la band, precedentemente attiva col moniker Haze, unì i propri destini ad un chitarrista misconosciuto, ma dal futuro illustre: Adam Lehan, che militerà negli Acid Reign e soprattutto negli immensi Cathedral di Forest of Equilibrium ed The Ethereal Mirror. La gavetta mossa nei ranghi del terzetto tricolore -i cui componenti utilizzavano tutti pseudonimi inglesizzati- fu fondamentale per arricchire il suo background e portarlo fino alla corte di Lee Dorrian. Per qualche misterioso motivo, i Lord Crucifier sparirono completamente dalla scena (se si esclude il demo Who Do You Trust?, del 1989) dopo questo esordio discutibile, ergendosi al rango di band-culto, di quelle che 'non ce l'hanno fatta' ma manterranno sempre un fascino particolare e underground.

Ad un primissimo ascolto, i Lord Crucifier potrebbero ricordare i Kreator di Endless Pain: vuoi per i riff, bastardi e dissonanti, vuoi per le ritmiche, feroci e velocissime, o per le linee vocali, grezze e marce all'inverosimile. Assoli atonali ed un'atmosfera satura era alla base delle varie composizioni, nelle quali si sentono tutti i difetti di inesperienza: il songwriting non è eccellente, spesso le composizioni sembrano caotiche, con riff differenti e rallentamenti/ripartenze cuciti con apparente no-sense. L'ascolto non è molto scorrevole e molte parti sembrano slegate tra loro: il tentativo di comporre qualcosa di complesso è elogiabile, ma il risultato non sempre è convincente. Positiva è la concentrazione di riff e soluzioni in ogni brano, ma l'andamento globale del platter suona stentato; i Nostri incedono tenebrosi, calpestando volutamente la classica struttura strofa-ritornello ed optando per tortuose manifestazioni di rabbia, ostiche nella comprensione e nell'assimilazione, nel senso negativo dell'espressione; di fatto, i brani tendono a somigliarsi e comunicano più che altro confusione ed impreparazione, omologati sotto un limitato e limitante approccio vocale. Priva di refrain considerevoli o linee riconoscibili, la prova del singer rimane il difetto peggiore del platter, manifestandosi come una sorta di sproloquio pedissequio ed ininterrotto: non certo il massimo, bisogna ammetterlo.

Riff discreti e velenosi si intuivano già nell'intensa opener Earthquake, che si perde però in svolazzi eccessivi, e in The Scarecrows, che con la sua alternanza di insolite parti vocali lente e repentine accelerazioni sembrava voler conferire varietà alla portata; scariche frastornanti mostrano però il fianco in coincidenza di alcuni riff sconclusionati (Dope) e vengono alternate a pesanti mid-tempo (la titletrack, con i suoi riff quasi à la Coroner): la band convince sicuramente di più quando sfoggia nevrotiche bordate ritmiche, come la caotica Deserter to Freedom (infervorata da lancinanti vocalizzi) o Skullfucked, che nonostante alcune partiture contorte rimane forse l'episodio più gradevole del lotto, anche dal punto di vista vocale. Nel frastuono dirompente e totalizzante si distinguono il break centrale di Dead e la discreta strumentale A Weird Guest (ricca di riff validi e allucinati), mentre la noia trova il suo culmine in Family Crime (rallentata e circospetta) e Epitaph for a Dead Soldier, quest'ultima dotata di accelerazioni un po' fuori contesto. La conclusiva Mind of a Child Murderer presenta una serie di riff interessanti, anche se rimane un passaggio abbastanza pesante.

Ancora giovani, i Lord Crucifier non erano forse pronti per cimentarsi con un thrash tecnico ed articolato; avrebbero dovuto procedere per gradi, esordiendo con un prodotto che meglio sposasse le tipiche esigenze di una band inesperta: rabbia e furia cieche. Sono spariti dalle scene senza godere di una seconda opportunità, lasciandoci dunque nel dubbio: cosa sarebbero diventati? Avrebbero raggiunto l'ambito traguardo perseguito in questo debut claudicante? Le chitarre già manifestavano qualche buona idea, il batterismo era solido e in certi frangenti straripante: davvero bravo il batterista, considerato le assurde velocità nelle quali andava ad incaponirsi. L'ascolto, come detto, finisce per diventare prolisso ed eccessivamente pretenzioso, tende ad annoiare e rimane derivato, mostrando a più ripresa la marcescente influenza venomiana (soprattutto nella forma di certi riff). Artigianale, arcaico, primitivo: eppure, a suo modo, The Focus of Life ha contribuito ad ispirare, influenzare, spingere al thrash -quando non addirittura al death- tanti ragazzi. Ecco perché, come si diceva in apertura, talvolta il valore di un disco o di un'opera è ben superiore alla sua qualità intrinseca.



VOTO RECENSORE
60
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
1988
Metalworks
Thrash
Tracklist
1. Earthquake
2. The Scarecrows
3. Dope
4. The Focus of Your Life
5. Deserter to Freedom
6. Skullfucked
7. Dead
8. A Weird Guest
9. Family Crime
10. Epitaph for a Dead Soldier
11. Mind of a Child Murderer
Line Up
Cozy Spike (Voce, Chitarra)
Adam Lehan (Chitarra)
Kar Mein (Basso)
Hun Gree (Batteria)
 
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