|
25/04/24
MARDUK + ORIGIN + DOODSWENS
AUDIODROME, STR. MONGINA 9 - MONCALIERI (TO)
|
|
Circle of Silence - The Rise of Resistance
|
( 1211 letture )
|
Si parla spesso di quali potrebbero essere le band che porteranno avanti il “verbo” dell’heavy metal una volta che i grandi nomi saranno giunti al termine della loro carriera. Bene, una cosa è certa: i Circle of Silence non saranno mai tra queste. Provenienti dalla florida terra tedesca, i Nostri hanno raggiunto nel giro di sette anni il traguardo del quarto disco, il secondo sotto le ali protettrici di una label, la Massacre Records. Fautori di un power/thrash da molti descritto semplicemente come heavy metal, loro caratteristica principale è un sound roccioso, solido e compatto come pochi, che si avvale di inserti melodici soltanto in precisi e calcolati momenti. Su una struttura di questo tipo si erge infine la voce di Niklas Keim, che è uno degli elementi più contraddittori dell’intero lavoro; il singer mette infatti in mostra un cantato aggressivo, rabbioso, ma ancora pulito e dai tratti fin troppo lineari, molto spesso addirittura piatti. La sua voce non sarebbe un problema se non si presentasse dal primo all’ultimo istante sempre nello stesso identico modo, se mostrasse, insomma, un po’ più di personalità. Dal punto di vista prettamente strumentale, invece, sezione ritmica a parte, le due chitarre sciorinano riff ed inventano soluzioni gradevoli in notevole quantità che spesso e volentieri rappresentano l’unico appiglio a cui aggrapparsi in mancanza di ulteriori elementi di altrettanto interesse.
Tra i brani degni di nota rientra l’opener Blood of Enemies, dotata di un comparto melodico che ben si amalgama alla “ferocia” volutamente espressa in primo luogo dal reparto ritmico e, in minor modo, dalla voce di Keim. La maggior parte dell’album si attesta però su livelli molto più mediocri e poco distinguibili tra loro; ne sono un esempio le seguenti Eyes of Anarchy e Nothing Shall Remain, che non vanno oltre ad una cattiveria che potremmo definire gratuita e priva di reale mordente. Il problema principale può essere rintracciato nel muro di suono senza via d’uscita presente dal primo all’ultimo minuto, quasi claustrofobico, al quale si accosta una linea vocale per nulla originale, con un Keim che si limita a cantare le varie strofe ed i vari ritornelli senza mai veramente farli propri. One Moment of Hate mostra inizialmente qualche spunto di maggior rilievo, salvo poi fossilizzarsi in una mera esecuzione senz’anima, salvata solo a sprazzi dal buon lavoro della chitarra solista. Bisogna passare per le altrettanto mediocri An Oncoming Storm, Mind Conspiracy e In the Absence of Your God -tutte salvate in corner, come sempre, dalle sole sei corde- per arrivare finalmente ad una canzone che ci coinvolga un poco di più. We Rise è infatti, al pari dell’opener, un brano più realisticamente dotato di una carica coinvolgente ed a tratti -nei ritornelli- tendente ad atmosfere epiche. Con le successive canzoni si ritorna ai fasti medio-bassi delle tracce precedenti, con l’unica eccezione della conclusiva The Architect of Immortality, unica semi-ballad presente all’interno dell’album, leggermente più propositiva, a prima vista, anche a livello compositivo, ma che in realtà fatica a posizionarsi su un livello differente rispetto alle altre tracce. Si arriva dunque al termine dell’ascolto con poche certezze e molti più dubbi. Se da un lato abbiamo il duo Pfahl/Sommerfeld che in più di un’occasione fa salire il grado di interesse delle singole canzoni, seppur mai eccessivamente, dall’altro abbiamo delle linee vocali piatte e prive di personalità, che sminuiscono il potenziale dei vari pezzi, ed un reparto ritmico quadrato e molto compatto che però non fa altro che rendere l’ascolto ancora più pesante e stancante.
Nel complesso, come abbiamo visto, le note positive non mancano, pur essendo in netta minoranza, e proprio per questo motivo non si può del tutto crocifiggere la band tedesca. Ma di certo non potremmo pensare a loro come ad un gruppo dal futuro roseo e promettente. Un disco che può piacere se non avete troppe pretese dal punto di vista qualitativo e vi basta trascorrere cinquanta minuti di musica tutto sommato decente e dotata di quel piglio d’aggressività che spesso può rappresentare una via d’uscita per band che in realtà hanno ben poco da dire. Non del tutto bocciati, ma ci andiamo vicini.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Blood of Enemies 2. Eyes of Anarchy 3. Nothing Shall Remain 4. One Moment of Hate 5. An Oncoming Storm 6. Mind Conspiracy 7. In the Absence of Your God 8. We Rise 9. The Final Chapter 10. Slave to the Greed Machine 11. Reborn from Darkness 12. The Architect of Immortality
|
|
Line Up
|
Niklas Keim (Voce) Tobias Pfahl (Chitarra) Christian Sommerfeld (Chitarra) Björn Boehm (Basso) Peter Suppinger (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
|
|
|
|
|
|
|